Tradizioni popolari, Il dialetto della Sicilia sudorientale

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Cenni principali sul dialetto della Sicilia sudorientale

Il dialetto popolare siciliano in generale (riconosciuto come una lingua indipendente) è uno dei più misteriosi dell’intera Italia poiché esso varia a seconda delle zone della Sicilia (es. il siciliano parlato a Catania differisce da quello parlato a Palermo) anche in una singola provincia il dialetto differisce a seconda delle zone e delle città (per fare un esempio prendiamo la Provincia di Siracusa, dove il dialetto parlato a Siracusa è totalmente diverso da quello parlato nei centri limitrofi); quindi non confondete l’intero dialetto siciliano con le varie imitazioni televisive, quella è una brutta copia del siciliano utilizzato per i film sulla Sicilia da attori non siciliani, il siciliano vero e proprio non ha un solo dialetto, ma un insieme di dialetti che variano a seconda delle zone.

Va detto inoltre che il siciliano, pur essendo un dialetto molto difficile da comprendere, ha subito notevoli influssi da altri idiomi; basti ricordare che la Sicilia è stata terra in cui sono passati Greci, Romani, Arabi, Germanici (Normanni e Svevi), Spagnoli, Francesi, Maltesi e così via, per cui sono davvero pochissimi i termini dialettali derivati dal Siculo, la lingua delle genti che alcuni millenni fa abitava la Sicilia. Comunque i tre idiomi che hanno formato il siciliano sono: il greco, il latino (divenuto poi italiano) e il siculo, a cui si sono aggiunti anche gli altri idiomi dei popoli sopracitati.

Detto ciò passiamo a parlare del dialetto siciliano parlato nelle varie aree della Sicilia sudorientale, affinché i turisti che scendono in questo pezzo di Sicilia lo possano conoscere un pochino meglio comprendendo così anche alcuni termini dialettali che ad orecchio esterno potrebbero sembrare incomprensibili e senza senso, visitando le seguenti sottosezioni riguardanti i dialetti di questa area siciliana.

Il dialetto in Provincia di Siracusa

Il dialetto siciliano parlato in Provincia di Siracusa è un insieme di vari sottodialetti e modi di parlare che variano a seconda delle città e delle aree storiche in cui sono collocate.

La Provincia di Siracusa non ha un dialetto “unitario”, poiché come già si sa la lingua siciliana in generale varia di zona in zona e nella provincia aretusea si ha una moltitudine di dialetti molto diversi tra loro.

Nella zona nord orientale (Carlentini e Lentini) si hanno inflessioni dialettali simili alle aree catanesi, nella zona nord occidentale (Cassaro, Ferla, Buscemi e Buccheri) il dialetto appare molto simile alle zone centrali della Sicilia, mentre a sud e nella parte meridionale della zona montana (Pachino, Rosolini, Portopalo e Palazzolo Acreide) il dialetto è simile al ragusano. Solo nei centri limitrofi a Siracusa (Floridia e Priolo Gargallo) si ha un dialetto piuttosto simile a quello del capoluogo.

In alcune città il dialetto assume forme indipendenti (Canicattini Bagni, Avola, Noto, Augusta, Solarino, Melilli, Sortino, Francofonte) seppur fortemente influenzate dalle aree linguistiche sopracitate. Bisogna dire che nella zona meridionale e in alcuni centri della zona montana i dialetti hanno una forte influenza gallosicula poiché sono influenzati da idiomi di matrice gallica come per esempio il genovese, il veneziano, il maltese e alcuni dialetti dell’Africa nord occidentale; idiomi che nei tempi antichi veniva parlato da alcune comunità di mercanti che dalle loro terre di origine si erano stabiliti in alcune aree della Sicilia. In Provincia di Siracusa le aree gallosicule sono ubicate nella zona montana e nella zona meridionale di essa. Anche se ciò non è documentato da nessuna parte, alcune ricerche su internet hanno attestato la similitudine di alcune parole siciliane ad altre pronunciate in Italia Settentrionale (Liguria tra tutte), che si presentano molto simili ad altri vocaboli pronunciati un po’ dovunque nel Sud Italia.

Un esempio lampante è il dialetto di Solarino che non prevede termini cacunimali (la “ST” siciliana) o il raddoppio delle “D” in una; difatti se avrete la fortuna di visitare Solarino, sentirete termini come “Ida”, “Aduma”, “Nudu” che nel dialetto siciliano convenzionale diventano “Idda”, “Adduma” e “Nuddu” che significano rispettivamente “Ella” (o “Lei”), “Accendi” e “Nessuno”, oppure parole come “Strata” o “Strica” (“Strada” e “Strofina”) italianizzate che non vengono pronunciate con il cacuminale, ossia “St(cr)ata ” o “St(cr)ica” (è visibilmente diffiicile da trascrivere ma…) a testimonianza di un antico idioma parlato da comunità probabilmente maltesi che popolavano il territorio in cui oggi sorge questa città.

Altra caratteristica principale è l’uso della lettera “H” davanti alla “C”, la cosiddetta “CH” affine anche ad altri dialetti del Sud Italia. Il siciliano prevede maggiormente l’uso di questa radice, soprattutto nelle maggiori aree della Sicilia (Province di Catania, Messina, Palermo e così via). In Provincia di Siracusa la “CH” dei vari termini “Chiazza” (“Piazza”), “Chiavi” (“Chiave”), “Chioviri” (“Piovere”), “Chiussai” (“Di più”) e così via, viene pronunciata a Siracusa e nelle città di Floridia, Solarino, Priolo Gargallo, Melilli, Augusta, Sortino, Cassaro, Ferla, Buscemi, Buccheri, Lentini, Carlentini, Francofonte e per alcune loro frazioni amministrative; nella zona meridionale della Provincia comprendente le cinque città di Avola, Noto, Rosolini, Pachino, Portopalo di Capo Passero, nelle due città montane di Canicattini Bagni e Palazzolo Acreide e in misura molto minore anche a Cassibile (frazione di Siracusa) la lettera “H” non viene pronunciata davanti alla “C”, per cui i termini già trascritti prima diverranno “Ciazza”, “Ciavi”, “Cioviri”, “Ciussai” ecc…. Il perché ancora non è stato appurato, ma l’ipotesi gallosicula è più che plausibile, poiché alcune parole tipo “Ciazza” sono simili ad alcuni vocaboli genovesi e veneziani, dove appunto la lettera “H” risulta assente davanti alla “C”. Questo tipo di dialetto senza “H” è diffuso, oltre che nei territori meridionali della provincia aretusea, anche in tutta la Provincia di Ragusa e nelle città agrigentine di Palma di Montechiaro e Licata.

Bisogna dire infine che in alcune città della zone meridionali e occidentali della provincia le parole vengono allungate con le vocali “I” e “U” assumendo un suono più gutturale es. “Vitieddu” (“Vitello”), “Muorriri” (“Morire”), “Cariennu” (“Cadendo”), “O Puostu” (“A Posto”),”Vientu” (“Vento”), “Iattarieddu” (“Gattino”), “Fasuola” (“Fagioli”), “Liettu” (“Letto”), “Abbuola” (“Vola”) ecc…. In queste zone poi la “S” e la “C” vengono addolcite somigliando alle lettere “Z” e “G”.

Altra curiosità è data dalla pronuncia della “GH”; in alcune zone viene pronunciata normale come in italiano, in altre si ha una pronuncia molto diversa dalla normale “GH” (questo avviene soprattutto nell’area meridionale della Provincia di Siracusa).

Altra differenza è la diversità di alcuni verbi; per esempio a Noto si dice “Agghiu iutu a Missina” (“Me ne sono andato a Messina”), a Siracusa si pronuncerà “Mi n’ai’iutu a Missina”. Altra esempio, ad Avola sentiremo “U immurutu ia e vinia e u so immu nun su viria” (“Il gobbo andava e veniva e la sua gobba non le la vedeva”), a Siracusa, Floridia o Priolo Gargallo sentiremo “U immurutu ieva e vineva u so immu nun so vireva” e così via.

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