Noto, Parco Archeologico di Noto Antica – Monte Alveria

Noto

Parco Archeologico di Noto Antica – Monte Alveria

Mappa del Parco Archeologico di Noto Antica


Mappa del Parco Archeologico di Noto Antica (per informazioni più dettagliate clicca qui).

Cenni principali e storici su Noto Antica

Imboccando la SS 287 Noto – Palazzolo Acreide imbocchiamo alla sinistra (per chi proviene da Noto) la S.P. 64 in direzione “Noto Antica” e, oltrepassato il Convento della Madonna della Scala, dopo pochi chilometri e qualche tornante (tra cui quello che scavalca la Cava detta del Salitello o “Cava re Pisciatura”) vi è l’importante sito archeologico di Noto Antica, laddove sorgeva l’antica città di Noto distrutta dal terribile terremoto dell’11 Gennaio 1693 e ricostruita sul Colle Meti (sito in cui sorge l’attuale città di Noto) nei primi anni del 1700.


Le rovine di Noto Antica.

I ruderi di Noto Antica, sono situati su uno sperone di roccia a forma di cuore noto come “Monte Alveria” (appellativo di origine molto probabilmente sicula che dovrebbe significare “Monte Alberato” o “Montagna degli Olmi”) posti a picco su due piccole cave iblee note come “Valle del Carosello” posta ad occidente presso cui scorre il Fiume Asinaro, e “Valle del Salitello” posta ad oriente presso cui scorre l’omonimo torrente, che si uniscono a sud andando a formare la grande Valle del Durbo (originata a sua volta dalla piccola Cava di San Calogero) dentro cui vi scorre il Fiume Asinaro che, arriva così alla Contrada Fiumara (posta alla fine di questa vasta cava), nota anche come Valle del Platani.


Il rilievo ibleo in cui sorgono le rovine di Noto Antica noto come Monte Alveria.


La splendida Valle del Durbo.

Il Monte Alveria è stato la culla della civiltà per i netini, poiché il guerriero siculo Ducezio qui vi costruì la grande città di “Neas” (secondo alcuni studi effettuati, in realtà questa sarebbe la “seconda città” poiché quella originaria era stata fondata qualche anno prima sul Cozzo Aguglia, un rilievo montano posto presso la frazione netina di Rigolizia, abbandonato molto probabilmente perché era sorto in una zona poco difendibile). La città da “Neas” si chiamò “Netum” sotto la dominazione romana, e infine Noto nel Medioevo. Dopo secoli di potenza e splendore acquisiti in epoca bizantina, araba, normanna, sveva e aragonese anche grazie all’opera dell’ingegnere Matteo Carnilivari che diede un ottimo assetto urbano alla città netina che trovò il massimo splendore militare e culturale tra il 1400 e la prima metà del 1600, periodo in cui Noto era la “città capovallo del Val di Noto” (una delle tre aree note come “Valli” in cui la Sicilia venne suddivisa nel periodo medievale), il terremoto del 1693 ha distrutto tutta la città facendo rimanere in piedi solo i ruderi di quel che restava della gloriosa Noto medievale; difatti questo sito archeologico è noto proprio come la “Pompei Medievale”, poiché si tratta di una delle poche città medievali (comprendenti anche rovine sicule, greche, romane, bizantine e arabe) divenute veri e propri “siti archeologici” (in Sicilia vi sono; in Provincia di Siracusa vi sono le rovine di “Sortino Diruta” poste presso Sortino, nella vicina Avola vi sono i resti di Avola Antica; in Provincia di Ragusa vi sono i resti di Spaccaforno posti presso l’Area Archeologica di Parco Forza ad Ispica e le rovine di Contrada Terravecchia a Giarratana; in Provincia di Catania vi sono le rovine degli antichi insediamenti medievali di Grammichele – Occhiolà e Belpasso – Fenicia Moncada e in Provincia di Messina vi sono i resti di Gioiosa Guardia).

In questa città vissero alcune delle più importanti personalità netine citate nella precedente pagina (vedi paragrafo “Noto oggi; economia, turismo, cultura, personaggi famosi” nella pagina precedente saperne di più) che fecero appunto dell’antica Noto uno dei siti culturali e scientifici più all’avanguardia della Sicilia sudorientale, divenendo importante anche dal punto di vista religioso per la presenza di molti monasteri e soprattutto di “eremi” che permettevano a vari “Eremiti” quali “San Corrado Confalonieri”, “Beato Guglielmo Buccheri”, “Beato Antonio Etiope”, “Venerabile Pietro Gazzetti” ecc… di vivere ed operare nel territorio netino attirando molti fedeli e pellegrini di fede cristiana. All’interno di questa città vissero anche comunità cristiane, islamiche (o meglio ancora “arabo – normanne”) e ebraiche per diversi secoli. Qui vi trovavano ricovero anche i pellegrini che si recavano verso la Terra Santa o compivano pellegrinaggi di vario tipo; stessa cosa dicasi per i cavalieri crociati che si recavano a combattere in Terra Santa o ritornavano da li.

La città di Noto era anche importante dal punto di vista militare grazie alla presenza del suo imponente “Castello” e di varie fortificazioni di origine medievali con sostanziali ampliamenti di epoca cinquecentesca fatte erigere sotto il Vicereame di Sicilia dipendente all’Impero di Spagna governato dall’Imperatore Carlo V di Asburgo.

Dopo la distruzione della città avvenuta in seguito al sisma dell’11 Gennaio 1693 i superstiti decisero in comune accordo con i nobili netini di ricostruire la nuova Noto altrove, solo gli Impellizzeri non erano d’accordo in un primo momento ma alla fine acconsentirono. Solo poche persone continuarono a vivere a ridosso del Monte Alveria all’interno di case rurali e masserie, mentre nell’unico Convento rimasto in piedi, consacrato a “Santa Maria della Provvidenza”, rimase a vivere una comunità monastica femminile di ramo carmelitano che visse li fino alla seconda metà dell’800.

Le rovine dell’Antica Noto vennero quindi parzialmente abbandonate fino a quando vari archeologi tra cui Paolo Orsi, Luigi Bernabò Brea, oltre ai netini Bruno Ragonese e Vincenzo La Rosa (e molti altri), iniziarono a studiare e a catalogare i ruderi del sito dell’antica città netina sin dagli inizi del 900 fino ai giorni nostri; attualmente l’area di Noto Antica è ancora sotto vincolo archeologico e all’interno di essa vengono ancora effettuati studi di vario genere tra cui quelli condotti dall’istituto netino “ISVNA” (“Istituto per lo Studio e la Valorizzazione di Noto e delle sue Antichità”, sito web www.isvna.it), del progetto universitario “EFIAN” (“Experimental Fruition Ingenious Ancient Noto” pagina facebook) che ha redatto la ricostruzione virtuale di alcuni edifici dell’antica città medievale (vedi più sotto) oltre allo studio condotto da vari studiosi e appassionati di archeologia (tra cui va citata la ricercatrice argentina Maria Mercedes Bares autrice di alcune pubblicazioni su vari studi condotti presso il sito di Noto Antica), speleologia ed escursioni in aree archeologiche e naturalistiche.

Oggigiorno le rovine dell’antica città di Noto sono quasi interamente circondate da quel che resta delle fortificazioni cinquecentesche in prossimità delle quali vi sono numerosi ipogei rupestri che in passato ospitavano catacombe, come la Grotte delle Cento Bocche e del Carciofo, ma vi è anche una piccola Necropoli di epoca sicula, simile ai sepolcri rupestri posti presso Pantalica.


Le rovine delle possenti mura cinquecentesche poste attorno a Noto Antica.

All’interno del sito archeologico vi sono i resti di antichi edifici distrutti durante il sisma dell’11 Gennaio 1693 (o per meglio dire, quelli che sono stati ritrovati, visto che l’area seppur sia visitabile, è ancora sotto vincolo archeologico poiché si presume che sottoterra vi siano altre rovine, molto probabilmente poste anche oltre l’area del Monte Alveria). Qui vi è situata la porta d’ingresso della vecchia Noto, la cosiddetta “Porta della Montagna”, sopra cui è posta una targa commemorativa in onore del guerriero siculo Ducezio, fondatore dell’antica Noto. Da questa porta parte la “Via Maestra” ossia la principale via di accesso alla città medievale che conduce alla Piazza Maggiore ramificandosi in quattro rami: Via di San Giovanni e Via di Santa Margherita che conducono ai versanti est ed ovest del Monte Alveria, Via degli Orti del Carmine e Via di Santa Maria della Provvidenza che conducono rispettivamente alle aree meridionali del Monte Alveria in cui sono posti i resti del Convento del Carmine (posto a sudest) e l’eremo consacrato a “Santa Maria della provvidenza” (posto a sudovest). Vicino alla “Via Maestra” vi sono due sentieri che costeggiano la cinta muraria cinquecentesca della città in cui si affacciano varie porte secondarie note come Porte dei Saccari, di Poggio, di San Giovanni, di Santa Margherita, di Paulo, del Carmine e delle Discipline. A sud del sito montano vi sono la Porta della Marina (raggiungibile dalla Via degli Orti del Carmine) che conduce al sentiero che scende in Contrada Fiumara, e a poca distanza la Porta della Pristegda. In questa zona era collocato anche il “Castello Nuovo” della città, che poi ospità il Convento dei Cappuccini.


La Porta della Montagna da cui si accede alle rovine di Noto Antica.

Comunque sia, oltrepassata la porta entriamo presso la “Piazza d’Armi” posta presso i due bastioni settentrionali delle mura cittadine e delimitata all’interno dalla non più esistente “Porta Seconda”. A destra troviamo le rovine del Castello di Noto Antica, ampliato poi dal Duca Pietro di Aragona. Adiacente ad essa vi è la “Torre Maestra”, possente torrione di guardia di forma circolare, le prigioni del castello e le rovine della Chiesa di San Michele del Castello, nei pressi del quale ammirare oltre a resti di bassorilievi anche uno splendido panorama della Valle del Carosello.


Le rovine del Castello di Noto Antica.

Continuando la nostra escursione dentro Noto Antica percorrendo la Via Maestra, notiamo nel dirupo accanto al castello, i ruderi di alcuni bastioni difensivi. Andando sempre avanti troviamo le rovine della Chiesa del Crocifisso e dell’Ospedale di Santa Maria di Loreto, collegato ad un piccolo oratorio rupestre. Andando più avanti scorgiamo le rovine dell’area della Piazza di Santa Venera e di vari edifici sacri quali i Conventi di San Francesco di Paola, San Giuseppe e le Chiese dello Spirito Santo, della Trinità e appunto di Santa Venera. I resti più importanti (o perlomeno più vistori) sono quelli del Palazzo Landolina dei Baroni di Belludia e del Convento dei Gesuiti. Da qui si può raggiungere l’area occidentale nota come “San Giovanni” in cui vi sono i ruderi del Ginnasio Ellenistico e della Chiesa di San Giovanni Battista.


Quel che resta del Convento dei Gesuiti.

Arriviamo infine nella Piazza Maggiore, punto d’incontro della cittadinanza netina del cinquecento. Qui vi erano ubicati il Palazzo Senatorio, e poco più in la (verso la Valle del Salitello) l’antica Chiesa Madre di San Nicola di Bari consacrata al culto di San Corrado; presso questa piazza vi era posta anche la “Fontana del Laocoonte” oltre a vari edifici ecclesiastici quali la Casa del Rifugio e i Conventi dell’Annunziata, San Tommaso e San Domenico.


I ruderi del Palazzo del magistrato posti presso la Piazza Maggiore.

A sinistra della piazza vi è una stradina nota come “Via degli Orti del Carmine” che conduce ai sia resti del Ginnasio ellenistico, voluto dal tiranno siracusano Ierone II per promuovere le arti ginniche dentro l’antica Neas, sia al sito degli “Heroa”. Nel settore sud orientale della città antica chiamato appunto “Orti del Carmine” presso cui vi sono le rovine del Convento dei Carmelitani con le tombe dei frati ancora intatte, ma anche le poche rovine del Convento dei Frati Cappuccini inglobate nel sito difensivo trecentesco noto come “Castello Nuovo”. Nella valle adiacente possiamo scorgere i resti delle mura ellenistiche che proteggevano l’antica Neas, e le rovine della “Porta della Marina” e il sentiero che scende presso il fondo della Valle del Durbo, nonché di altri ruderi di cui vi sono stati riconosciuti i siti conventuali di San Teodoro e Santa Chiara oltre alla Chiesa della Rotonda.


Il luogo in cui sorgeva il Convento dei Carmelitani. 

A destra della Piazza Maggiore, vi è una stradina nota come “Via di Santa Margherita” che conduce alla Porta di Santa Margherita (davanti alla quale sono posti i ruderi dell’omonima Chiesa), da cui si snoda il sentiero che conduce alle Concerie di epoca araba, poste a strapiombo sulla Valle del Carosello. Dalle Concerie parte un’altro sentiero scosceso che conduce a fondo della piccola cava bagnata dal Fiume Asinaro che va a formare dei piccoli laghetti (cosa che avviene nella vicina Cava Grande del Cassibile) presso i quali è possibile individuare le rovine di alcuni mulini ad acqua di epoca ottocentesca (questo per far capire che la zona era ed è ancora popolata). Da qui si può raggiungere anche l’area della Chiesa di Sant’Antonio della Grotta.

Proseguendo dritto per la “Via di Santa Maria della Provvidenza”, costeggiando le rovine dei Conventi di Montevergini, Sant’Agata, Santissimo Salvatore e San Francesco all’Immacolata oltre a quelle delle Chiese di San Michele, Sant’Elia, San Pietro e ai ruderi della Caserma dei Cavalleggeri e della Porta delle Discipline, si arriva all’ex Eremo carmelitano di Santa Maria della Provvidenza, costruito nella prima metà del 1700 sui resti del Convento dei Frati Riformati. Esso è formato da una Chiesa anticamente consacrata a “Santa Maria della Provvidenza” e dal vicino convento che ospitava le suore carmelitane. Sia la Chiesa, sia il Convento sono stati sconsacrati ed abbandonati. In questo luogo venne portata pure l’Arca di “San Corrado” nel 1964, per commemorare le vittime del terremoto dell’11 Gennaio 1693.


L’Eremo di Santa Maria della Provvidenza.

Di moltissime altre chiese e di vari palazzi pobiliari non vi è stata rinvenuta ancora traccia e inoltre vi sono varie rovine che non sono state catalogate e riconosciute .

Al di fuori del perimetro dell’antica città netina, vi sono  numerose grotte scavate nella roccia che fungevano da necropoli, tra cui un’interessante Necropoli sicula composta da tombe “a forno” scavate nella roccia, la “Grotta del Carciofo” (necropoli ebraica poiché nelle pareti interne sono raffigurati simboli ebraici tra cui “Il Candelabro a sette bracci”) e il sito rupestre della “Grotta delle Cento Bocche” (catacomba bizantina). Nel territorio vi sono anche moltissime “Chiese rupestri” e Necropoli sicule e paleocristiane sempre di epoca bizantina. Esse sono situate dentro grotticelle artificiali simili a quelle ubicate presso Pantalica.


La Necropoli Sicula di Noto Antica.

Vicino alle rovine di Noto Antica vi è posta una pineta che funge da area attrezzata, in cui sono state rinvenute altre rovine sempre in attesa di catalogazione (non si sa se siano medievali o più vecchie ancora). Presso quest’area vi sono i ruderi delle Chiese della Madonna della Porta, di Santa Maria di Gesù e di San Giacomo con i rispettivi siti monastici francescani e carmelitani. A nord della città partiva la “Via Regia” che si collegava agli altri centri limitrofi del Val di Noto posti sui Monti Iblei, in cui erano poste le chiese consacrate a “Santa Maria della Vittoria” e “Santa Maria della Pietà”; mentre a sud l’antica Noto era unita alla “Via Elorina” che si univa a Siracusa e all’estrema area meridionale della Sicilia.

Inoltre su Noto Antica vi sono anche molte leggende ma quelle più sconvolgenti sono quelle legate al terremoto che distrusse l’antica gloriosa città netina. La prima è quella della cosiddetta “Monaca Santa”, una suora che aveva previsto la distruzione dell’antica Noto da parte di un terribile terremoto (quello del 1693) rimanendo inascoltata e morendo assieme a quei pochi che le avevano creduti all’interno della cosiddetta “Grotta dei Nobili” (che sarebbe franata a causa delle potenti scosse sismiche); l’altra è quella del cosiddetto “Urlo di San Corrado”, ossia un appello del “Santo” che invitava tutti i netini a scappare da Noto dopo le prime lievi scosse di terremoto che precedevano l’arrivo di quella catastrofica dell’11 Gennaio 1693; un’altra leggenda era legata alla “Moglie di San Corrado” che, dopo essersi fatta suora, qui incontrò il marito qualche giorno prima di morire.

In questi ultimi anni, anche grazie allo studio di antiche mappe e documenti, molti ruderi presenti all’interno dell’antica città netina, sono stati ricatalogati e sono in attesa di essere studiati con maggiore accuratezza. Inoltre grazie al progetto “EFIAN” promosso dalle facoltà di architettura delle Università degli studi di Palermo e Catania e dal Comune di Noto, sono stati effettuati vari studi sul sito di Noto Antica in cui si è potuto dare vita a importanti ricostruzioni virtuali di parte dell’antico sito in cui era collocata l’antica città di Noto; in particolare sono stati studiati il Castello e la Chiesa interna consacrata a “San Michele Arcangelo”, il Convento dei Gesuiti, l’area della Piazza Maggiore con il Palazzo Senatorio e la Chiesa Madre di San Nicola e infine il Convento dei Frati Carmelitani; per informazioni più dettagliate visitate il sito www.ancientnoto.com e la pagina facebook del progetto.

Il sito di Noto Antico è sempre aperto ad eccezione delle ore notturne, e l’ingresso è totalmente gratuito (e proprio l’assenza del biglietto d’ingresso fa di Noto Antica il sito archeologico più visitato della Provincia di Siracusa); comunque sia è vietato accamparsi di notte o presso le rovine archeologiche (difatti di fronte alla Porta della Montagna vi è una pineta in cui è possibile campeggiare giorno e notte), gettare rifiuti e soprattutto mettersi a scavare per conto proprio (in particolare presso ipogei e tombe) per trovare rovine o oggetti archeologici. Ultimamente parte del sito è divenuto “area pedonale” preclusa al traffico veicolare. Inoltre l’ultima Domenica di Maggio di ogni anno viene organizzata dall’associazione “ISVNA” (“Istituto per lo Studio e la Valorizzazione di Noto e delle sue Antichità”) la “Festa dell’Alveria” per ridare vita all’antico sito in cui sorgeva l’antica città netina.

Per saperne di più sui luoghi da visitare presso Noto Antica vedi le seguenti sottosezioni.

Sottosezioni

Luoghi da visitare

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