Scicli

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Scicli
(Donnalucata – Cava d’Aliga – Sampieri)

Mappa di Scicli e del suo territorio


Mappa di Scicli (per ingrandire la mappa clicca qui).

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Cenni principali su Scicli

La cittadina di Scicli è uno dei principali centri turistici e culturali della Provincia di Ragusa distante circa 30 chilometri dal capoluogo ibleo, mentre dalla vicina Modica dista 10 chilometri.

Scicli è una delle più belle città della Sicilia sudorientale, che deve la sua notorietà agli eleganti edifici in stile tardo barocco settecentesco posti all’interno del suo centro storico.

Gran parte di questi edifici sono stati iscritti nel Giugno del 2002 nella lista dei luoghi “Patrimonio dell’Umanità” dell’Unesco nell’ambito delle “Città Barocche del Val di Noto”, di cui Scicli fa parte assieme alle vicine Modica e Ragusa, e ai centri di Noto, Palazzolo Acreide in Provincia di Siracusa, Catania, Militello in Val di Catania e Caltagirone in Provincia di Catania.

La bellezza del suo centro urbano ha ispirato molti scrittori tra cui il siracusano Elio Vittorini, venendo apprezzato anche da registi cinematografici, musicisti, ed artisti in generale.

 Oltre a ciò, Scicli è nota per le gioiose feste religiose di cui le più importanti sono la “Cavalcata di San Giuseppe”, la processione pasquale del “Cristo Risorto” detto “U Gioia”, e la festa della “Madonna delle Milizie”, a cui si aggiungono manifestazioni di vario tipo e tanti eventi culturali.

Foto panoramica di Scicli,

Scicli è posta in una conca circondata da tre importanti siti collinari colmi di monumenti, aree abitative rupestri e siti archeologici posti a ridosso dell’area urbana di cui vanno citati i Colli San Matteo (su cui era posto il quartiere medievale della città, collocato ad est del centro urbano), della Santa Cassa e del Rosario noto anche come “Monte Campagna” (posti a nordest), e della Croce (posto a sudest).

La città di Scicli risulta delimitata da tre cave iblee:

  • il Vallone Fiumelato a ovest in cui scorre la Fiumara di Modica (il principale corso d’acqua cittadino);
  • la Cava di Santa Maria La Nova che scorre a nordest tra il Monte Campagna e il Colle San Matteo, presso la quale confluisce la piccola Cava di San Guglielmo; 
  • la Cava di San Bartolomeo ubicata a sudest tra il Colle San Matteo e il Colle della Croce.

La disposizione urbana tra le cave e i siti collinari fa sembrare il perimetro urbano della città di Scicli simile ad un’aquila dalle ali spiegate, e ciò lo si può ammirare dalla S.P. 37 “Scicli – Santa Croce Camerina” (posta ad occidente della cittadina sciclitana).

Il Colle del Rosario.

Il Colle San Matteo.

Il Colle della Croce.

Un altro corso d’acqua piuttosto importante è il Fiume Irminio, che delimita il confine col territorio comunale di Ragusa.

La cittadina sciclitana è composta dall’area periferica collocata a meridione, e dai quartieri più antichi che formano gran parte del centro storico che invece sono ubicati a nordest, a ridosso del sito collinare di San Matteo e delle limitrofe Cave di San Bartolomeo e Santa Maria la Nova.

A ciò si aggiungono aree di espansione urbana situate ad occidentecche si affacciano presso il Vallone Fiumelato, cavità iblea nella quale scorre il corso d’acqua noto come “Fiumara di Modica”.

I quartieri periferici di Scicli rappresentati dal “Villaggio Jungi” e dall’area a ridosso della Stazione Ferroviaria, sono collegati tra loro dal Viale 1 Maggio occupando l’area urbana meridionale della città sciclitana, presentando isolati “a scacchiera” formati da strade che si incrociano tra di esse.

A quest’area, tramite la Via Bixio e il Corso Garibaldi, è collegato il centro storico che è solcato dalla Via Nazionale su cui si affacciano i vari quartieri che compongono l’area più antica della città sciclitana.

Presso il centro storico sciclitano vi è nella parte meridionale di esso l’ampia Piazza Italia sotto la quale scorre il Torrente San Bartolomeo (che proviene dall’omonima cava, venendo poi incanalato nel sottosuolo del centro storico sciclitano immettendosi ad ovest nel Vallone Fiumelato), su cui si affacciano interessanti edifici in stile barocco che sono la Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola e i nobiliari Palazzi Mormina Penna, Fava e Iacono, con a poca distanza le belle Chiese di Santa Maria del Gesù, San Giuseppe e San Bartolomeo.

Poco più a nord è collocato il Palazzo Beneventano, considerato come uno dei più belli edifici barocchi della Sicilia intera.

Nel cuore di Scicli è posta la Via Francesco Mormina Penna, la “strada barocca” simbolo della città in cui possiamo ammirare il Municipio con l’attigua Chiesa di San Giovanni Evangelista, gli eleganti Palazzi Spadaro, Porcelli – Battaglia – Veneziano – Sgarlata, Penna – Nicolaci – Mormina – Conti, Papaleo e Bonelli – Patanè, a cui si aggiungono le Chiese di San Michele Arcangelo e di Santa Teresa.

Poco più a nord troviamo la Piazza Busacca presso la quale possiamo ammirare il Palazzo Busacca, il Palazzo Scimone e la Chiesa della Madonna del Carmine con il suo elegante convento barocco.

Ad est di questa piazza vi sono le Chiese di Santa Maria della Consolazione, Santa Maria la Nova con l’adiacente Cappella dell’Eremo del Beato Guglielmo Buccheri, e del Convento di Santa Maria del Rosario.

I sopracitati edifici si affacciano lungo la cava iblea di Santa Maria la Nova (anch’essa incanalata nel sottosuolo cittadino prima di immettersi lungo la Fiumara di Modica nel Vallone Fiumelato ad ovest della città), che va a lambire a nordovest il cosiddetto Colle della Santa Cassa.

Ad oriente di Scicli è posto il sito collinare del Colle San Matteo in cui era posto il “quartiere medievale” cittadino con l’antica Chiesa Madre di San Matteo (altro importante simbolo della cittadina sciclitana), le Chiese di San Vito, del Santo Spirito e Santa Lucia, i ruderi dei due castelli medievali noti come “Il Castellaccio” e il “Castello dei Tre Cantoni”, e il sito rupestre di Chiafura, formato da varie “case – grotta” di epoca medievale.

A sudest è posto il Colle della Croce col quattrocentesco Convento di Santa Maria della Croce.

La Piazza Italia (vista dal Colle San Matteo).

Il Palazzo Fava.

La Chiesa Madre di Scicli di Sant’Ignazio di Loyola.

La Chiesa di San Bartolomeo Apostolo.

Il Palazzo Beneventano.

La Via Francesco Mormina Penna.

Il Palazzo Comunale di Scicli.


La Chiesa di San Giovanni Evangelista.

Il Palazzo Spadaro.

La Piazza Busacca.


La Chiesa di Santa Maria del Carmine.

La Chiesa di Santa Maria la Nova.

L’ex Chiesa Madre di Scicli, un tempo consacrata a “San Matteo Apostolo”.

Di Scicli inoltre fanno parte le vicine località di Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri che si affacciano sull’ampio litorale sciclitano, il più esteso della provincia ragusana formato da spiagge e scogliere bagnate dal Mare Mediterraneo.

Queste tre frazioni sono tra le più rinomate località balneari della Provincia di Ragusa, essendo quindi annoverate tra le mete vacanziere estive più importanti della Sicilia meridionale che vengono frequentate da molti bagnanti, villeggianti e turisti in generale.

Donnalucata, posta a sudovest di Scicli, ne è la è la principale frazione amministrativa.

Essa comprende un centro balneare corredato di un porto peschereccio e di un interessante lungomare.

Qui possiamo ammirare la Chiesa di Santa Caterina da Siena, la Villa Mormina – Penna e il Santuario della Madonna delle Milizie; a poca distanza è posta la borgata residenziale di “Plaja Grande” adiacente alla foce del Fiume Irminio.

Cava d’Aliga, posta a sud di Scicli, è una borgata che si affaccia su di un’ampia spiaggia sabbiosa, comprendente le limitrofe località di Bruca e Arizza, presso la quale è posta la foce della Fiumara di Modica.

Sampieri è un borgo marinaro abbarbicato presso una breve scogliera poco distante da un’ampia spiaggia adiacente alla “Punta Pisciotto”, scogliera rocciosa in cui è posta la “Fornace Penna”.

Essa era uno stabilimento di laterizi costruito nel 1912 ormai in rovina, ma che è divenuto uno dei “monumenti” più importanti e visitati del territorio sciclitano. 

Va inoltre detto che all’interno dell’elegante centro storico di Scicli, e presso le località balneari di Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri (che in futuro saranno collegate all’autostrada A 18 “Siracusa – Gela”), sono state effettuate le riprese cinematografiche di numerosi film e telefilm piuttosto noti, tra cui quello del “Commissario Montalbano”.

Proprio a Scicli, Donnalucata e Sampieri, vi sono alcuni dei più importanti “Luoghi di Montalbano” che sono edifici o località in cui sono state riprese alcune scene di questo telefilm tra cui vanno citati il Palazzo Comunale di Scicli, il lungomare di Donnalucata e la Fornace Penna di Sampieri.


La Fornace Penna di Sampieri.

Scicli fa parte del GAL (“Gruppo di Azione Locale”) “Terra Barocca” (sito web galterrabarocca.com) e del “Distretto Turistico Sud Est” (sito web www.distrettoturisticosudest.com).

Va fatto notare infine che il dialetto siciliano parlato a Scicli è piuttosto diverso da quello parlato in gran parte della Provincia di Ragusa noto per la mancanza della cosiddetta “CH” davanti ad alcune parole. 

Infatti a Scicli le parole del tipo “Ciavi” o “Ciuovu” diventano“Chiavi” o “Chiuovu”.

E la stessa cosa avviene anche nei centri urbani di Acate e Monterosso Almo facenti parte sempre della Provincia di Ragusa ma vicini all’area del “calatino”, area geografica che occupa la parte sudoccidentale della Provincia di Catania in cui il dialetto locale prevede la “CH” (fatta eccezione per i comuni di Vizzini e Mazzarrone).

Invece il centro urbano di Scicli ed il suo limitrofo territorio sono limitrofi ad aree in cui la “CH” non viene pronunciata (quelle di Modica, Pozzallo, Ispica, Ragusa e Santa Croce Camerina), essendo tra l’altro anche l’unico comune facente parte della Diocesi di Noto (comprendente i centri di Modica, Pozzallo e Ispica in Provincia di Ragusa; Avola, Rosolini, Pachino, Portopalo di Capo Passero e appunto Noto in quella di Siracusa) in cui la “CH” è prevista andando a dissociarsi dalla parlata dei limitrofi centri urbani, rappresentando così un’interessante isola linguistica posta all’interno della Provincia di Ragusa.

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Statistiche generali

  • Nome in siciliano: “Scichili” ;
  • Abitanti: sciclitani;
  • Popolazione abitante: 19378 abitanti;
  • Comuni confinanti: Ragusa, Modica (RG);
  • Fiumi e torrenti limitrofi: Fiumara di Modica, Fiume Irminio, Torrente Cava Mangiagesso, Torrente Cava Maria, Torrente Cava Marta, Torrente Corvo, Torrente Costa di Carro, Torrente Currumeli, Torrente Fossa Samuele, Torrente Petraro, Torrente Piano Grande, Torrente Purromazza, Torrente Ritegno – Cavamata, Torrente San Marco, Torrente Santa Maria la Nova, Torrente San Bartolomeo, Torrente San Guglielmo, Torrente Trippatore;
  • Zone lacustri: Pantano Arizza, Pantano Fossa Samuele, Pantano di Punta Pisciotto;
  • Monti e rilievi limitrofi: Altopiano di Contrada Balata – Milocca, Colle della Croce, Colle San Matteo, Colle del Rosario o Monte Campagna, Cozzo Cavadduzzo, Cozzo Chiesa, Cozzo del Carmine, Cozzo Galesi, Cozzo Grande, Cozzo Santa Cassa;
  • Clima: freddo e umido in inverno con eventuali precipitazioni, caldo e torrido in estate con venti di ponente o sciroccomite con eventuali piogge in autunno e primavera;
  • Santi Patroni: Santa Maria delle Milizie, Beato Guglielmo Buccheri;
  • Altri Santi venerati: San Giuseppe (Scicli e Donnalucata), Cristo Risorto (“U Gioia” ), Santissimo Salvatore, Santa Maria Goretti (Cava d’Aliga), Santa Maria del Carmine, Santa Maria Assunta (Donnalucata e Sampieri), Cuore Immacolato di Maria (Cava d’Aliga), San Bartolomeo Apostolo, Santa Maria della Catena, Santa Maria Immacolata;
  • Economia sciclitana: agricoltura, allevamento, pesca, turismo, settore commercialeeconomia commerciale a conduzione familiare, commercio agroalimentare, settore ricettivo;
  • Prodotti tipici e specialità gastronomiche: Fagiolo “Cosaruciaru” di Scicli, “Cucciddatu Scaniatu”, Teste di Turco, olio extravergine di oliva, colture serricole, formaggi e latticini, salumi e insaccati, focacce, prodotti ortofrutticoli, dolciumi tipici, miele, vino;

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Come raggiungere Scicli

Via Auto

  • Per chi proviene dall’Italia peninsulare e da Messina, Catania e rispettive province: immettersi sull’Autostrada A 18 Messina – Catania, dopodiché percorrere la Tangenziale di Catania e immettersi sull’Autostrada “Catania – Siracusa” e uscire allo svincolo “Lentini – Carlentini” (con indicazione anche per Ragusa), per poi immettersi sulle SS 194 “Lentini – Vizzini” e SS 514 “Vizzini – Ragusa” / SS 115 “Ragusa – Modica” per poi uscire allo svincolo “Modica – Scicli – Siracusa” immettendosi su Via della Costituzione, e da qui tramite la prima rotatoria, immetterci sulla S.P. 42 “Caitana – Scicli” arrivando ed entrando presso la cittadina sciclitana;
  • Per chi proviene da Palermo, Caltanissetta, Enna e Trapani e rispettive province: immettersi sull’Autostrada A 19 “Palermo – Catani”a ed uscire allo svincolo “A 18 Tangenziale di Catania – Ragusa – Siracusa” ed immettersi prima sulla tangenziale di Catania, dopodiché sull’Autostrada “Catania – Siracusa e uscire allo svincolo “Lentini – Carlentini” seguendo le indicazioni sopracitate;
  • Per chi proviene da Gela e Agrigento: immettersi sulla SS 115 fino a Modica imboccando poi la S.P. 42 per Scicli;
  • Per chi proviene da Siracusa: immettersi sull’Autostrada A 18 “Siracusa – Gela” in direzione sud (Gela) uscendo allo svincolo di Rosolini, percorrendo le S.P. 46 “Ispica – Pozzallo” e da qui la, S.P. 66 “Pozzallo – Sampieri” andando in direzione “Marina di Modica – Sampieri – Donnalucata”, e da qui tramite la S.P. 40 “Scicli – Sampieri” da Sampieri o la S.P. 84 “Genovese – Donnalucata” da Donnalucata, andando in direzione di “Scicli” possiamo raggiungere l’interno della città sciclitana; oppure percorrere la SS 115 da Rosolini fino a Modica per poi imboccare la S.P. 42 per Scicli; o infine immettersi sull’Autostrada “Catania – Siracusa” uscendo allo svincolo “Lentini – Carlentini” immettendoci poi sulla SS 194 / SS 514 / SS 115 fino a Modica per poi seguire le indicazioni sopracitate.

Via Treno

  • Sul sito www.trenitalia.com compilare il modulo con le città di partenza e le città di arrivo (in questo caso Scicli) per conoscere giorni, orari e durata del viaggio.

Via Aereo

  • Gli aeroporti più vicini a Scicli sono quelli di Catania (Aeroporto Fontanarossa “Vincenzo Bellini” www.aereoporto.catania.it) e di Comiso (Aeroporto “Pio La Torre” www.aeroportodicomiso.eu), sui siti controllate gli orari dei voli, e sui siti delle autolinee controllate gli orari degli autobus che dagli aeroporti di Catania e Comiso conducono a Pozzallo (controllate le Autolinee AST).

Via Autobus

Via Mare

  • Scicli è raggiungibile via mare da Malta tramite i traghetti della Virtu Ferries (www.virtuferries.com); nel rispettivo sito potrete visualizzare gli orari dei traghetti che collegano Malta a Pozzallo e viceversa. Per quanto riguarda gli scali di Catania, Messina, Milazzo (ME), Termini Imerese (PA), Palermo e Trapani (per le informazioni stradali vedere paragrafi soprastanti) visitate il sito www.traghettilines.it.

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Storia di Scicli

Dalla preistoria al periodo greco – romano

La città di Scicli possiede una ricca storia millenaria che la contraddistingue e che ancora oggi è oggetto di approfonditi studi.

Il territorio sciclitano ed in particolare quello in cui è collocata l’attuale città di Scicli, risultava popolato sin dalla preistoria in base a molti rinvenimenti paleontologici e archeologici effettuati nelle aree all’interno del territorio comunale.

Con molta probabilità l’attuale sito di Scicli venne cominciato ad abitate dal periodo a cavallo tra le età del rame e del ferro (tra il 2000 e il 1800 a.C.) nel periodo in cui fioriva la “Civiltà di Castelluccio” (dall’omonimo sito ibleo posto in territorio di Noto, in Provincia di Siracusa).

In questo periodo, la popolazione locale dimorò all’interno delle caverne poste a ridosso delle cavità iblee che confluiscono nella Fiumara di Modica.

Tra esse va citato il sito noto come “Grotta Maggiore” posto ad ovest di Scicli.

Altri siti in cui sono stati effettuati vari rinvenimenti sono ubicati presso le le aree di Billiemi, “Ronna Fridda” (lungo la Fiumara di Modica), Cava Marta e Maestro (lungo la valle solcata dal Fiume Irminio, ad ovest di Scicli).

Il territorio sciclitano poi venne popolato nel periodo tra il 1500 e l’800 a.C. dai siculi che in un primo momento dimoravano presso insediamenti seminomadi, ma che con molta probabilità si stanziarono tra il 700 e il 600 a.C. presso un villaggio che, secondo gli storici, venne chiamato “Siclis”.

Questo termine corrisponderebbe alla derivazione di un arcaico appellativo dato alla popolazione sicula ma che deriverebbe dal nome del mitico re “Siculus” che, secondo alcune fonti storiche, fondò questo insediamento nel 1248 a.C. a ridosso del Colle San Matteo.

La presenza di vari sepolcri di tipo rupestre posti nelle vallate che circondano l’odierna cittadina sciclitana farebbe presumere l’esistenza di un insediamento di tipo abitativo collocato proprio presso l’attuale area occupata dal Colle San Matteo.

Ad esso apparterrebbe il noto sito rupestre di “Chiafura” (posto a sud del rilievo ibleo), che molto probabilmente è sorto in in epoca sicula con la costruzione di necropoli rupestri che comprendevano sepolture scavate nella roccia dalla caratteristica apertura “a forno”, che poi sarebbero state allargate nei secoli successivi divenendo sede delle cosiddette “case – grotte” (abitazioni di tipo rupestre).

Infatti presso quest’ultimo sito (e in gran parte del Colle San Matteo) sono stati rinvenuti vari frammenti litici di epoca sicula. 

Durante il periodo greco, quando gran parte della Sicilia sudorientale cominciò ad appartenere alla città di Siracusa (fondata nel 734 a.C.), si hanno pochi dati riguardo il sito su cui è ubicata l’attuale Scicli.

Fanno eccezione i territori costieri pressi i quali vi erano tracce di insediamenti abitativi presso la Contrada Spana (a nord della cittadina), le aree di Maestro e Cancellieri lungo il tratto meridionale del Fiume Irminio (a sudovest di Scicli), presso la cui foce vi era un porto fluviale utilizzato fino al medioevo.

Vanno menzionate anche l’area occupata dall’attuale Santuario della Madonna delle Milizie (Contrada Milici), e le Contrade Giardinelli, Maestro e Maulli poste a poca distanza dalla località balneare di Plaja Grande, ubicate lungo il confine col territorio comunale di Ragusa solcato dal Fiume Irminio.

Tutti i sopracitati siti sono in gran parte risalenti al 400 a.C.

Altre rovine greche sono state rinvenute a Sampieri, in cui si ipotizza la presenza di uno scalo marittimo e di un tempio consacrato al dio Apollo.

Una non veritiera ipotesi storica avanzata nel 1600 dallo studioso sciclitano Fra’ Mariano Perello, vorrebbe l’odierna Scicli popolata da coloni provenienti da “Kasmenai” ossia “Casmene”.

Esso era un antico insediamento fondato nel 644 a.C. dai siracusani presso il rilievo noto come “Monte Casale – Erbesso” posto tra le Provincie di Ragusa e Siracusa (presso i territori di Giarratana e Buscemi), ma che in maniera errata venne identificato con le rovine di un sito greco – romano posto ad est della città di Comiso (vedi le sezioni di Comiso, Giarratana e Buscemi per saperne di più).

Ovviamente questa ipotesi non è assolutamente veritiera o perlomeno non vi sono elementi che farebbero presagire ciò.

Comunque sia non si esclude la presenza di un villaggio sorto in epoca greca posto sulla sommità del Colle San Matteo di Scicli, avente anche funzioni strategico – militari (data la posizione dominante rispetto al Vallone Fiumelato in cui scorre la Fiumara di Modica) oltre a quelle agricolo – pastorali.

Solo accurati studi archeologici potrebbero confermare o smentire queste ipotesi.

Con la conquista di Siracusa avvenuta nel 212 a.C. grazie al console Marco Claudio Marcello, l’intera Sicilia comprendente l’attuale territorio sciclitano, divenne una “provincia” romana, il cui capoluogo era proprio la città aretusea.

Sempre al 212 a.C. secondo varie fonti storiche, il console Marcello avrebbe fondato ufficialmente il centro abitato sciclitano, all’interno del quale vi istituì una “Sicla” ossia una zecca in cui sarebbero state coniate varie monete del periodo note come “Sicli”.

Da questo termine potrebbe anche derivare l’attuale nome di “Scicli”.

A parte ciò, l’area a ridosso dell’attuale Scicli tra l’epoca repubblicana ed imperiale ebbe sempre funzioni agricolo – pastorali.

Infatti presso le aree delle Contrade Spana, Passo Palma e Giardinelli sono stati rinvenuti i ruderi di antichi insediamenti rurali di epoca romana (risalenti al periodo tra il 200 e il 300 d.C.).

Inoltre in questo periodo, con molta probabilità si diffuse il culto al cristianesimo con la presunta fondazione di quella che sarebbe poi divenuta la “Chiesa Madre” cittadina, consacrata a “San Matteo Apostolo”.

Va anche detto che, secondo dicerie popolari, presso la spiaggia di Sampieri sarebbe sbarcato “San Pietro Apostolo”.

Verso la caduta dell’impero romano (avvenuta nel 476 d.C.), gente di etnia bizantina cominciò a popolare il territorio sciclitano.

La prima area “bizantina” fu con molta probabilità l’area di Contrada Trippatore (a ridosso della località di Sampieri) in cui vi sono i resti di un insediamento la cui datazione risalirebbe al X secolo d.C. (401 – 500), posto a poca distanza da quello che doveva essere un approdo marittimo collocato tra le scogliere di Costa di Carro e Punta Pisciotto.

I bizantini si stabilirono successivamente presso l’attuale sito urbano di Scicli, più precisamente sulla sommità del Colle San Matteo, la cui sottostante area oggi nota come “Chiafura” divenne sede di un sito funerario di tipo rupestre.

Lungo le sponde del Torrente Santa Maria la Nova tra i secoli XI (501 – 600) e XII (601 – 700), invece venne costruita una delle più antiche “chiese” ad essere costruita in territorio sciclitano, consacrata a “Santa Maria della Pietà”, che in futuro (secoli 1500 – 1600) sarà inglobata all’interno dell’odierna Chiesa di Santa Maria la Nova.

Al medesimo periodo risalirebbe anche la costruzione dell’edificio sacro che poi divenne sede della futura Chiesa Madre di San Matteo Apostolo, collocata sul colle che porta il nome del suddetto Santo.

Dal medioevo al terremoto del 1693

Dopo la caduta dell’impero romano coincidente con l’inizio del medioevo caratterizzato dalle invasioni barbariche che interessarono anche la Sicilia e l’attuale litorale sciclitano, il sito in cui tuttora è posta Scicli (in particolare le alture a ridosso del Colle San Matteo) venne abitato dai bizantini a partire dal 700 d.C.

In base a ciò avvenne il riadattamento della necropoli rupestre di Chiafura, che divenne sede di un vero e proprio sito abitativo formato da “case – grotta”.

Oltre a ciò Scicli con molta probabilità venne fortificata con la costruzione di fortificazioni difensive poste sul Colle San Matteo vennero eretti anche i primi luoghi di culto.

Infatti, come detto in precedenza, si presume che l’attuale Chiesa di Santa Maria la Nova era una delle prime che vennero costruite nel centro abitato sciclitano.

Nel 827, in seguito all’invasione araba della Sicilia condotta dal generale Asad ibn al-Furat, il territorio sciclitano appartenne agli arabi che chiamarono il centro abitato “Siklah”.

Durante il periodo arabo in cui il culto cristiano venne però soppresso, l’area sciclitana ebbe un notevole sviluppo economico dato dal miglioramento dell’agricoltura che prevedeva una maggior varietà di colture.

Inoltre con la costruzione di canalizzazioni e serbatoi idrici vennero cominciate ad essere utilizzate in maniera ottimale le risorse idriche provenienti dai limitrofi corsi d’acqua (in particolare la Fiumara di Modica e il Fiume Irminio), oltre che da varie sorgenti sotterranee poste nei dintorni del centro abitato.

La più nota di queste sorgenti era quella chiamata “Ayn Al Awqat” ossia “Fonte delle Ore”, ubicata presso l’attuale frazione marittima di Donnalucata (nome derivante dal toponimo arabo).

Questa sorgente costiera, comune ad altre del medesimo tipo collocate in alcune aree della Sicilia, è ubicata lungo la costa donnalucatese, area oggi nota come “Micenci”.

Essa venne citata dallo storico e cartografo arabo “Muhammad Al Idrisi” (nato in Spagna durante l’occupazione islamica nel 1099) nella sua opera “Il sollazzo per chi si diletta di girare il mondo”, meglio nota come “Libro di Ruggiero” perché venne realizzata nel 1154 per l’allora sovrano di Sicilia Re Ruggero II d’Altavilla.

Questa sorgente aveva la particolarità di sgorgare solo cinque volte al giorno in concomitanza con gli orari della preghiera musulmana che si svolge rispettivamente all’alba, a mezzogiorno, nel pomeriggio, al tramonto e di notte (per saperne di più clicca qui).

Si trattava di una sorgente di acqua dolce di cui ufficialmente non si conosce la precisa ubicazione, anche se molto probabilmente si fa riferimento a quella collocata ad est dell’odierno centro abitato di Donnalucata in prossimità della spiaggia di Micenci.

Essa era collegata ad una vasta riserva idrica sotterranea che alimenta ancora vari corsi d’acqua, i quali sgorganti presso l’antistante fondale marino a meridione di Donnalucata (un esempio simile lo possiamo riscontrare a Siracusa presso la “Fonte Aretusa”, sorgente marina alimentata da una vasta riserva idrica sotterranea che si collega ad un poco distante sbocco posto nei fondali del mare siracusano, noto come “Occhio della Zillica”).

Durante il periodo arabo, presso il litorale sciclitano vi era ubicato lo scalo marittimo noto come “Marsa Siklah” (“Porto di Siklah” ossia di Scicli), che corrisponderebbe o ad un approdo protetto dalla scogliera di Punta Pisciotto posto nei pressi di Sampieri, oppure all’attuale scalo portuale di Donnalucata.

Il porto fluviale presso la foce del Fiume Irminio citato sempre dallo storico Muhammad Al Idrisi come “Porto di Maulli” (toponimo che deriverebbe dal termine arabo “Mahall” che significa “luogo di fermata”), veniva utilizzato per i collegamenti con l’entroterra in quanto anticamente questo corso d’acqua era navigabile fino all’attuale area posta tra Giarratana e Ragusa, godendo quindi di un’estesa portata idrica che è andata poi a ridursi fino ai giorni nostri.

L’epoca araba a Scicli terminò nel 1091 in seguito alla conquista normanna della Sicilia condotta da Ruggero I d’Altavilla.

Da ciò deriverebbe il culto alla “Santa Patrona” della cittadina sciclitana, la “Madonna delle Milizie”.

Infatti a sudovest di Scicli in prossimità dell’area nota come “Milici” si svolse la battaglia decisiva per la liberazione del territorio sciclitano dagli arabi.

L’esercito normanno capitanato con molta probabilità da Ruggero I d’Altavilla, contrapposto a quello saraceno guidato dall’emiro identificato col nome “Belcane”, in seguito alla miracolosa apparizione di una “figura femminile a cavallo” che venne identificata come la “Madonna delle Milizie”, vinse la battaglia liberando Scicli dagli arabi.

Tutto ciò è narrato nel manoscritto noto come “Codici Sciclitani” rinvenuto il 15 Marzo 1653 dal notaio sciclitano Giuseppe Di Lorenzo presso l’archivio del Castello dei Tre Cantoni di Scicli (per saperne di più vedi più sotto).

A seconda di ciò che è narrato non facendo alcuna menzione di Ruggero I d’Altavilla, è documentata  una miracolosa apparizione della “Vergine Maria”, che è denominata “Madonna dei Milici”.

Questo ultimo appellativo è in realtà un “toponimo” attribuito ad tempio di epoca greco – romana consacrato al dio Dionisio (o Bacco) che aveva il titolo di “Milichio” o “Milicio (che significava “Fertile” o “Propizio” in quanto questa divinità era cara la pianta della vite).

Il luogo sacro mariano era quindi noto anche come “Madonna dei Milici”.

Tuttavia il titolo della “Madonna” di cui si ha notizia sin dal 1091 è “Xanta Maria Militium” ossia la “Madonna delle Milizie” che venne venerata come “Patrona di Scicli”.

Nel periodo normanno Scicli, che fece parte della Contea di Ragusa dal 1090 al 1194 con il titolo di “città demaniale” (ossia controllata direttamente dal regio demanio con a capo il sovrano di Sicilia), venne fortificata con la costruzione di varie torri lungo il perimetro cittadino solcato dalla Fiumara di Modica e dalle Cave di San Bartolomeo e Santa Maria la Nova.

Sul Colle di San Matteo vennero invece costruite la Chiesa Madre cittadina consacrata a “San Matteo Apostolo” e le due fortezze note come “Castellaccio” (che sovrasta il sito rupestre di Chiafura), e il “Castello dei Tre Cantoni” (poco più ad est sull’altopiano).

In questo periodo Scicli venne visitata dal cartografo arabo al servizio del normanno Re Ruggero II d’Altavilla (allora sovrano di Sicilia), che visitò il centro abitato cittadino descrivendolo come “Rocca di Siklah” posta su un monte che in realtà è il Colle di San Matteo.

Scicli inoltre venne considerata come delle più nobili e popolate città del tempo in quanto avente una fiorente economia legata al commercio di legname provenienti dalla Calabria, da Malta e dall’Africa, risultando circondata da una fertile pianura in cui vi erano vasti frutteti, mentre lungo i fiumi (con molta probabilità si riferisce alla Fiumara di Modica e al Fiume Irminio) vi erano posti vari mulini.

Oltretutto nel Marzo 1111 ci fu un altro importante avvenimento narrato sempre nei “Codici Sciclitani” coincidente col ritrovamento della statua raffigurante la “Madonna della Pietà” (attualmente venerata all’interno della Chiesa di Santa Maria la Nova).

Data la disponibilità idrica allora consistente, vennero scavate nella roccia varie cisterne idriche di tipo ipogeico, di cui oggi la più nota risulta quella ubicata sotto Via Loreto, a meridione del Colle San Matteo.

Questa cisterna venne raffigurata nel 1782 dall’artista francese francese Jean Pierre Houel durante la sua permanenza in Sicilia, durante la quale visitò anche l’attuale città sciclitana.

Durante il periodo svevo, Scicli mantenne sempre il titolo di città demaniale, e dal 1255 fece parte di un feudo che comprendeva anche le aree di Modica, Palazzolo Acreide (SR) e Vizzini (CT) che venne concesso dall’allora Papa Alessandro IV al lentinese Ruggero Fimetta (appartenente ad una famiglia nobile di stirpe normanna), che però non riuscì ad amministrare del tutto.

Nel 1266 il Regno di Sicilia passò agli angioini il cui sovrano, Carlo I d’Angiò, mal governò l’isola facendo scaturire il 30 Marzo 1282 la rivolta dei “Vespri Siciliani”, a cui aderì anche Scicli il 5 Aprile del medesimo anno assieme alle vicine città di Modica e Scicli.

La rivolta fece scoppiare la “Guerra del Vespro” che vide la Sicilia sopportare un sanguinoso conflitto comprendente anche terribili massacri, che terminò del tutto nel 1372.

Durante questo conflitto nel territorio sciclitano avvennero due avvenimenti riguardanti Scicli e il suo territorio.

La prima vicenda accadde nel 1282, durante la quale il duca angioino Roberto d’Angiò (figlio di Re Carlo II d’Angiò) non riuscì a conquistare Scicli fermandosi al di fuori del “Castello dei Tre Cantoni”.

La seconda avvenne nel 1301, e ha come protagonista una flotta formata da navi da guerra angioine che salpò dall’attuale Donnalucata (o più verosimilmente Sampieri) dirigendosi verso ovest, ma al largo del tratto marittimo antistante il promontorio di Kamarina una tempesta fece affondare circa venti di queste imbarcazioni.

In questo periodo di guerra compreso tra la fine del 1200 e l’inizio del 1300 in cui il Regno di Sicilia appartenne agli aragonesi, il 25 Marzo 1296 venne fondata la “Contea di Modica” che fu uno dei più importanti feudi dell’Italia meridionale che apparteneva sempre al Regno di Sicilia.

Questa contea che comprendeva l’importante città di Scicli, venne retta dalle famiglie Mosca (1283 – 1296), Chiaramonte (1296 – 1392), Cabrera (1392 – 1480) e Enriquez – Cabrera (1481 – 1742), che si fregiarono tutte del titolo di “Conti di Modica”.

Nella seconda metà del 1300 ai piedi di un’altura posta a nord del Colle San Matteo, da Noto (SR) venne a vivere un eremita, Guglielmo Buccheri (noto anche come Guglielmo “Cuffitedda” ).

Egli un tempo fu scudiero di Re Federico III d’Aragona di Sicilia, e la sua notorietà fu dovuta al fatto che rifiutò ricche ricompense da parte del suddetto sovrano che egli stesso salvò dall’attacco di un cinghiale durante una battuta di caccia.

Guglielmo Buccheri al prestigio e alla ricchezza preferì la vita da eremita all’interno alcune caverne note come “Celle del Crocifisso” ubicate presso l’antica Noto, condividendo per un breve periodo l’eremitaggio con il futuro patrono della città netina “San Corrado Confalonieri”.

L’eremita netino poi dimorò a Scicli dove, secondo la tradizione locale, operò diversi miracoli prima di morire il 4 Aprile del 1404.

Il “Beato Guglielmo Buccheri” venne da allora venerato col titolo di “Patrono” assieme alla “Madonna delle Milizie”, e sul luogo in cui visse venne costruita una cappella che oggi è adiacente all’attuale Chiesa di Santa Maria la Nova.

L’eremita netino venne poi tumulato presso la Chiesa Madre di San Matteo, mentre oggi le sue reliquie sono poste all’interno dell’odierna Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola.

Nei secoli 1300, 1400 e per buona parte del 1500, Scicli si espanse verso ovest lungo le vallate solcate dalla Fiumara di Modica e dai suoi due affluenti (le Cave di San Bartolomeo e Santa Maria la Nova adiacenti al Colle San Matteo), comportando un certo sviluppo economico e la costruzione di nuovi edifici nobiliari ed ecclesiastici.

Tra essi va citata la Chiesa di San Bartolomeo Apostolo, adiacente al sito rupestre di Chiafura, che era ancora sede di abitazioni rupestri in cui dimoravano varie famiglie.

Vennero costruite anche le attuali Chiese di Santa Maria della Consolazione, di San Giovanni Evangelista e del Carmine.

In questo periodo inoltre a Scicli viveva una folta comunità ebraica, a cui appartenevano circa tre sinagoghe (due poste sul Colle San Matteo, e una presso il quartiere Altobello).

Questa comunità visse a Scicli fino al 1492, anno in cui tutti coloro di fede ebraica vennero espulsi dalla Sicilia in seguito al “Decreto dell’Alhambra” redatto del Re Ferdinando II d’Aragona e dalla Regina Isabella di Castiglia (allora sovrani dell’isola siciliana), con cui veniva decretata appunto l’espulsione dal suolo siciliano di chi professava la fede giudaica.

Dal 1500 in poi, durante il periodo del Vicereame di Sicilia (alle dipendenze dell’Impero degli Asburgo di Spagna), la costa sciclitana così come l’intero litorale siciliano, venne munita con varie torri di avvistamento comprendenti fortezze militari che servivano per contrastare gli assalti marittimi condotti dai saraceni.

Tra esse va citata la “Torre” posta in prossimità della borgata marinara di Donnalucata che appartenne ai Baroni Miccichè (tuttora esistente).

Anche a Sampieri era posta una fortificazione simile, che con molta probabilità era ubicata in Contrada Torre Samuele.

Dal 1535 fino al 1754, Scicli fu inoltre sede di una delle dieci sergenzie (circoscrizioni militari) della Contea di Modica.

In questo periodo visse anche il banchiere e filantropo Pietro Di Lorenzo detto “Busacca”, che diede in beneficenza tutto il suo patrimonio alle confraternite religiose di Santa Maria la Nova e San Bartolomeo, istituendo così l’Opera Pia oggi nota come “Azienda Socio Sanitaria di Assistenza alla Persona” (tuttora in attività) che favorì la costruzione della Chiesa di Santa Maria la Nova e (qualche secolo dopo) anche dell’odierno Ospedale cittadino.

A tutto ciò si aggiunse anche la costruzione di altri edifici ecclesiastici e nobiliari.

Nel 1600 Scicli, malgrado gli attacchi saraceni che interessavano la costa e l’epidemia di peste del 1626 che ne decimò la popolazione, visse un periodo di prosperità economica che culminò con un certo risveglio culturale.

Infatti in questo periodo vissero ed operarono vari uomini di cultura.

Tra essi citiamo Fra’ Mariano Perello e il notaio Giuseppe Di Lorenzo.

Fra’ Mariano Perello fu un religioso ma anche uno dei primi “studiosi” ad interessarsi delle origini di Scicli.

Infatti egli cominciò a studiare le origini della cittadina sciclitana, accreditandone erroneamente l’origine al sopracitato sito di Kasmenai.

Il notaio Giuseppe Di Lorenzo invece nella data del 15 Marzo 1665 presso l’archivio del Castello dei Tre Cantoni (allora esistente), scoprì i manoscritti medievali forse risalenti al secolo 1200 noti come “Codici Sciclitani” nei quali sono narrate le origini del culto alla “Madonna delle Milizie” del 1091, e il ritrovamento della statua “Madonna della Pietà” avvenuto nel Marzo del 1111.

Tutto ciò che era trascritto venne copiato dal notaio in un’agenda, che a sua volta ritrovata nel 1878 presso l’archivio dell’Arciconfraternita di Santa Maria la Nova.

Ciò che è stato trascritto risalirebbe al periodo medievale ed è stato oggetto di approfonditi studi condotti da vari grafologi e storici tra cui citiamo i netini Padre Corrado Sbano (che analizzò una copia dei manoscritti effettuata da Guglielmo Pinsero, membro dell’Arciconfraternita di Santa Maria la Nova, che inviò al prete originario di Noto) e Corrado Avolio, il tedesco Wilhelm Kupsch e l’ispicese Melchiorre Trigilia.

L’autenticità dei manoscritti ha però suscitato lo scetticismo degli studiosi Michele Catalano e Giuseppe Cusimano.

Comunque sia, se confermata l’autenticità dei Codici Sciclitani (ancora in fase di studio), essi sarebbero compresi tra le più antiche forme di “siciliano scritto” esistenti (per saperne di più clicca qui).

Tornando alla storia di Scicli durante il secolo 1600, in in seguito al lascito testamentario dei baroni Miccichè, venne costruito il Convento dei Gesuiti con l’attigua Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola.

L’11 Gennaio del 1693 Scicli venne interamente distrutta dal terribile terremoto che sconvolse tutta l’area del Val di Noto corrispondente alla cuspide sudorientale della Sicilia.

La cittadina sciclitana, che era uno dei più fiorenti centri della Contea di Modica, venne completamente rasa al suolo ed il numero di coloro che morirono sotto le macerie fu molto alto (circa 2000 vittime).

Nonostante tutto ciò i sopravvissuti si fecero animo e cominciarono a spostarsi più a valle in prossimità della Fiumara di Modica, ma non abbandonando il sito cittadino posto sotto il Colle San Matteo.

Infatti esso verrà ricostruito in maniera esemplare durante il secolo 1700, divenendo uno dei principali centri urbani in stile tardo barocco dell’area del Val di Noto.

Dal 1700 ad oggi

Dopo il sisma dell’11 Gennaio 1693, Scicli ovviamente si presentava come un cumulo di macerie, e per la redazione di un piano di ricostruzione della cittadina sciclitana si dovette attendere alcuni anni.

Inoltre per finanziare i lavori vennero impegnati vari “tesori”, come ad esempio l’arca argentea in cui erano riposte le reliquie del “Beato Guglielmo Buccheri” (rinvenuta sotto le macerie della Chiesa Madre di San Matteo).

Dopo le difficoltà iniziali a cui si aggiunse anche un’epidemia di vaiolo tra il 1709 e il 1710, la cittadina cominciò ad essere man mano ricostruita in chiave barocca.

Al processo di ricostruzione che durò fino ai primi anni del 1800, parteciparono vari architetti e capomastri di cui vanno citati Fra’ Alberto Maria di San Giovanni Battista, Costantino Iacitano, Giuseppe Fama, Michelangelo Alessi, Pietro Cultraro, Vincenzo Sinatra, Mario Spada, Simone Caccamo Blandano, Salvatore Alì, Antonino Mazza e Giuseppe Venanzio Marvuglia.

Le famiglie nobiliari sciclitane, tra le quali vanno citate quelle dei baroni Penna e Beneventano, fecero ricostruire i loro palazzi residenziali in elegante stile tardo barocco.

Anche le chiese tra cui quelle pubbliche e quelle conventuali, vennero totalmente ricostruite presentando uguale eleganza.

Inoltre, con la conseguente ricostruzione cominciarono a rifiorire anche le attività lavorative e culturali cittadine.

Nel 1800 Scicli era in gran parte ricostruita, e in questo periodo di tempo anche il borgo marinaro di Donnalucata che un tempo faceva parte di un’area feudale di proprietà dei frati Gesuiti, cominciò ad assumere una discreta importanza.

Dal 12 Dicembre 1816 Scicli non fece più parte della Contea di Modica in seguito all’abolizione del feudalesimo in Sicilia, avvenuta in seguito all’annessione dell’isola siciliana al Regno delle Due Sicilie retto dai Borbone di Napoli.

La città sciclitana fece quindi parte del Distretto di Modica appartenente alla Provincia di Siracusa, il cui capoluogo venne però spostato a Noto nel 1837.

Negli anni 1840 venne inoltre redatto il piano urbanistico di Donnalucata, venne costruita la strada che collegava Scicli a questa località marinara, e venne sistemato anche l’approdo marittimo che venne utilizzato dai pescatori locali e per l’attracco di varie imbarcazioni.

Dal 15 Maggio 1844 Scicli appartenne alla “Diocesi di Noto”, staccatasi dall’Arcidiocesi di Siracusa che in passato comprendeva gran parte delle attuale Sicilia sudorientale.

Durante il periodo risorgimentale, a Scicli era attivo un comitato antiborbonico presieduto da Agostino Beneventano (appartenente alla famiglia degli omonimi baroni), a cui partecipavano varie categorie di cittadini sciclitani.

Nel 1861 dopo la “Spedizione dei Mille” in Sicilia (a cui parteciparono anche vari sciclitani) e la conseguente Proclamazione del Regno d’Italia, e per buona metà della seconda metà del secolo 1800, Scicli e la limitrofa Donnalucata che facevano parte del “Circondario di Modica” appartenente alla Provincia di Siracusa, ebbero un discreto sviluppo urbano redatto da vari architetti.

Tra loro citiamo lo sciclitano Bartolomeo Emmolo e il catanese Filadelfo Fichera.

In questo periodo vennero ritrovati i sopracitati “Codici Sciclitani” e fu edificata la Chiesa di Santa Caterina a Donnalucata.

Ma alcuni edifici storici vennero demoliti, e tra essi citiamo la “Chiesa di Santa Maria la Piazza” posta un tempo presso l’imbocco orientale della Via Mormina Penna, e il Monastero della Concezione posto presso l’odierna Piazza Italia.

Il 23 Dicembre del 1891 vennero inaugurate la Stazioni di Scicli e Sampieri, fermate ferroviarie della linea “Siracusa – Ragusa – Gela – Caltanissetta Xirbi”, 

Nei primi decenni del 1900 lo sviluppo urbano di Scicli si espanse verso la Fiumara di Modica, culminando con la costruzione del Palazzo Comunale e dell’Ospedale Busacca (avvenute rispettivamente nel 1906 e nel 1908).

La costruzione dell’ospedale sciclitano venne finanziata grazie all’Opera Pia che oggi è nota come “Azienda Socio Sanitaria di Assistenza alla Persona”, istitutita nel secolo 1600 dal filantropo Pietro Di Lorenzo detto appunto “Busacca”.

Durante i primi anni del 1900 furono in molti gli sciclitani che emigrarono in America, mentre coloro che rimanevano continuavano ad essere impiegati in lavori di tipo agricolo – pastorale o artigianale.

In questo periodo le grotte di Chiafura risultavano ancora abitate.

Vi fu un considerevole sviluppo industriale con la costruzione della “Fornace Penna” presso la scogliera di Punta Pisciotto a Sampieri.

Dentro questo stabilimento venivano prodotti laterizi che venivano inviati principalmente in Libia tramite un limitrofo approdo marittimo, riconducibile al sopracitato porto del periodo arabo situato in territorio sciclitano.

Vennero sfruttati anche i giacimenti di asfalto posti al confine con i territori di Modica e Ragusa presso le Contrade Castelluccio e Streppenosa poste a meridione del Fiume Irminio.

Poco più a sud di quest’area, tra le Contrade San Biagio e Truncafila  vi era una fiorente estrazione di pietra iblea calcarea utilizzata per la fabbricazione di macine da frantoio.

L’inizio della I guerra mondiale culminato con la partecipazione dell’Italia a questo conflitto che avvenne nel 1915, comportò una massiccia chiamata alle armi che interessò anche la maggior parte dei giovani sciclitani, che a quel tempo rappresentavano la principale forza lavoro cittadina.

Venendo a mancare questa risorsa lavorativa, la città andò incontro ad un declino economico.

Ma ancor più grave fu il fatto che tanti sciclitani, inviati al fronte per combattere contro l’esercito austroungarico, morirono in guerra o ritornarono gravemente feriti e / o mutilati.

Dopo il primo conflitto mondiale, iniziò il periodo fascista durante gli anni 1920 e 1930 in cui presso Scicli vennero apportati notevoli miglioramenti come la costruzione delle reti elettriche, delle telecomunicazioni e idrico – fognarie, e di vari interventi di risistemazione del centro urbano a cura di vari architetti locali tra cui lo sciclitano Ignazio Emmolo (che progettò anche la celebre “Fornace Penna” di Sampieri).

Di questi interventi va citata la copertura dei tratti urbani dei Torrenti Santa Maria la Nova e San Bartolomeo, avviata in seguito ai progetti degli ingegneri Guglielmo Emmolo e Salvatore Scimone – Mormina, e completata nel 1932.

Essa tuttora incanala i corsi di questi torrenti sotto il centro storico cittadino, proteggendolo da eventuali alluvioni.

Tra esse va citata l’alluvione catastrofica avvenuta a Modica il 26 Settembre 1902 che, a causa dell’esondazione dell’omonima “Fiumara” che scorre lungo il Vallone Fiumelato, causò moltissimi danni e numerose vittime all’interno della città modicana.

Ovviamente questo era un periodo di dittatura, durante il quale si contraddistinse l’operato del pastore metodista nonché sindaco della cittadina Lucio Schirò (originario di Altofonte in Provincia di Palermo).

Egli era noto per i suoi ideali socialisti esposti durante i primi anni del 1900, ed ebbe di conseguenza idee antifasciste essendo però oggetto di intimidazioni e attentati che lo costrinsero a dimettersi dalla sua carica di sindaco (riacquistata poi dal 1944 al 1947).

Dal 2 Gennaio 1927 Scicli fece parte della “Provincia di Ragusa” (dal 4 Agosto 2015 “Libero Consorzio Comunale di Ragusa”) grazie al decreto redatto dal politico ragusano Filippo Pennavaria, con l quale i comuni dell’ex “Circondario di Modica” che facevano un tempo parte della Provincia di Siracusa, cominciarono a far parte della nuova provincia iblea il cui comune capoluogo divenne appunto Ragusa.

Nel 1940 scoppiò la II guerra mondiale che vide Scicli proiettata all’interno del teatro di guerra sul Mare Mediterraneo, subendo di conseguenza gravi conseguenze.

Innanzitutto la chiamata alle armi dei giovani sciclitani comportò ciò che avvenne durante il conflitto del 1915 – 1918.

A ciò si aggiunsero i bombardamenti angloamericani sul territorio sciclitano e la sua costa, che arrivarono a colpire anche la stessa cittadina.

Ancora oggi possiamo ammirare le fortificazioni militari appartenenti all’esercito italiano (avverso a quello angloamericano), dislocate lungo il territorio sciclitano.

Il culmine di ciò venne raggiunto il 10 Luglio 1943 con lo sbarco angloamericano in Sicilia, che comportò più avanti la liberazione della Sicilia e l’Italia meridionale dal fascismo in seguito all’Armistizio di Cassibile (3 Settembre 1943).

Dopo il secondo conflitto mondiale che aveva lasciato profonde ferite, partì la ricostruzione della città sciclitana durante gli anni 1950 e 1960, che cominciò man mano a rifiorire.

Durante tutto ciò il quartiere rupestre di Chiafura ospitaa ancora molta gente, che per l’appunto viveva all’interno delle case – grotta poste sulla parete sudorientale del Colle San Matteo.

Nel Maggio 1959 l’area rupestre venne studiata ed esplorata da un gruppo di intellettuali provenienti da Roma facenti capo al partito comunista italiano, che vennero inviati a Scicli dall’onorevole Luciano Pajetta per poter constatare le condizioni di coloro che dimoravano all’interno di queste caverne.

Tra loro vanno citati il pittore bagherese Renato Guttuso, il noto scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, lo scrittore Carlo Levi, e i docenti nonché politici Antonello Trombadori, Paolo Alatri e Maria Antonietta Macciocchi.

In seguito alla costruzione del moderno quartiere noto come “Villaggio Jungi” posto a sud del centro storico avvenuta nel 1957, a partire dagli anni 1960 in questa medesima area residenziale poco distante dalla Fiumara di Modica vennero collocati coloro che abitavano presso le case – grotta di Chiafura.

Grazie all’inizio delle coltivazioni in serra e alla collocazione di piccole industrie manifatturiere oltre al movimento turistico verso le località marine di Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri (che anch’esse ebbero un interessante sviluppo urbanistico).

Durante gli anni 1960, 1970 e 1980 l’economia di Scicli risultava piuttosto fiorente, anche se molte famiglie continuavano ugualmente ad emigrare altrove (nelle regioni settentrionali dell’Italia o nel nord Europa).

Nel decennio 1980 un gruppo di artisti (tra cui vanno citati lo sciclitano Piero Guccione e il romano Franco Sarnari) danno vita al “Gruppo di Scicli”, una formazione di artisti locali che presso la cittadina sciclitana cominciò a proporre interessanti opere d’arte contemporanea (per saperne di più www.ilgruppodiscicli.it).

Negli anni 1990 e 2000 vi fu un discreto sviluppo economico, e ciò avvenne tramite l’adeguamento delle vie di comunicazione per Scicli e per le sue frazioni marittime.

E ciò comportò la nascita di fiorenti attività economiche legate al settore agricolo – zootecnico, all’artigianato locale e al turismo, facilitate anche grazie alle nuove tecnologie e ad internet.

Grazie a ciò la cittadina sciclitana e il suo territorio godono di una immensa fama che ne fa di essa uno dei principali centri del ragusano, andatasi ad amplificare grazie all’iscrizione alla lista dei “Luoghi Patrimonio dell’Umanità” dell’Unesco (avvenuta nel Giugno del 2002).

E inoltre Scicli divenne pure scenario di varie riprese cinematografiche di film e telefilm di vario tipo, tra cui la nota serie televisiva del “Commissario Montalbano”.

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Scicli oggi; economia, turismo e cultura, personaggi famosi

Economia

Scicli è una delle principali città della Provincia di Ragusa, caratterizzata da fiorenti attività economiche legate al settore agricolo – zootecnico e artigiano – manifatturiero.

Unitamente a ciò, anche i servizi turistici, ricettivi e culturali rappresentano una principale risorsa economica.

L’agricoltura è una delle principali risorse economiche di Scicli grazie alla coltivazione dell’autoctono Fagiolo “Cosaruciaru”, il principale prodotto d’eccellenza sciclitano divenuto “Presidio Slow Food” per le sue caratteristiche (si tratta di un legume avente un particolare sapore dolce da cui deriva l’appellativo “Cosaruciaru” ).

A ciò si aggiungono le coltivazioni serricole di varie primizie poste in prossimità del litorale (presso le frazioni di Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri) tra cui vanno citati pomodori (delle varietà “Ciliegino”, “Datterino”, “Costoluto”, “Grappolo”, “Tondo Liscio” e “Piccadilly”), melanzane, peperoni, zucchine, angurie e meloni.

Tra le colture da campo, oltre al Fagiolo “Cosaruciaru” vanno citati anche altri tipi di legumi (fave, ceci, fagiolini, lenticchie), cereali (in maniera particolare frumento di grano duro tra cui varietà di “Grani Antichi Siciliani”), colture ortive (lattuga, cicoria, finocchi, patate, carote, spinaci, carciofi ecc…).

Tra le coltivazioni arbustive ed arboree vanno citate uva da vino, olive da olio, mandorle, carrube e di vari alberi da frutto quali agrumi (arance e limoni), pesche, fichi, gelsi, prugne, susine.

Sono diffuse la raccolta e il commercio di Fichi d’India e di verdura selvatica tra cui citiamo asparagi selvatici, senape dei campi, bietole selvatiche e borragine.

Inoltre è ampiamente diffusa la coltivazione di erba – foraggio, utilizzata per la produzione di mangimi per animali.

Durante il periodo autunnale vengono raccolti anche Funghi di Carrubo.

Degno di nota è il settore vivaistico – floreale, specializzato nella coltivazione di varie piante ornamentali.

Il settore zootecnico è contraddistinto dall’allevamento di bovini da latte di razza modicana, ovini (pecore e capre) sempre da latte, equini (asini e cavalli), polli da carne, galline ovaiole, tacchini e vari animali da cortile (conigli, anatre, oche, pavoni ecc…).

Presso Donnalucata (in cui è presenta un piccolo ma importante Mercato Ittico presso il locale approdo marittimo) e Sampieri, è diffusa la pesca di varie specie ittiche marine tra cui: tonni, pesci spada, dentici, sgombri, sauri, mormore, orate, ricciole, cefali, pagelli, scorfani, naselli, cernie, spigole, saraghi, acciughe, aragoste, astici, gamberi, scampi, cicale di mare, polpi, calamari, totani e seppie.

Il settore industriale sciclitano è rappresentato da piccole aziende dislocate tra la cittadina sciclitana e la sua fascia costiera.

Le ditte presenti in territorio sciclitano sono perlopiù di tipo alimentare, e sono specializzate nella trasformazione dei prodotti agricolo – zootecnici.

Tra esse citiamo caseifici per la produzione di formaggi e latticini, oleifici dove viene prodotto ottimo olio d’oliva, e mangimifici.

A ciò si aggiungono aziende artigianali in cui si producono conserve di vario tipo, prodotti da forno e dolciumi.

Altre attività industriali presenti nel territorio sciclitano sono rappresentate da aziende in cui vengono prodotti e commercializzati materiali per l’edilizia (in particolare laterizi, infissi e serramenti), oltre a quelle specializzate nel montaggio e nella manutenzione degli impianti serricoli.

Gode di una discreta importanza il settore estrattivo, contraddistinto da giacimenti di argilla posti tra le Contrade San Biagio e Truncafila.

Va citato anche il fiorente settore commerciale presso Scicli e Donnalucata comprendente vari esercizi commerciali, a cui si aggiungono anche aziende specializzate nella fornitura di servizi telematici e multimediali.

Turismo e cultura

Il settore turistico a Scicli è in consistente crescita per la notorietà del centro abitato ibleo dovuta ai suoi edifici in stile barocco, che nel Giugno 2002 sono stati iscritti nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco.

Ciò è anche dovuto al fatto che il centro storico cittadino è stato ed è tuttora teatro di varie riprese cinematografiche, tra cui anche quelle del noto telefilm “Il Commissario Montalbano” che svolge la funzione di richiamo turistico per la cittadina sciclitana e per i centri limitrofi (Modica, Ragusa, Punta Secca ecc… oltre alla frazione sciclitana di Donnalucata), presso i quali cui vengono effettuate le riprese cinematografiche del suddetto.

Ovviamente anche le limitrofe località balneari di Donnalucata, Plaja Grande, Cava d’Aliga, Bruca, Arizza, Spinasanta e Sampieri richiamano molti turisti, specie durante il periodo estivo.

Anche le festività religiose in cui si tengono i riti della “Cavalcata di San Giuseppe”, della processione del “Cristo Risorto” (noto come “U Gioia” ), della rappresentazione della “Madonna delle Milizie” e le varie festività estive che vengono celebrate presso le località marittime, attraggono molti visitatori presso la cittadina sciclitana. 

Infatti presso Scicli e le limitrofe frazioni sono sorte molte strutture ricettive (alberghi, villaggi turistici, bed & breakfast, case vacanza ecc…), affiancate da bar, ristoranti, pizzerie ecc… in cui si possono degustare vari piatti tipici della cucina locale.

A pari passo del turismo, a Scicli vi sono anche fiorenti attività culturali legate alla storia della cittadina sciclitana e ai suoi monumenti ed attrazioni naturalistiche ed archeologiche, comprendenti lo svolgimento di numerosi eventi (mostre artistiche ed etnoantropologiche, spettacoli, visite guidate, escursioni ecc…).

Oltre a ciò vi sono vari istituti scolastici specializzati in vari tipi di formazione (tra cui quella artistico – musicale).

Personaggi famosi

A Scicli sono legate le seguenti personalità: il “Beato Guglielmo Buccheri” (originario di Noto ma che visse il resto della sua vita a Scicli), il filantropo Pietro Di Lorenzo “Busacca”, gli architetti Fra’ Alberto Maria di San Giovanni Battista e Costantino Iacitano, gli storici Fra’ Mariano Perello, Giovanni Pacetto, Antonino CariotiQuintino CataudellaValentino Gerratana, il politico e scrittore Francesco Mormina Penna, gli architetti Ignazio e Guglielmo Emmolo, il compositore Federico Borrometi (originario di Modica), la religiosa Suor Ermelinda Jannitto, i pittori Piero Guccione e Franco Sarnari (quest’ultimo originario di Roma) e infine il cantante Max Gazzè (il cui padre è originario di Scicli).

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Guida turistica di Scicli
(clicca sui link per visualizzare i luoghi da visitare)

Il centro urbano della città di Scicli comprende una vasta area periferica che va a circondarne i quartieri più antichi collocati in prossimità dei tre rilievi collinari noti come “Monte Campagna” a nordest, “Colle San Matteo” ad est e “Colle della Croce” a sudest, solcati dalle Cave Santa Maria la Nova e San Bartolomeo all’interno delle quali scorrono gli omonimi torrenti incanalati sotto il centro urbano sciclitano, ma che più ad ovest si immettono lungo la Fiumara di Modica.

A nord tramite la Via San Nicolò accediamo all’area periferica del quartiere “San Nicolò – Carcere”, e da qui tramite la Via Cristoforo Colombo, lambiamo la parte nordoccidentale della periferia sciclitana collocata lungo il quartiere “Modica – Scicli” che prende il nome dalla limitrofa Fiumara di Modica (nota anche come “Torrente Modica – Scicli”).

Da qui tramite la Via Ospedale, collocata presso l’omonimo quartiere, scavalcando la Fiumara di Modica possiamo raggiungere la costruzione in stile liberty sede dell’Ospedale “Busacca” (la principale struttura sanitaria della città sciclitana).

A poca distanza sono poste le rovine del Convento di Sant’Antonino, costruzione monastica un tempo appartenente ai monaci francescani ma che oggi è in buona parte diroccata.

Tramite la Circonvallazione Ovest di Scicli, attraversiamo la sua periferia sudoccidentale arrivando presso il quartiere periferico noto come Villaggio Jungi, posto su di un’altura che domina la Fiumara di Modica, attraversato dal Viale 1 Maggio in prossimità della Piazze Lenin e Olimpiadi in cui sono posti gli impianti sportivi sciclitani.

Qui possiamo ammirare la moderna Chiesa del Santissimo Salvatore, il Viale dei Fiori, la Piazza Filippo Scrofani, la Via Vitaliano Brancati e il Mercato Rionale di Scicli.

Il Centro storico di Scicli è posto a ridosso dei tre sopracitati siti collinari ed è suddiviso in vari quartieri.

A nordovest vi è il Corso Umberto I che delimita il quartiere noto come “Strada Nuova”, ma anche l’area del Quartiere Valverde a sua volta attraversato dalla Via Valverde su cui si affaccia la Chiesa di Santa Maria degli Angeli annessa all’ex Convento delle Clarisse.

A sudovest è posto il Quartiere San Leonardo chiamato così per la presenza dell’omonima (e non più esistente) chiesa, attraversato da Via dei Lillà, in cui è posta la Stazione Ferroviaria di Scicli.

A sud è posto il Quartiere Fatima, corrispondente alla cuspide meridionale del centro storico sciclitano, chiamato così per la presenza della moderna Chiesa di Santa Maria di Fatima.

A sudest vi è posto il Quartiere Villa solcato dalla Via Nino Bixio, chiamato così per la presenza della Villa “Penna”, la principale area di verde pubblico cittadina all’interno della quale è posta la settecentesca Chiesa con il Convento dei Frati Cappuccini, oltre al novecentesco Palazzo delle Scuole Vecchie.

A poca distanza vi è ubicato il Quartiere Piano dell’Oliveto delimitato dalla Piazza Giacomo Matteotti, in cui possiamo ammirare il Palazzo Sgarlata in stile liberty e il neoclassico Palazzo Di Benedetto noto anche come “Palazzo Rosso”.

Da qui imbocchiamo il Corso Giuseppe Garibaldi con l’adiacente Piazza Risorgimento che conduce nel cuore del centro storico sciclitano, potendo ammirare la Piazza Giuseppe Mazzini collocata nel quartiere noto come “Tre Pizzi”, l’adiacente Quartiere Badiula e la Via Tagliamento sotto la quale vi è incanalata buona parte del Torrente San Bartolomeo.

Poco più a nord vi è posto il Quartiere Logge.

Il cuore del centro storico sciclitano in cui sono poste le sue aree principali, comprende nella sua parte meridionale il Quartiere Piazza Italia noto in passato come “Fontana” dato che qui scorreva il Torrente San Bartolomeo prima di essere incanalato sotto quest’area cittadina.

Qui possiamo ammirare l’area verde di Largo Antonio Gramsci, la Piazza Italia che è la principale della città di Scicli in cui oltre al limitrofo Colle San Matteo possiamo ammirare a sud Cinema Teatro italia.

A sudest vi sono il Palazzo Mormina – Massari e il Palazzo Mormina – Penna sorto sul sito dell’ex Convento della Concezione (entrambi in stile neoclassico) e il Palazzo Fava in elegante stile barocco collocato a nordest.

A nord vi è il neoclassico Palazzo Penna – Musso – Iacono, a nordovest è posta la settecentesca Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola in elegante stile barocco consacrata ai culti del “Beato Guglielmo Buccheri” e della “Madonna delle Milizie” (al posto dell’ex Chiesa Madre di San Matteo Apostolo posta sul Colle San Matteo) e colma di interessanti opere d’arte, adiacente all’edificio sorto al posto dell’Ex Convento dei Frati Gesuiti (attuale “Scuola Lipparini”) a cui l’edificio sacro apparteneva.

Infine a sudovest è posto il neoclassico Palazzo Scrofani.

A nord della Piazza Italia, lungo il Corso Mazzini, vi sono l’Ex Mercato di Scicli (posto presso il retro dell’ex convento gesuitico) e la Chiesa di Santa Maria di Gesù con l’annesso convento – orfanotrofio intitolato al religioso “Padre Gabriele Rio”.

Ad oriente di Piazza Italia a ridosso delle pendici del Colle della Croce, è posto il Quartiere Altobello, in cui possiamo ammirare l’Ex Collegio del Ritiro posto presso il Palazzo Ribera (edificio di epoca cinquecentesca), la piccola Chiesa di Santa Maria Maddalena, un’artistica Edicola Votiva barocca posta lungo la Via Peralta.

Degne di nota le Scalinate del quartiere, e la Via Altobello su cui si affacciano vari siti rupestri oltre al cinquecentesco Palazzo Terranova – Cannariati.

Poco più a sud di quest’area vi è il Quartiere San Giuseppe solcato dalla Via San Giuseppe oltre che da interessanti vicoli e scalinate.

Qui possiamo ammirare la barocca Chiesa di San Giuseppe consacrata al culto del “Santo Padre di Cristo”.

Ad est della Piazza Italia vi è il pittoresco Quartiere San Bartolomeo ubicato nel tratto urbano della cavità posta tra i Colli San Matteo (a nord) e della Croce (a sud) in cui scorre il torrente incanalato sotto la città sciclitana che prende il nome da quest’area, posto a poca distanza dal sito rupestre noto come “Chiafura”.

Il toponimo del quartiere deriva dalla tardo barocca Chiesa di San Bartolomeo Apostolo, una delle più belle della città sciclitana colma di interessanti opere d’arte sacra.

Qui possiamo ammirare anche le Case – Grotta lungo la Via Guadagna, il sito della non più esistente Chiesa di Santa Margherita e il Museo in grotta “A Rutta ri Ron Carmelu”.

A nord di Piazza Italia è posto il piccolo ma non meno interessante Quartiere Loreto – San Pietro, in cui vi sono poste l’Ex Chiesa di Santa Maria di Loreto, i basamenti di una Torre Medievale e l’Ex Chiesa di San Pietro Apostolo di tipo semi rupestre.

A nordovest di Piazza Italia è posto il Quartiere Beneventano comprendente la Via Matrice (che conduce al limitrofo Colle San Matteo) e l’area nota come “Maestranza Vecchia”, solcato dalla Via Duca d’Aosta.

Qui sono ubicati il Palazzo Penna in stile neoclassico, e soprattutto il settecentesco Palazzo Beneventano considerato come uno dei palazzi tardo barocchi più importanti della Sicilia sudorientale, che da il nome al corrispettivo quartiere.

Dalla Piazza Italia imbocchiamo poi la Via Nazionale, strada che mette in collegamento le aree meridionali con quelle settentrionali del centro storico di Scicli, attraversando il quartiere noto come “Maestranza Nuova” in cui è posto il sito dell’ex Chiesa di Santa Caterina.

Da qui imbocchiamo ad ovest la Via Francesco Mormina Penna posta presso l’ex quartiere noto come “Santa Maria la Piazza”, che è la principale via di passeggio del centro storico sciclitano colma di locali di ritrovo, oltre ad esserne la “strada barocca” in quanto vi si trovano gran parte degli edifici settecenteschi divenuti nel 2002 “Patrimonio dell’Umanità” Unesco.

Il tratto iniziale della strada inizia presso la Piazza Municipio, spiazzale sorto dopo la demolizione della Chiesa di Santa Maria la Piazza in cui possiamo ammirare il Palco della Musica, ma soprattutto il novecentesco Palazzo Comunale della città sciclitana in stile liberty neogotico, sorto al posto del non più esistente Convento delle Benedettine.

A sinistra di esso è posta la barocca Chiesa di San Giovanni Evangelista facente parte del non più esistente edificio conventuale, al cui interno possiamo ammirare varie opere d’arte sacra, tra cui l’enigmatico dipinto del “Cristo di Burgos” noto anche come “Il Cristo in Gonnella”.

Di fronte è posta l’edificio al cui interno era ubicata l’Ex Chiesa di Sant’Andrea Apostolo.

Proseguendo possiamo ammirare il Palazzo Porcelli – Battaglia – Veneziano – Sgarlata, il Palazzo Papaleo, il Palazzo Penna – Nicolaci – Mormina – Conti e il Palazzo Bonelli – Patanè caratterizzato all’interno da eleganti affreschi decorativi.

Menzione a parte merita il Palazzo Spadaro considerato come uno dei più eleganti edifici aristocratici della città di Scicli, caratterizzato da eleganti decorazioni barocche all’esterno e da affreschi e stucchi tardo neoclassici all’interno, comprendendo tra l’altro anche la “Farmacia Cartia” al cui interno è posto un interessante museo medico.

Al centro della Via Francesco Mormina Penna, è posta la barocca Chiesa di San Michele Arcangelo annessa all’Ex Convento di San Michele ospitante l’Opera Pia “Carpentieri” e il Museo del Costume Mediterraneo e della Cultura Materiale negli Iblei.

Di fronte a quest’ultimo edificio è posta la Galleria d’Arte Contemporanea “Koiné”.

Ad occidente della Via Francesco Mormina Penna vi è la Chiesa di Santa Teresa annessa all’Ex Convento delle Carmelitane, divenuta un sito espositivo all’interno del quale possiamo ammirare i pannelli affrescati provenienti dai Conventi della Croce e dei Cappuccini di Scicli.

Alla fine della Via Francesco Mormina Penna vi è la piccola ma interessante Piazza Nicola Calipari, presso la quale si affaccia la Galleria d’Arte Contemporanea “Quam”.

Poco più a nord di Via Francesco Mormina Penna vi è posta la parallela Via Spadaro che costeggia il retro del palazzo da cui prende il nome, dove possiamo raggiungere il Museo della Cavalcata di San Giuseppe e il Museo della Cucina Iblea.

A meridione di Via Mormina Penna è posto il Quartiere Fiumillo.

A nord della Via Francesco Mormina Penna è ubicato il Quartiere Fontana, solcato dal tratto urbano del Torrente Santa Maria la Nova e costeggiato dalla Via Aleardi, lungo la quale è posta l’Area espositiva “Mavie Spazio Arte”, il Palazzo Susino sede del Caffè Letterario “Vitaliano Brancati”, e il neoclassico Palazzo Favacchio.

Poco più a nord è posto il Quartiere Scifazzo in cui è posta l’Ex Chiesa di Sant’Antonio Abate.

A nord della Via Nazionale è posto il Quartiere Carmine, caratterizzato a meridione dal Palazzo Busacca in stile neoclassico sede dell’omonima Opera Pia, e dal Palazzo Di Benedetto in stile neogotico in cui ha sede la Galleria d’Arte “L’Androne”.

Al centro di questo quartiere è posta la Piazza Busacca, comprendente al suo esatto centro monumento al filantropo sciclitano Pietro Di Lorenzo (il cui soprannome era proprio “Busacca”), il neoclassico Palazzo Scimone ad est, mentre ad ovest vi è la barocca Chiesa del Carmine con l’attiguo Ex Convento dei Carmelitani.

A nordest del centro storico sciclitano è posto il Quartiere Santa Maria la Nova posto lungo la vallata in cui scorre l’omonimo torrente (in buona parte incanalato sotto il centro abitato, fatta eccezione per il tratto di Via Aleardi) delimitata a meridione dal Colle San Matteo e a nord dal Monte Campagna e dal Cozzo Santa Cassa, attraversato dalle Vie Santa Maria la Nova e Dolomiti.

A nordovest di quest’area lungo il tratto meridionale di Via Carcere, vi è la Piazza Armando Diaz su cui si affaccia il Palazzo Mormina, edificio neoclassico che in precedenza era sede della caserma dei Carabinieri di Scicli.

Andando verso est troviamo la monumentale Chiesa di Santa Maria della Consolazione, una delle più grandi chiese della città sciclitana contraddistinta da un interessante portale laterale, che è stata chiusa al culto da diverso tempo e oggi è divenuta sede di un laboratorio artistico nonché di un piccolo spazio espositivo dove possiamo ammirare la mummia di un cadavere appartenente ad una donna, nota come “La Regina dei Mori”.

A meridione di questa chiesa è posto il Largo dei Mille, da cui tramite la Via San Filippo possiamo raggiungere il Palazzo Montalbano.

A nordest di questo quartiere è posta la Chiesa di Santa Maria la Nova, monumentale edificio sacro che oltre a dare il nome a quest’area del centro storico (e alla limitrofa cavità iblea), consacrata al culto del “Cristo Risorto” (meglio noto come “U Gioia” ).

Dietro questa chiesa, lungo il tratto di una piccola cavità che si immette lungo il Torrente Santa Maria la Nova, è posto l’Eremo del Beato Guglielmo Buccheri all’interno del quale visse l’eremita netino divenuto “Patrono” della città sciclitana.

Lungo la Via Dolomiti possiamo ammirare il tratto inferiore della Galleria delle Cento Scale (all’interno della quale è stato collocato un Presepe artistico) e alcuni siti rupestri adiacenti, la Piazza Padre Pio e il Lavatoio di Scicli.

L’area settentrionale del centro storico di Scicli comprende il Quartiere San Nicolò – Carcere in cui possiamo ammirare ciò che rimane del Palazzo Di Lorenzo lungo il tratto nord di Via Nazionale all’interno delle quale è posto il “Mulino San Nicolò”, l’Ex Carcere di Scicli oggi sede della Biblioteca Comunale “Carmelo La Rocca” lungo la Via Carcere, e infine l’Abbeveratoio di Via San Nicolò.

Ad oriente del centro storico sciclitano sono poste le tre principali Aree collinari: il Colle del Rosario, il Colle San Matteo e il Colle della Croce.

Il Colle del Rosario, noto anche come “Monte Campagna”, è posto a nordest del centro storico sciclitano e sulle sue pendici è posto il Quartiere Rosario – Monte Campagna, collegato alla Via Nazionale e alla Piazza Busacca tramite varie Scalinate.

L’edificio più importante è la Chiesa del Rosario con l’annesso Convento Domenicano.

Degne di nota sono le aree rupestri di Monte Campagna e della limitrofa Contrada Balata.

Il Colle San Matteo è posto ad est della città di Scicli, andando a comprendere gran parte del Quartiere Matrice facente parte del centro storico sciclitano e dell’area appartenente al nucleo urbano medievale, che un tempo era collocato sulla sommità di questo rilievo collinare.

Ad oriente possiamo ammirare la Via Matrice e la Via Catena, strade pittoresche che dall’area a ridosso della Via Nazionale conducono alla Piazza Enrico Dandolo, dalla quale possiamo raggiungere la Scalinata di Via Tiziano e la Salita di Via San Matteo che conduce sulla vetta del sito collinare, mentre tramite la Via Zaccaria e la Scalinata di Via San Vito possiamo raggiungere il quartiere di Santa Maria la Nova.

Lungo la salita per il Colle San Matteo possiamo ammirare la Chiesa di San Vito Martire oggi sede del Museo Storico – Naturalistico degli Iblei, e percorrere la Via Bauso da cui possiamo raggiungere la Chiesa Rupestre di Santa Maria della Catena.

Sulla sommità del colle corrispondente all’antico nucleo medievale di Scicli, è posta l’Ex Chiesa Madre di San Matteo Apostolo, edificio sacro sconsacrato dalla seconda metà del 1800 utilizzato per vari eventi che da il nome al limitrofo sito collinare, dal cui sagrato possiamo ammirare un ottimo panorama della sottostante città sciclitana.

A poca distanza vi sono poste le rovine della fortezza medievale nota come Castellaccio, l’area in cui doveva essere posto l’ingresso della Strada Rupestre delle Cento Scale e la barocca Chiesa del Santo Spirito (sconsacrata) con il vicino Oratorio Rupestre.

Nel versante settentrionale del colle è posta la Chiesa di Santa Lucia, consacrata al culto della “Santa Siracusana”, e la limitrofa area in cui è ubicata la Grotta dello Steri.

Ad oriente vi sono poste le rovine del Castello dei Tre Cantoni, la principale fortezza militare della medievale città sciclitana.

A sudovest del colle vi sono la Cisterna Rupestre di Via Loreto e un interessante Sito Rupestre posto lungo le Vie Loreto, Timponello e Santa Margherita.

In quest’area era ubicato l’ingresso della galleria ormai non più esistente nota come Strada di Anselmo.

A sudest vi è il Quartiere Rupestre di Chiafura, uno dei siti storici più interessanti della città di Scicli composto da una moltitudine di “case – grotta” scavate nella roccia.

Inoltre sul Colle San Matteo sono poste molte altre Rovine risalenti ad epoche varie.

A sudest di Scicli è posto il Colle della Croce, presso le cui pendici settentrionali lambite dalla Via Guadagna e dalla S.P. 41 per Ispica sono poste varie Case – Grotta e Necropoli e la Chiesa Rupestre di Santa Maria di Piedigrotta.

Le pareti occidentali invece sono caratterizzate dalla presenza di un’Area Rupestre composta da varie case – grotta dislocata lungo i quartieri Altobello, San Giuseppe e San Marco.

La sommità del colle è raggiungibile dalla Salita composta dalle Vie San Marco, Mirabella e Baden Powell che delimita alcuni siti rupestri, e dalla quale si può accedere all’interessante Chiesa Rupestre del Calvario.

Sulla vetta del colle è posto l’ex Convento di Santa Maria della Croce comprendente la Chiesa cinquecentesca con l’attiguo sito monastico francescano in cui sono esposte copie degli originari affreschi (ora posti presso la Chiesa di Santa Teresa), l’Oratorio della Madonna di Sion e il misterioso sito rupestre della Grotta di Fra’ Giovanni Morifet.

A poca distanza vi sono la Cappella Medievale della Madonna della Grazia e la Cava di Pietra del Colle della Croce; infine vanno citate le varie Rovine Archeologiche dislocate lungo il sito collinare.

Scicli risulta circondata da un ampio territorio ibleo comprendente varie aree rurali, archeologiche e naturalistiche, oltre ad essere interessato dallo scorrimento di due importanti fiumi quale la Fiumara di Modica e il Fiume Irminio, oltre a vari corsi d’acqua minori.

A nordest vi è collocata l’altura del Cozzo Santa Cassa comprendente una necropoli rupestre, delimitata dalla Cava di San Guglielmo e soprattutto dalla Cava di Santa Maria la Nova, presso la quale sono posti vari siti rupestri, di cui il più noto è quello delle “Rutti Pirciati”.

Più a valle vi è l’area iblea dei Colle del Rosario.

A settentrione di Scicli vi sono la Contrada Milocca posta in prossimità di una breve cavità. e l’area iblea della Contrada Spana.

Ad est è collocato il Colle San Matteo con le sue aree archeologiche limitrofe, adiacenti alle Contrade Torre Palombo, Catenazzello – Cardacia e Rao.

Al confine col territorio di Modica vi sono le aree iblee di San Giovanni lo Pirato in cui possiamo ammirare una scuola in stile liberty, e di Contrada Quartarella.

A sudest del Colle San Matteo è posta l’ampia Cava di San Bartolomeo comprendente vari siti archeologici, con l’adiacente Cozzo San Bartolomeo sotto al quale è posto il Vallone Purromazza.

Nelle vicinanze vi sono le aree iblee delle Contrade Alì – Cannamara e Guadagna (in cui è posta una tenuta feudale), il rilievo ibleo del Cozzo Chiesa, e la Cava Labbisi in cui scorre il Torrente Petraro.

L’area sudorientale del territorio ibleo sciclitano corrispondente alla cuspide del Colle della Croce, presenta anche una Torre Medievale oggi divenuta sede di struttura ricettiva.

Il limitrofo altopiano comprende le aree iblee formate dalla Contrada Piano San Marco e l’area formata dalle Contrade Catteto – Piani e Passo Piano.

Qui possiamo ammirare anche la Villa Mormina e la Villa Alfieri.

Poco più a sud è posta l’area iblea di Piano Sant’Agata in cui possiamo ammirare la Villa San Marco, la Villa Scrofani e la neogotica Villa Ruben.

Da qui accediamo all’area iblea formata dalle Contrade Gerrantini – Barracche – Fontana Casale e alla Contrada Santa Rosalia, in cui è posta un’altra elegante tenuta feudale nota appunto come Villa Santa Rosalia.

A meridione di Scicli sono poste le aree iblee di Contrada Ritegno, Contrada Carcarazzo – Pagliarelli e di Contrada Imbastita.

Immediatamente a meridione di Scicli vi sono il Cozzo Pelato e le aree iblee di Contrada Gurgazzi, la Cava Pizzo di Cucco e la Contrada Genovese.

Ad ovest della città sciclitana oltrepassando la Fiumara di Modica, (a poca distanza dall’Ospedale Busacca) possiamo ammirare il monumentale Cimitero di Scicli, la Scala del Padreterno con la limitrofa Chiesa Rupestre di Santa Maria della Scala, e l’area iblea di Contrada Guardiola, da cui possiamo ammirare la più bella visuale panoramica della città di Scicli.

Da qui possiamo accedere all’area iblea di Contrada San Biagio – Truncafila comprendente la Chiesa dell’Eremo di San Biagio, il Pozzo del Giudeo, la Necropoli di San Biagio, una tenuta feudale appartenente un tempo ai baroni Mormina e infine le miniere di argilla di San Biagio e Truncafila.

A nordovest vi sono le aree iblee di Contrada Cufino, Contrada Cuturi con la limitrofa catacomba rupestre, e la cosiddetta “Casina Rossa” posta in Contrada Cozzo del Carmine (al confine con i territori di Modica e Ragusa), un tempo sede delle miniere di asfalto poste lungo il corso del vicino Fiume Irminio.

A sudovest lungo la Fiumara di Modica vi è l’area archeologica Loddieri – Grotta Maggiore in cui è posto l’omonimo sito preistorico, le vicine area di Contrada Palazzola – Licozia, l’adiacente Cava Marta e l’area iblea di San Francischiello.

Da citare anche l’area di Contrada Milizie – Gesuiti all’interno della quale è posto l’Eremo della Madonna delle Milizie, costruito sul luogo in cui secondo la tradizione locale avvenne la battaglia tra cristiani e saraceni, in cui sarebbe avvenuto il miracolo riguardante l’apparizione della “Madonna a cavallo” che condusse l’esercito cristiano alla vittoria.

L’estrema area sudoccidentale comprende le Contrade Bommacchia, Lincino – Fondo Oliva e il Vallone Piano Grande, corso d’acqua che sfocia presso la località balneare di Plaja Grande.

Il territorio ibleo sciclitano è attraversato dalla Fiumara di Modica, corso d’acqua fluviale che nasce nei pressi della città modicana, che scorre all’interno della cava iblea nota come “Vallone Fiumelato” fino a quando non sfocia nel Mare Mediterraneo presso la località balneare di Arizza. Lungo il corso di questo fiume vi sono varie aree naturalistiche ed archeologiche.

I vari tratti della Fiumara di Modica (da nord a sud) sono: Tratto “Modica – Cava Caitina e Ddieri – Conca del Santo”, Tratto “Cava Maria – Milocca”, Tratto “Mangiagesso – Cozzo Cavadduzzo – Sant’Antonino – Ronna Fridda”, Tratto “Fontanelle – Billiemi – Mendolilli – Scala del Padreterno”, Tratto “Scicli – Santa Maria la Nova – San Bartolomeo – Lavinaro degli Arcieri”, Tratto “Villaggio Jungi – Loddieri – Grotta Maggiore – San Francischiello”, Tratto “Cozzo Pilato – Colavecchio – Porta di Ferro – Genovese”, Tratto “Barone – Pizzo di Cucco – Scala Marina” e Tratto “Palmentella – Torre Camarella – Bruca – Arizza – Spinasanta”.

L’estremità occidentale del territorio sciclitano è lambita dal tratto sciclitano della Valle del Fiume Irminio, che funge da confine tra i territori comunali appartenenti a Scicli, Modica e Ragusa, solcando interessanti aree iblee tra cui vanno citate le miniere di asfalto di Castelluccio e Streppenosa, vari siti archeologici quali quelli delle Contrade Cancellieri, Fornelli e Maestro, e zone naturalistiche di cui la più importante è la “Riserva Naturale Speciale Biologica Macchia Foresta del Fiume Irminio”, posta presso la sua foce.

I vari tratti (da nord a sud) sono: Tratto “Cozzo del Carmine – Fortugno – Grottapaglia – Streppenosa – Castelluccio – Buglia Sottana”, Tratto “Truncafila – Pietra Palio – Gavetta – Scarfalletto – San Paolino – Donna Liarda – Buglia”, Tratto “Cottonari – San Diego – Maggio  – Serramezzana”, Tratto “San Giuliano – Cozzo Grande – Fossa Stabile – Cozzo Galesi – Canonico – Cancellieri – Monsovile – Lanterna – Perrone – Cava Taddarita” e Tratto “Giummarra – Maestro – Fornelli – Plaja Grande – Foce del Fiume Irminio”.

A meridione di Scicli è posto il suo territorio marino, il più esteso della Provincia di Ragusa comprendente le frazioni amministrative di Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri.

Donnalucata è la principale frazione del comune di Scicli, il cui centro urbano composto da interessanti edifici monumentali risulta posto a ridosso di un lungo litorale sabbioso, attraversato da ovest ad est (e viceversa ) dalle Vie Sanremo, Miccichè e Perello ossia il principale asse viario del centro abitato, lungo il cui tratto iniziale possiamo ammirare la Villa Guarino e il Garage Liberty di Donnalucata e raggiungere la vicina Piazza Rodolfo Morandi.

Lungo le Vie Regina Margherita e Settembrini possiamo ammirare l’Ex Colonia oggi “Centro Incontro di Donnalucata”, e l’elegante Palazzo Mormina – Penna sede del distaccamento municipale di Scicli, circondato da un giardino mediterraneo.

A poca distanza è posta la centrale Piazza Francesco Crispi da cui possiamo raggiungere tramite Via del Prete l’interessante Piazza Carpinteri.

Da citare anche la presenza della vicina Arena Donnalucata, sede di un cinema all’aperto attivo nel periodo estivo.

L’edificio sacro più importante di Donnalucata è la neoclassica Chiesa di Santa Caterina da Siena posta lungo Via Perello, consacrata al culto di “San Giuseppe” (Patrono di Donnalucata) e della “Madonna Assunta”.

Poco più a sud vi è la Via Luigi Pirandello in cui è posta la Piazza Vincenzo Garofalo, in cui è posto il monumento in memoria dei carabinieri Vincenzo Garofalo e Antonino Fava uccisi in Calabria durante un agguato.

Qui vi sono ubicate anche la Villa Scimone e il Palazzo Cannata.

A meridione vi è la Via Marina, ossia il Lungomare della frazione sciclitana, presso il quale possiamo ammirare il Porto di Donnalucata, l’elegante Palazzo Mormina, il Palazzo Pisani e la Spiaggia di Micenci (posta ad oriente del centro abitato donnalucatese) con la presunta “Fonte delle Ore”, una particolare sorgente costiera d’acqua dolce.

Più ad oriente è posta la Spiaggia di Spinasanta, antistante alla Contrada Pezza Filippa e alla foce della Fiumara di Modica (riva occidentale) in corrispondenza del “Pantano Spinasanta”.

Presso la periferia nordoccidentale è posta la moderna Chiesa di San Giorgio Martire.

Ad ovest vi è il Viale della Repubblica corrispondente al Lungomare Riviera di Ponente e all’antistante Spiaggia di Ponente in cui è posta la foce del Torrente Currumeli.

A nord di Donnalucata è posto il suo territorio ibleo, in cui possiamo ammirare l’area di Contrada Fabiano, la Villa Penna, la breve Cava del Torrente Currumeli, l’area di Contrada Dammusa con la Torre Saracena, il locale Mercato Ortofrutticolo, e le aree delle Contrade Gesuiti, Fumarie – Barone e Timpe Rosse.

Ad ovest di Donnalucata è posta la località balneare di Plaja Grande il cui centro urbano è solcato dall’alberato Viale dell Rose.

Qui possiamo ammirare la Spiaggia di Plaja Grande con la limitrofa scogliera di Timpe Rosse e la foce del Torrente Piano Grande, l’area marina di Contrada Giardinelli, le aree iblee delle Contrade Fornelli e Maestro comprendenti interessanti aree archeologiche, e infine il tratto posto in territorio di Scicli della Riserva Naturale Speciale Biologica Macchia Foresta del Fiume Irminio, corrispondente alla foce di questo importante corso d’acqua.

La frazione di Cava d’Aliga posta a sud di Scicli, il cui centro urbano compreso tra interessanti aree marine e iblee, risulta interamente solcato dal Viale della Pace, da cui possiamo anche raggiungere la poco distante area iblea di Contrada Carnemolla.

La Piazza Mediterraneo è la principale del centro abitato, nei pressi della quale è ubicata la moderna Chiesa del Cuore Immacolato di Maria.

La Via Frine, corrispondente al Lungomare di Cava d’Aliga, è la più importante strada di passeggio antistante alla limitrofa Spiaggia sabbiosa compresa tra le scogliere di Punta Aliga e “Timpa Caruta”.

A sudest di Cava d’Aliga vi sono la cava e la foce del Torrente Corvo, e l’area iblea di Contrada Bosco Rotondo.

A nordovest di Cava d’Aliga vi sono le località balneari di Bruca e Arizza, in cui possiamo ammirare l’area marina di Punta Bruca, il piccolo ma interessante sito archeologico di Bruca, le aree iblee di Contrada Pagliarelli – Cozzo Fondo, Cava Mata, Contrada Scala Marina – Trillalici, Palmentella e Torre Camarella, il Pantano Arizza e la Spiaggia di Arizza presso la quale è posta la sponda orientale della Foce della Fiumara di Modica e del Pantano Spinasanta.

Sampieri è posta a sudest del territorio sciclitano, a poca distanza dal confine col territorio amministrativo di Modica, il cui centro abitato comprendente una piccola borgata marinara, risulta solcato dalle Vie Agira, Ognina e Carignano, mentre più a nord tramite Via Canova, Viale delle Canarie e Via Palma di Maiorca possiamo raggiungere la Nuova Chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Degna di nota l’area verde di Via Monte Amiata posta ad ovest del centro abitato.

A meridione è posto il Borgo Marinaro di Sampieri in cui possiamo ammirare la Vecchia Chiesa di Santa Maria delle Grazie consacrata al culto della “Madonna Assunta” (la Patrona di Sampieri che viene festeggiata il 15 Agosto), la Piazza Flavio Gioia, l’Istituto “Madonna del Carmine”, il piccolo Porto Peschereccio e il Lungomare posto lungo la Via Miramare che costeggia la limitrofa spiaggia.

Ad ovest del centro abitato sampierese vi è collocata l’Area marina di Costa di Carro – Punta Corvo – Punta Sampieri – Pizzillo comprendente oltre a scogliere caratterizzate da calette ghiaiose e anfratti, anche le probabili rovine di un tempo consacrato al dio Apollo nei pressi del cosiddetto “Puzzu ra ‘Za Vanna”, e una caserma dimessa appartenente un tempo alla Guardia di Finanza, con annessa torre faro (non più funzionante).

A nord vi sono le aree iblee di Costa di Carro e Trippatore, quest’ultima comprendente la Villa Trippatore, la Stazione Ferroviaria di Sampieri e il Museo della Pietra.

A poca distanza verso nordest vi sono l’area iblea di Contrada Passo Salina – Scalonazzo – Picciona, l’elegante Villa Picciona, le contrade di San Valentino e Fossa Samuele in cui è posto l’omonimo “Pantano” collocato lungo il tratto finale della Cava Labbisi, in adiacenza del quale è posto il Frantoio Penna.

Ad est del centro abitato sampierese vi è la lunga Spiaggia di Sampieri, delimitata a nord dalla limitrofa Pineta.

A sudest vi è l’interessante area marina di Punta Pisciotto, sulla cui scogliera è posto il famoso rudere della Fornace Penna, fabbrica di laterizi che subì un rovinoso incendio che la fece andare in rovina, divenendo però nota grazie al telefilm del “Commissario Montalbano” in cui compare all’interno di alcune scene.

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Elenco completo dei luoghi da visitare

Centro urbano di Scicli

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Territorio ibleo sciclitano

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Donnalucata – Cava d’Aliga – Sampieri
(territorio marino sciclitano)

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Donnalucata

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Cava d’Aliga – Bruca – Arizza

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Sampieri

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I luoghi il cui titolo è affiancato da un asterisco (*) sono pericolosi da visitare per vari motivi. Inoltre molti edifici storici, fabbricati e aree al di fuori del centro abitato potrebbero essere di proprietà privata, e senza relativi permessi (da parte dei rispettivi proprietari) non vanno assolutamente visitate al loro interno e l’accesso non consentito è severamente vietato e perseguito a norma di legge.

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Geolocalizzazione dei luoghi da visitare

(in allestimento)

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Feste e tradizioni religiose e popolari
(clicca sui link per visualizzare le feste e le tradizioni)

Le principali feste che si celebrano presso la città di Scicli sono tra le più importanti del ragusano, e delle più rinomate tra gli eventi popolari celebrati in Sicilia sudorientale.

In primavera viene celebrata la “Festa di San Giuseppe” che si tiene nel fine settimana limitrofo alla data del 19 Marzo, comprendente il popolare rito della “Cavalcata di San Giuseppe” caratterizzata dalle artistiche bardature infiorate poste sui cavalli che partecipano ad essa.

A seguire vi è la “Pasqua Sciclitana” che comprende la festività consacrata a “Santa Maria della Pietà”, i riti della Settimana Santa sciclitana e l’allegra Processione del “Cristo Risorto” meglio noto come “U Gioia”.

Il secondo Venerdì dopo Pasqua viene celebrata la “Festa del Beato Guglielmo Buccheri” consacrata al Patrono di Scicli.

L’ultimo Sabato di Maggio si celebra la “Festa della Madonna delle Milizie” in onore della principale Patrona della città sciclitana, comprendendo la Rappresentazione del Miracolo con cui la “Vergine Maria” permise ai cavalieri cristiani di vincere contro i saraceni liberando la città di Scicli.

A Dicembre viene celebrato il “Natale Sciclitano” comprendente le festività in onore della “Madonna Immacolata”, di “Santa Lucia” e di “Gesù Bambino” oltre allo svolgimento di eventi di vario tipo.

Le altre festività che si celebrano a Scicli sono il “Carnevale Sciclitano”, la “Festa della Madonna di Fatima”, la “Festa di Santa Maria Ausiliatrice”, la “Festa del Corpus Domini”, la “Festa di Sant’Antonio di Padova”, la “Festa del Santissimo Salvatore”, la “Festa di Santa Maria del Carmine”, la “Festa di Santa Maria Assunta”, la “Festa di San Bartolomeo”, la “Festa di Santa Maria Addolorata di S. M. la Nova”, la “Festa di San Pio da Pietrelcina”, la “Festa di Santa Maria della Catena”, la “Commemorazione di tutti i Defunti” e la “Festa di San Martino”.

Le feste principali della frazione sciclitana di Donnalucata sono la “Festa di San Giuseppe” consacrata al “Patrono” donnalucatese che si tiene la settimana precedente alla data del 19 Marzo comprendendo sempre il rito della “Cavalcata di San Giuseppe”, la “Festa di Santa Maria Assunta” celebrata il 15 Agosto e comprendente la “Processione a Mare” della “Madonna”, e la “Festa di Santa Maria di Guadalupe” del 12 Dicembre.

Le festività celebrate presso la frazione di Cava d’Aliga sono la “Festa di Santa Maria Goretti” celebrata la Domenica limitrofa alla data del 6 Luglio, e la patronale “Festa del Cuore Immacolato di Maria” che si tiene la Domenica successiva alla data del 15 Agosto.

Presso la frazione di Sampieri si celebrano la “Festa di San Giuseppe Lavoratore” che si tiene l’1 Maggio, la “Festa di Santa Maria delle Grazie” celebrata il 2 Luglio, e la “Festa di Santa Maria Assunta” consacrata alla Patrona che ricade il 15 Agosto.

Da citare infine le numerose tradizioni popolari di Scicli e del suo territorio.

Elenco delle feste e tradizioni popolari di Scicli

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Eventi, sagre e rassegne enogastronomiche

Sagra della Seppia (Donnalucata)

La “Sagra della Seppia” di Donnalucata, il primo vero e proprio “evento” enogastronomico che si tiene in territorio di Scicli.

Essa viene organizzata in concomitanza della festa patronale di “San Giuseppe” che si celebra presso la frazione marittima sciclitana il fine settimana che precede la data del 19 Marzo nelle giornate del Venerdì, del Sabato e ovviamente della Domenica in cui ricade la suddetta festività.

Essa in realtà è una vera e propria rassegna gastronomica nota anche come “Gusto Mare Nero”, che si tiene presso il porticciolo di Donnalucata e l’attiguo lungomare di Via Marina.

In occasione di questa manifestazione vengono preparate varie specialità a base di seppia.

Presso le varie postazioni allestite in occasione di questa sagra, possiamo degustare varie preparazioni a base di seppia e ovviamente del suo “nero”, comprendenti quelle più tradizionali (pasta e arancini al nero di seppia, frittura di seppie, “Mpanate” alla seppia ecc…).

A ciò cui si aggiungono piatti un po’ più “innovativi” che vanno a comprendere anche ricette “dolci” (tra cui un particolare “Cannolo” la cui cialda nel cui impasto vi è aggiunto il nero di seppia, viene farcita con ricotta fresca locale).

Vi è anche la possibilità di degustare su prenotazione altre particolari ricette (sempre a base di seppia), preparate da chef locali.

Assieme alla sagra, oltre alla sopracitata festa in onore di “San Giuseppe”, vi è presente anche il tradizionale mercatino di bancarelle, e inoltre si tengono vari eventi e spettacoli curati da artisti locali.

Per informazioni più dettagliate visita la pagina facebook della Sagra della Seppia.

Festa dell’Agricoltura Siciliana (Sampieri)

La Festa dell’Agricoltura Siciliana di Sampieri, che si tiene in concomitanza con i festeggiamenti in onore di “San Giuseppe Artigiano”, si tiene nel periodo del 1 Maggio prendendo il posto della “Sagra del Pomodoro” (pagina facebook).

Questa rassegna che si tiene presso la frazione balneare sampierese, dura ben quattro giorni includendo i tre giorni precedenti la data del 1 Maggio (ossia il triduo di preparazione alla festività di “San Giuseppe Artigiano”) oltre al suddetto giorno festivo.

In essa vengono valorizzate le risorse lavorative agricolo – pastorali delle limitrofe aree iblee, andando a comprendere le esposizioni di attrezzi e mezzi agricoli, la vendita di varie colture (piante e fiori), ovviamente degustazioni di prodotti tipici locali e vari eventi che comprendono spettacoli, giochi per bambini, rassegne turistico – culturali ed esibizioni sportive.

Mostra – Mercato della Festa della Madonna delle Milizie

In concomitanza con la festa patronale della “Madonna delle Milizie”, a Scicli si tiene la “Mostra Mercato” della suddetta festività, ricadente durante l’ultimo fine settimana di Maggio (comprendente le giornate del Venerdì, del Sabato e della Domenica).

Presso la Piazza Italia, a partire dalle ore 10.30, verranno allestiti vari stand in cui sono esposti vari prodotti tipici locali d’eccellenza.

Contemporaneamente ad essa si tiene la “Sagra delle Teste di Turco”.

Sagra delle Teste di Turco

La “Sagra delle Teste di Turco”, organizzata presso la Piazza Italia di Scicli, ricade anch’essa durante i giorni in cui viene celebrata la festa in onore della “Madonna delle Milizie”, celebrata l’ultimo fine settimana di Maggio durante le giornate del Venerdì, del Sabato e della Domenica.

La sagra inizia nel tardo pomeriggio del Venerdì di Vigilia della Festa della Madonna delle Milizie, protraendosi anche nel giorno festivo (ultimo Sabato di Maggio), e terminando poi la Domenica posteriore ad esso.

Essa è caratterizzata da postazioni dislocate lungo la Piazza Italia in cui vengono servite le “Teste di Turco”.

Essi sono i dolci tipici della sopracitata festività simili a grossi bignè dal formato simile a quello di un turbante saraceno, che vengono farciti con ricotta dolce o crema pasticcera.

Oltre alle “Teste di Turco”, viene servito anche il “Cous Cous”, il tipico piatto di origine mediorientale, che viene ampiamente preparato anche in territorio siciliano.

In parallelo a questa sagra, si tengono anche eventi di vario tipo e spettacoli, oltre alla sopracitata Mostra – Mercato dei prodotti tipici locali.

Sagra del “Cucciddatu Scaniatu”

La Sagra del “Cucciddatu Scaniatu” è una rassegna gastronomica che si tiene dal 2018 a Scicli.

Essa viene organizzata in parallelo alla festa del “Santissimo Salvatore” celebrata la Domenica posteriore a quella in cui viene celebrato il “Corpus Domini” (quasi sempre ricadente nel mese di Giugno), presso l’omonima chiesa posta lungo il Viale 1 Maggio nel quartiere periferico a sudovest di Scicli noto come “Villaggio Jungi”. 

In questa sagra viene preparato il tipico pane sciclitano simile ad una ciambella noto appunto come “Cucciddatu Scaniatu”, farcito con formaggio (caciocavallo), pepe nero e pezzi di salsiccia.

La sagra inizia alle ore 12.00 della suddetta Domenica in cui si celebra il “Santissimo Salvatore”, in cui il “Cucciddatu Scaniatu” verrà venduto in appositi stand.

La sagra si protrarrà per tutta la durata della festa, andando a comprendere anche pesche di beneficenza, mercatini e spettacoli di vario tipo che iniziano verso le ore 20.00.

Sagra dei Sapori (Cava d’Aliga)

La Sagra dei Sapori è una rassegna gastronomica che si tiene a Cava d’Aliga presso il sagrato della Chiesa del Cuore Immacolato di Maria (Piazza Mediterraneo – Via Paganini) in concomitanza con la Festa di Santa Maria Goretti, che si celebra la Domenica limitrofa alla data del 6 Luglio.

Alle ore 20.30 della sopracitata data, vengono venduti vari prodotti tipici locali quali le “Scacce” (tradizionali focacce farcite con ingredienti vari, che vengono preparate in gran parte della Provincia di Ragusa) e il “Cucciddatu Scaniatu”, (il tipico pane sciclitano a forma di ciambella avente l’impasto a base di farina di grano duro insaporito da strutto, pepe, formaggio e salsiccia).

In concomitanza con questa sagra, e ovviamente con la festività in onore di “Santa Maria Goretti”, possono tenersi vari eventi.

Sagra del Pesce Azzurro (Donnalucata)

La Sagra del Pesce Azzurro di Donnalucata viene organizzata nel mese di Giugno presso il porticciolo della frazione marittima sciclitana.

Questa rassegna gastronomica incentrata sul pescato locale, dura per ben tre giorni che sono corrispondenti al fine settimana comprendente le giornate di Venerdì, Sabato e Domenica (con inizio alle ore 10.00).

Durante questa sagra, oltre alla degustazione di varie ricette locali a base di pesce (che iniziano rispettivamente alle ore 12.00 e 20.00), vengono organizzate attività ludico – educative per bambini, esibizioni musicali ed eventi di vario tipo.

Per saperne di più visita la pagina facebook della Sagra del Pesce Azzurro.

Festa dell’Estate (Sampieri)

La Festa dell’Estate di Sampieri si tiene l’ultimo fine settimana di Luglio (Venerdì, Sabato e Domenica) presso il Lungomare della frazione balneare sciclitana.

Essa è un insieme di eventi prettamente estivi comprendenti spettacoli musicali, esibizioni di danza, animazione in spiaggia, giochi per bambini, sfilate e ovviamente degustazioni di piatti tipici.

Per saperne di più visita la pagina facebook della Festa dell’Estate.

Taranta Sicily Fest

L’importante rassegna musicale sciclitana nota come “Taranta Sicily Fest” organizzata dall’associazione “Barocco Eventi”.

Essa è nata nel 2011 e riguarda lo svolgimento di concerti di musica popolare a cui partecipano artisti siciliani e del sud Italia in generale.

Si tratta di uno dei principali eventi estivi che si tengono presso il centro storico di Scicli, che per l’occasione si appresta ad ospitare molti amanti di questi generi musicali.

Le passate edizioni si tennero presso la “Villa Penna” e la Cava di San Bartolomeo, mentre oggigiorno la rassegna si svolge presso la Piazza Italia.

L’evento si tiene durante il mese di Agosto (solitamente prima della data del 15 Agosto), comprendendo oltre allo svolgimento di diversi concerti musicali, anche stage riguardanti l’apprendimento della “Pizzica”, popolare danza originaria del Salento (Puglia meridionale) omonima al medesimo stile musicale che viene proposto in questa rassegna di musica popolare.

Se in programma, possono esserci anche altri eventi e iniziative correlate a questa rassegna musicale.

Per saperne di più visita il sito www.tarantasicilyfest.it e la relativa pagina facebook.

Sagre del Dolce e della Focaccia (Cava d’Aliga)

 A Cava d’Aliga, in occasione dei festeggiamenti in onore del “Cuore Immacolato di Maria” che si tengono la Domenica posteriore alla data del 15 Agosto, si tengono le Sagre del Dolce e della Focaccia.

La sagra, che prevede l’allestimento degli stand in cui vengono venduti vari dolci tipici oltre alle tradizionali “focacce” (o per meglio dire le “Scacce” tipiche del ragusano, farcite in vari modi), inizia il Sabato della Vigilia della suddetta festa alle ore 19.00, e si protrae fino al giorno successivo.

Oltre alla degustazione dei sopracitati prodotti tipici, si tengono anche il mercatino artigianale e vari spettacoli connessi alla suddetta festività religiosa.

Sagra dei “Cuddureddi”

La Sagra dei “Cuddureddi” è organizzata in concomitanza con la Festa di San Pio da Pietrelcina, quest’ultima celebraata la Domenica limitrofa alla data del 23 Settembre presso il Villaggio Jungi a Scicli (nei pressi della Chiesa del Santissimo Salvatore di Viale 1 Maggio).

Esso è l’evento in cui viene sponsorizzato il suddetto piatto tipico diffuso in buona parte della provincia ragusana, consistente in una pasta dolce (simile ai “Cavati” ) che viene cotta nel mosto d’uva.

L’evento si tiene il Sabato di Vigilia (iniziando alle ore 19.00) protraendosi anche la Domenica in cui avvengono i festeggiamenti in onore di “San Pio da Pietrelcina”.

Oltre alla degustazione dei “Cuddureddi” e del “Pani Cunzatu”, si tengono anche eventi curati da artisti locali.

Memorial “Peppe Greco”

Il Memorial “Peppe Greco” è un importante evento sportivo che si tiene a Scicli tra i mesi di Ottobre e Novembre, nato nel 1990 per volere dello sciclitano Giovanni Voi in memoria del medico modicano Giuseppe Greco (deceduto a causa di un incidente automobilistico).

Da allora, la suddetta manifestazione viene organizzata a cadenza annuale all’interno del centro storico sciclitano.

Questo evento sportivo, che spesse volte ha avuto importanti riscontri anche a livello nazionale ed internazionale grazie alla partecipazione di noti atleti (molti dei quali campioni olimpici), comprende una gara podistica considerata tra le più importanti della Sicilia e del meridione d’Italia, che si svolge ovviamente per le vie del centro storico sciclitano.

Essa è composta da 10 giri di circa un 1 chilometro, il cui tracciato comprende anche la percorrenza della centrale Via Francesco Mormina Penna.

Il vincitore della gara verrà premiato con un importante trofeo.

Per saperne di più visita la pagina facebook del Memorial “Peppe Greco”.

NOTA BENE! Le varie festività religiose e gli eventi citati nella corrente pagina possono variare ed eventualmente non essere organizzati in base alla programmazione annuale cittadina, per cause di forza maggiore e in base a fattori di vario tipo.

Per qualsiasi informazioni riguardanti gli eventi che si tengono a Scicli e nelle sue frazioni visitate i siti www.comune.scicli.rg.it, prolocoscicli.itwww.ilovescicli.it e la pagina facebook “Scicli in Festa e Dintorni”,.

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Prodotti tipici sciclitani

Il Fagiolo “Cosaruciaru” di Scicli

Il Fagiolo “Cosaruciaru” di Scicli è il principale prodotto agroalimentare d’eccellenza della città sciclitana, divenuto nel 2012 “presidio Slow Food” (per saperne di più clicca qui).

Il suo nome deriva da “Cosa Aruci”, termine che letteralmente significa “Cosa Dolce”, ma che va ad indicare cibi di questo sapore.

Esso fa parte di una specie autoctona di fagioli, la cui coltivazione è documentata già agli inizi del 1900.

Le piante di Fagiolo “Cosaruciaru” un tempo venivano coltivate quasi esclusivamente nei terreni posti presso il fondo cava del Vallone Fiumelato, ossia la cavità di tipo iblea in cui scorre la Fiumara di Modica (corso d’acqua che dopo esser nato presso la città modicana, va a lambire ad ovest Scicli prima di sfociare nel Mare Mediterraneo tra Cava d’Aliga e Donnalucata), noti come “Cannavati”.

Delle fasi di coltivazione e di raccolta se ne occupavano i contadini che erano noti come “Ciumarari” (dal termine “Ciumara” ).

La coltivazione stagionale del Fagiolo “Cosaruciaru” di Scicli, ebbe una flessione negli anni posteriori al secondo dopoguerra a favore di colture ben più redditizie (ad esempio quelle serricole) venendo ancora coltivato da qualche “Ciumararu” di vecchia data.

Ma grazie al presidio “Slow Food” di cui questo prodotto agroalimentare fa parte dal 2012, è cominciata la salvaguardia e la sponsorizzazione del Fagiolo “Cosaruciaru” sciclitano, divenendo uno dei prodotti tipici più noti della Provincia di Ragusa.

Il Fagiolo “Cosaruciaru” presenta una particolare colorazione bicolore, che alterna alla buccia di colore biancastro varie striature rossastre poste nella parte che aderisce al baccello.

La raccolta viene eseguita due volte in un anno; la prima che si esegue tra la primavera e l’estate con cui si raccolgono i fagioli impiegati per la semina autunnale, mentre la seconda che si tiene appunto in autunno e va a riguardare i fagioli destinati al consumo alimentare.

I fagioli vengono lasciati ad essiccare “a freddo”, venendo posti dentro grandi sacchi di iuta dai quali essi vengono direttamente venduti.

Il Fagiolo “Cosaruciaru” di Scicli, che dal punto di vista nutrizionale è ricco di proteine, vitamine (B1 e PP) e sali minerali (ferro e calcio), è contraddistinto da un ottimo sapore tendente al dolce (così come il suo appellativo in siciliano lascia appunto intendere), ed è ottimo sia fresco che secco.

Con esso possiamo ottenere gustose minestre (di solo fagiolo “Cosaruciaru” o con legumi misti, insaporite con olio extravergine d’oliva locale, oppure assieme al cosiddetto “Ncucciatu” (un tradizionale formato di pasta.

Ma la sua versatilità lo rende protagonista di varie ricette specifiche.

Con questo fagiolo infine si possono anche insaporire e dare più robustezza a piatti di carne o pesce (a seconda della fantasia di chi utilizza questo ingrediente). 

Per informazioni più dettagliate visitate il sito www.fagiolocosaruciaru.com.

“U Cucciddatu Scaniatu”

“U Cucciddatu Scaniatu” è uno dei prodotti tipici più noti della città di Scicli, preparato ovviamente anche presso le frazioni di Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri.

Le origini di questa preparazione sono legate alla locale tradizione gastronomica che trae origine dalla cucina popolana in cui, con pochi ingredienti venivano (e vengono ancora) create specialità nutrienti ed economiche.

Esso infatti deriva dai residui della lavorazione del “Pane di Casa” che venivano nuovamente “Scaniati” e arricchiti con strutto, pepe, formaggio e salsiccia, assumendo la tipica forma a “ciambella” nota appunto come “Cucciddatu”.

Oggi questa preparazione, che avviene in gran parte dell’anno, è divenuta ovviamente tipica di varie feste ed eventi vari.

La preparazione del “Cucciddatu Scaniatu”, il cui impasto è a base di acqua, strutto (o olio d’oliva), sale, pepe e farina di grano duro locale e lievito madre (noto come “Cruscienti”, utile per la lievitazione) avviene tramite la “Scaniatura”.

Essa è in realtà un “passaggio” che riguarda gran parte dei “prodotti da forno” della Sicilia sudorientale (tra cui gran parte di pane e focacce caserecce tra “Mpanati”, “Scacce” ecc…), il cui impasto di base viene appunto “Scaniatu”, ossia lavorato a lungo dopo la lievitazione e reso omogeneo grazie all’ausilio dell’attrezzo di legno noto come “U Scaniaturi”.

Dopo la “Scaniatura”, l’impasto viene farcito di solito con formaggio (caciocavallo del tipo “Ragusano” e/o ricotta vaccina) e salsiccia di maiale di produzione locale, venendo “modellato” assumendo quindi la forma di ciambella da cui deriva il nome di “Cucciddatu” o di altri formati (a discrezione della fantasia di chi lo prepara).

Dopo aver riposato per circa un’ora, la superficie del pane viene (a preferenza) spennellata con uova sbattute in superficie, e arricchita con altri pezzi di salsiccia e abbondante formaggio grattugiato.

Il tutto viene poi infornato tradizionalmente all’interno di forni a legna.

Dopo la cottura, il “Cucciddatu Scaniatu” va preferibilmente mangiato caldo, anche se è ottimo consumato freddo. 

Il “Cucciddatu Scaniatu” preparato a Scicli e nelle sue frazioni (Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri) per vari eventi e festività, di cui le più importanti sono quelle di “San Giuseppe”, della Pasqua, del Natale e del “Santissimo Salvatore” che si tiene nel quartiere periferico del “Villaggio Jungi” in cui, per l’occasione si tiene la già citata Sagra detta appunto del “Cucciddatu Scaniatu”.

Va detto infine che la preparazione del medesimo avviene anche per feste private (familiari e no), scampagnate ecc… ed è anche un ottimo “cibo da strada” reperibile tutto l’anno presso rivendite alimentari, panifici e pizzerie.

“U Tianu” sciclitano

“U Tianu” sciclitano è una preparazione ultimamente rivalutata tipica della solennità consacrata a “Santa Maria della Pietà” che ricade durante la Domenica delle Palme, considerata come l’evento che apre ufficialmente i festeggiamenti pasquali sciclitani.

Esso è un “timballo” a base di “Cavati”, un tradizionale formato di pasta di grano duro piuttosto simile ai cavatelli.

I “Cavati” vengono posti all’interno di un recipiente di terracotta noto appunto come “Tianu” assieme a riso, ceci, ricotta vaccina, uova sode e salsiccia di maiale o carne macinata (sempre suina), che a sua volta viene posto a cucinare in forno.

Esso in origine era un “piatto penitenziale” cucinato dalla povera gente in occasione della festa in onore della “Madonna della Pietà”, che non prevedeva appunto l’utilizzo di ingredienti di origine animale che oggigiorno lo arricchiscono.

“U Tianu” viene infine preparato anche in concomitanza del pranzo di Pasqua o in altre occasioni.

La Pasta casereccia sciclitana

Presso Scicli e le sue frazioni di Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri, vi è una fiorente produzione di vari formati di ottima pasta casereccia a base di farina di grano duro, tra cui quella proveniente da varietà di “Grani Antichi Siciliani” (che vengono coltivate presso il territorio sciclitano).

I formati di pasta più noti sono sicuramente i “Cavati” (o “Cavatieddi” ), simili a gnocchetti lisci o rigati.

Simili ai “Cavati” ma in versione “dolce” sono i “Cuddureddi” , il cui impasto comprende mosto d’uva (vedi il sottostante capitolo riguardante i dolciumi tipici sciclitani per saperne di più).

Ad essi si aggiungono anche tagliatelle, “Maccarruni”, e i tradizionali ravioli farciti con ricotta.

Proprio i ravioli con farcitura di ricotta sono divenuti un piatto tipico della festività in onore del “Beato Guglielmo Buccheri” in seguito ad un presunto “miracolo” da parte del “Patrono di Scicli”.

A tutto ciò si aggiungono vari formati di di “pasta ripiena” tra ravioli o tortelli, contraddistinta da varie farciture a base di carne, verdure e pesce.

Degna di nota è la produzione di lasagne e cannelloni freschi, o di formati di pasta con impasto aromatizzato (e quindi anche colorato) grazie all’ausilio di vari ingredienti (tra cui i sopracitati “Cuddureddi” al mosto d’uva, o la pasta “verde” alla verdura, soprattutto spinaci).

La pasta casereccia sciclitana, in particolar modo i “Cavati” e i ravioli di ricotta, sono ottimi conditi con il sugo con carne di maiale al pomodoro, oppure col “Sucu Fintu” sempre a base di pomodoro ma senza carne (quest’ultimo insaporito da vari ingredienti).

I ravioli di pesce sono invece ottimi se serviti con sughi a base di vari prodotti ittici locali.

Ovviamente tutti i formati di pasta sciclitani possono essere serviti con vari tipi di sughi, a base di ottimi ingredienti provenienti ovviamente da prodotti locali (verdure, carne, pesce ecc…).

Con la medesima si può fare il sopracitato “Tianu” oppure un particolare timballo noto come “Pastizzu” (che condivide il nome con le omonime focacce di cui parleremo più sotto), tra i quali ingredienti figurano broccoli, olive, mollica, uva passa e formaggio “Ragusano”. 

Va citato infine “U ‘Ncucciatu”, che comprende piccole porzioni di “pasta” incocciate a mano che vengono cotte di solito in brodo con legumi (tra cui il Fagiolo “Cosaruciaru” di Scicli o la Fava “Cottoia” di Modica) e verdure locali.

“U Caturru”

“U Caturru” è una rustica preparazione a base di grano cotto, simile per certi versi ad una “polenta” a seconda della modalità di cottura, ampiamente diffusa in alcuni centri della Provincia di Ragusa tra cui anche Scicli.

Essa comprende chicchi di frumento grossolanamente pestati, che vengono cotti in acqua salata.

I chicchi del grano, a loro volta assorbono l’acqua di cottura divenendo simili ad una “polenta” piuttosto granulosa (o ad un risotto a seconda della modalità di cottura), apprestandosi ad essere serviti con verdure di vario tipo, o ad assemblare particolari piatti a base di carne o pesce.

Il Pescato di Donnalucata e Sampieri

Le località marittime sciclitane di Donnalucata e Sampieri (volendo si potrebbe inserire anche Cava d’Aliga), sono le aree del territorio sciclitano in cui è diffusa ampiamente la fiorente attività peschereccia per via della presenza di approdi del medesimo tipo, specie quello di Donnalucata affiancato anche da un piccolo ma importante mercato ittico.

I pescatori di Donnalucata e Sampieri pescano varie specie ittiche tra pesci (tonni, pesci spada, ricciole, cernie, dentici, pagelli, saraghi, orate, spigole, sgombri, sauri, mormore, cefali, scorfani, naselli, boghe ecc…), crostacei (gamberi, aragoste, astici, scampi, canocchie e cicale di mare) e molluschi cefalopodi (polpi, calamari, totani e seppie).

Inoltre è diffuso il commercio di varie specie di molluschi (cozze, vongole, fasolari, cannolicchi, ostriche ecc…) provenienti da allevamenti di acquacoltura siciliani.

Ovviamente presso Scicli e le sue tre frazioni marittime (Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri) la preparazione di ottimi piatti a base di pesce sia casereccia che a livello di ristorazione è ampiamente diffusa, ed è possibile usufruire di attrezzati ristoranti specializzati nella cucina “di mare”.

Le specialità più tipiche sono la pasta al nero di seppia o con sughi a base di varie specie ittiche (cernia, pesce spada, tonno ecc…), o frutti di mare (cozze, vongole ecc… se in stagione anche ai ricci di mare).

Tra secondi piatti e antipasti citiamo fritture, grigliate e zuppe di pesce misto, l’insalata di mare con polpi, calamari e gamberi, vari tranci di pesce (di solito tonno o pesce spada) alla “Cipuddata” ecc…

Anche se la più tradizionale delle ricette è “A ‘Mpanata” ossia una tipica focaccia di forma tondeggiante la cui farcitura prevede la presenza di seppie o di altri tipi di pesci; questa preparazione è tipica di Donnalucata.

Inoltre è diffuso il consumo di “Baccalà” salato, che viene preparato o in umido, o funge da ripieno della sopracitata “Mpanata”.

Sono ottime anche le varie conserve a base di pesce (acciughe, tonno ecc…) sott’olio o sotto sale.

Va citato infine un particolare dolciume, il “Cannolo” con cialda al nero di seppia farcita con ricotta dolce, che viene servito specialmente durante la Sagra della Seppia di Donnalucata.

Carne, insaccati e salumi

La preparazione di vari piatti tradizionali a base di carne proveniente da animali allevati presso le aree incontaminate del territorio sciclitano (e ragusano in generale), è piuttosto diffusa all’interno della città di Scicli.

Tra le ricette di carne bovina e suina vanno citati “U Bollitu” comprendente carne bovina lessa con ingredienti e aromi vari, il “Falsomagro” (arrotolato di carne bovina che viene farcito al suo interno con vari ingredienti, che viene cucinato preferibilmente in sugo di pomodoro), oltre a polpette, cotolette, involtini, “tramezzini” ecc…

Oltre a ciò vanno citati i vari “tagli” adatti per essere grigliati o cotti in vario modo.

Quelli di carne suina in particolar arricchiscono il tradizionale sugo di pomodoro con cui si condiscono i “Cavati”.

Con la carne suina si ottiene anche la “Gelatina” (in dialetto “A Ialatina ri Maiali” ), ottenuta dalla prolungata bollitura di varie parti del maiale, assieme a vari aromi.

La carne ovina (agnello o capretto), utilizzata per farcire i “Mpanati” (focacce tipica della Pasqua), viene anche cucinata in forno con verdure, alla griglia o al sugo.

Diffuse anche varie preparazioni a base di pollame (polli e tacchini), carne di coniglio e selvaggina in generale.

Gli insaccati di carne di maiale prodotti a Scicli sono di ottima qualità e comprendono la locale salsiccia (insaporita con grasso, vino e aromi vari che vengono posti all’interno di budelli fini), ottima cotta al sugo, fritta o alla griglia, ma che va ad arricchire varie preparazioni tradizionali come “I Nfigghiulati”, “I Scacci”, “U Cucciddatu Scaniatu” e “U Tianu”.

La salsiccia sciclitana è ottima anche secca in cui, dopo un’accurata stagionatura, diviene un vero e proprio “salume”.

In alcune macellerie e aziende agricole – agrituristiche, vengono prodotti anche vari tipi di salumi (specialmente salami di vario tipo).

Nell’ambito della “carne” (o perlomeno di quello degli alimenti di origine animale), va detto infine che a Scicli vi è un largo consumo di lumache di terra preparate di solito in umido con pomodoro e verdure varie (peperoni e cipolla).

Formaggi e latticini

Nel territorio appartenente a Scicli, così come in gran parte della Provincia di Ragusa, è ampiamente diffusa la produzione di formaggi e latticini di alta qualità presso vari caseifici appartenenti ad aziende agricole (o agrituristiche).

Il latte utilizzato proviene da animali in ottimo stato di salute (in particolare bovini di razza “Modicana”), che pascolano ovviamente in aree incontaminate.

Il formaggio più noto che qui viene prodotto è il cosiddetto “Ragusano DOP” a base di latte bovino avente la forma a parallelepipedo, la cui stagionatura avviene all’interno di locali specifici venendo “sospesi” da terra.

Oltre ad essi è fiorente anche la produzione di “Provole”, sempre a base di latte bovino.

Inoltre è diffusa la produzione di varie forme di “Pecorino” (ovviamente a base di latte ovino), insaporito talvolta con pepe nero in grani o peperoncino, che a seconda della stagionatura può essere morbido (“Primo Sale”) o stagionato.

Essi derivano dalla “Tuma”, ossia un formaggio fresco abbastanza morbido, che si forma in conseguenza alla cagliatura e bollitura del latte ovino.

Dal medesimo processo si ottiene ovviamente anche la “Ricotta”, uno dei principali “ingredienti” di molte specialità tipiche della cucina sciclitana che può essere di latte ovino o bovino.

Primizie e prodotti ortofrutticoli

Gran parte del territorio sciclitano presenta impianti serricoli all’interno dei quali vengono coltivate varie primizie ortofrutticole tra cui diverse varietà di pomodori (“Ciliegino”, “Datterino”, “Costoluto”, “Piccadilly”, “Grappolo”, “Tondo Liscio” ecc…), zucchine, melanzane e peperoni.

All’interno di questi impianti serricoli si coltivano anche meloni e angurie.

Anche nei limitrofi campi vi sono fiorenti coltivazioni di ortaggi (patate, finocchi, carote, carciofi, spinaci ecc…), legumi (oltre al Fagiolo “Cosaruciaru” di Scicli vengono coltivati ceci, fave, lenticchie e fagiolini) e frutta (agrumi tra cui arance e limoni, gelsi, fichi, prugne, susine, mandorle e carrube).

Degne di nota le colture “selvatiche” tra cui la senape dei campi, la borragine, gli asparagi e i Fichi d’India.

I prodotti ortofrutticoli sciclitani sono di ottima qualità e vengono utilizzati per la preparazione di molte ricette locali.

Ma con gran parte di essi si ottengono ottime conserve, prodotte da aziende agroalimentari locali o artigianalmente in ambito familiare.

Gran parte di esse sono a base di pomodoro (salse e sughi di vario tipo, il concentrato asciugato al solennoto come “Strattu”, pomodori secchi salati o “Capuliati” ecc…), ma anche carciofi, melanzane, zucchine e peperoni si apprestano ad essere conservate perlopiù sott’olio (vedi prossimo paragrafo).

Olio Extravergine d’Oliva e varie conserve

Nel territorio di Scicli è molto diffusa l’olivicoltura, dato che in gran parte dell’area iblea sciclitana sono presenti piantagioni arboree di olivo, in particolare della specie nota come “Moresca”.

Dalle olive raccolte nel territorio sciclitano si ottiene un ottimo olio extravergine d’oliva, peraltro facente parte del consorzio di tutela “Monti Iblei DOP” in quanto esso rientra nell’area di produzione “Valle dell’Irminio” (essendo quindi prodotto con il 60% di olive di varietà “Moresca” più altre varietà al 40%).

Con l’olio d’oliva sciclitano si possono condire e insaporire vari piatti tipici della tradizione locale, tra cui “U Pani Cunzatu” (fette di pane condite con olio, sale, origano e ingredienti vari), varie zuppe (in particolare quella a base di fagioli “Cosaruciari” ) e preparazioni a base di verdure, carne o pesce.

Ovviamente con l’olio d’oliva sciclitano si possono fare ottime conserve sott’olio tra cui citiamo i pomodori secchi essiccati al sole con cui si ottiene anche il “Capuliatu”, sminuzzando i pomodori creando una specie di “pesto” con cui condire varie preparazioni (tra cui il sopracitato “Pani Cunzatu” ).

Oltre a ciò sono anche peperoni, zucchine, melanzane, carciofi e ovviamente le stesse olive locali (intere oppure schiacciate assieme a carote, sedano, aglio e aromi vari).

Sono anche ottime le conserve di pesce (tonno, acciughe ecc…) o le varie “creme” (a base sempre di verdure o di pesce).

Pane, focacce e pizze

La città di Scicli e le sue tre frazioni (Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri), così come gran parte dei centri dei centri del ragusano, è rinomata per i suoi “prodotti da forno” di cui pane, focacce e pizze.

La lavorazione dei medesimi avviene in gran parte secondo i metodi artigianali di un tempo, utilizzando farine locali (tra cui quelle provenienti da alcune varietà di “Grani Antichi Siciliani” tra cui quella nota come “Russello”), oltre al cosiddetto “lievito madre” meglio noto come “Cruscienti”.

Il pane sciclitano, che grazie lla lenta lievitazione che avviene grazie al “Criscenti” e alla lavorazione artigianale mediante “Scaniatura” , si presenta piuttosto compatto essendo del tipo “A Pasta Rura” ossia ad “impasto duro” (in grado da preservare la compattezza della mollica), avente vari tipi di formati che vanno dalla classica “esse” o a ciambella, quest’ultima nota come “Cucciddatu”.

Quest’ultima non è da non confondere con “U Cucciddatu Scaniatu” che è uno dei principali prodotti tipici sciclitani preparato per varie festività (in particolare quelle consacrate a “San Giuseppe” e al “Santissimo Salvatore”), il cui impasto viene appunto “Scaniatu” così come gran parte del pane che veniva e viene ancora prodotto in maniera artigianale, lavorato accuratamente mediante l’attrezzo noto come “U Scaniaturi” e arricchito con strutto, pepe nero, formaggio e salsiccia formando appunto una ciambella di pane (vedi il corrispettivo paragrafo più sopra).

Le pagnotte ad impasto più morbido vengono invece chiamate “Nciminati”.

Il pane sciclitano in generale (“A Pasta Rura” o “Nciminati”), di cui quello prodotto in maniera più artigianale e “casereccia” viene appunto chiamato “Pani i Casa” (“Pane di Casa”) che oltre alla lievitazione mediante “Cruscienti” e alla “Scaniatura”, è caratterizzato dalla cottura che avviene rigorosamente all’interno di appositi forni a legna.

Esso è ottimo sia per accompagnare vari tipi di piatti, ma funge anche da base per ottime bruschette (ottenute da fette di pane tostate e condite con ingredienti vari), e per il tipico “Pani Cunzatu”  condito con olio extravergine di oliva, sale, origano e vari ingredienti (tra cui formaggi, “Capuliatu” di pomodoro secco e conserve di vario tipo).

Da citare anche la produzione di “pane votivo” durante varie ricorrenze religiose.

Tra essi citiamo i pani aventi forma di braccia incrociate noti come “I Sammugghirmùzza”“U Pani ri l’Armi Santi” (preparati rispettivamente in occasione delle festività del “Beato Guglielmo Buccheri” e della Commemorazione di tutti i Defunti), e “U Cucciddatu ri Natali” dalla forma simile ad una ciambella sulla cui superficie vi sono poste mandorle intere (preparato in occasione delle festività natalizie così come il nome lascia intendere).

Oltre al pane, a Scicli è fiorente anche la produzione di vari tipi di “focacce” caserecce, il cui impasto (di cui materia prima e lavorazione sono simili a quella del sopracitato pane) viene lavorato per ottenere vari “formati” che verranno farciti in diverse maniere a seconda di feste ed eventi, essendone di essi appunto il “piatto tipico”.

Inoltre esse sono considerate come uno dei principali “cibi da strada” della città sciclitana e della Provincia di Ragusa.

Il formato più noto è “A Scaccia”, il cui impasto viene lavorato fino a quando non diviene piuttosto fino, per poi essere “condito” con il “ripieno” venendo piegato più volte su se stesso, fino a quando il tutto non assume una forma rettangolare.

La cottura preferibilmente all’interno di un forno a legna completa il tutto.

Le “Scacce” sciclitane possono essere “al sugo di pomodoro” con formaggio “Ragusano”, melanzane, patate, cipolle ecc… “alla ricotta” con funghi, salsiccia, cipolla, spinaci ecc… “al prezzemolo” con patate, ricotta o acciughe ecc… e infine con salsiccia e patate.

Altri tipi di focacce tipicamente caserecce sono i “Pastizzi” (noti anche come “Buccatieddi” ) dalla tipica forma semicircolare a “mezzaluna” il cui impasto viene tenuto chiuso dal “Reficu” (artistico bordo che funge da “raccordo” tra gli strati di pasta che vanno a formare questa preparazione) che vengono preparatati perlopiù nel periodo natalizio.

Essi sono farciti principalmente con verdure tra cui spinaci, bietole selvatiche, patate ecc…

Sono differenti i “Mpanati” di forma tondeggiante tipiche del periodo pasquale (formate da due dischi di pasta che, sempre mediante “U Reficu” racchiudono il ripieno), che vengono farcite con carne di agnello (che sono quelle più tradizionali) o in alternativa con carne di maiale, pollo o tacchino.

Da citare anche i “Mpanati” con seppie (la più tradizionale e tipica di Donnalucata), tranci di baccalà o altri tipi di pesce.

Simile alla “Mpanata” è la natalizia “Nfigghiulata”, farcita con ricotta vaccina, salsiccia di maiale e uova (alcuni inseriscono anche il riso).

Vi sono anche le focaccine “dolci” come “I Cassateddi” farcite con ricotta dolce e cannella, tipiche del periodo pasquale (vedi più sotto il paragrafo riguardante i dolci).

“Scacce”, “Pastizzi” e “Mpanati” si possono trovare anche presso panifici, pizzerie e rosticcerie in genere durante tutto l’anno, anche se preparazioni più specifiche sono più facilmente reperibili durante i periodi di festa.

A tutto ciò si aggiungono vari tipi di “pizza” preparata sia in in ambito casereccio che nelle tante pizzerie cittadine, che viene farcita con vari ingredienti (verdure, insaccati e salumi, formaggi, conserve di vario tipo ecc…).

Frittelle, Crispelle e Arancini

Tipiche della festività di “San Martino” che si celebra l’11 Novembre, “Frittelle” e “Crispelle” sono tra le più note preparazioni tradizionali del ragusano e della Sicilia sudorientale in generale, conosciute e ovviamente preparate anche a Scicli e nelle sue principali frazioni.

Le “Frittelle” (“Fritteddi” ) sono palline di impasto lievitato a base di farina di grano duro affine a quello utilizzato per la produzione di pane e focacce, a cui vengono aggiunte patate schiacciate, che poi vengono  fritte in olio bollente.

Le “Frittelle” possono essere semplici (senza farcitura interna), salate (con acciughe, ricotta, semi di finocchio ecc… ), o dolci (noci, uva passa, cioccolato ecc… queste ultime sono cosparse con zucchero o miele).

Affini alle “Frittelle” sono le “Crispelle” (“Crispieddi” ) con riso e miele dalla caratteristica forma allungata.

Sia “Frittelle” (specie quelle dolci) che “Crispelle”, vengono inzuppate nel denso “Vino Cotto” di carrube o mosto d’uva.

Una preparazione piuttosto simile sono “I Vasteddi Fritti” o “Mitilugghie”, consistenti in pagnotte a base del medesimo impasto che vengono fritte anch’esse in olio bollente.

Ovviamente anche queste ultime possono essere salate o dolci (a seconda di quale ingrediente si usa per farcirle).

Tra queste specialità “fritte” ovviamente non possono mancare gli “Arancini” di riso siciliani, sia nella versione tradizionale (con sugo di carne e formaggio) che in diverse varianti (tra cui quelle al nero di seppia, alle melanzane, al pistacchio ecc…).

Le Teste di Turco sciclitane

Le “Teste di Turco” sono il principale “dolciume tipico” della città di Scicli, legato alla festività patronale consacrata alla “Madonna delle Milizie”.

Si tratta di dolci simili a grossi bignè il cui nome deriverebbe dalle teste dei soldati saraceni (chiamati in maniera popolata “turchi”), che vennero mozzate durante la battaglia in cui avvenne il presunto “miracolo” legato all’apparizione della “Madonna a Cavallo”.

In realtà il significato è molto meno “macabro”, perché esso si ispira al copricapo arabo noto come “turbante”.

Questi dolci nacquero con molta probabilità in uno dei conventi femminili sciclitani, ed erano un prodotto dolciario destinato principalmente agli “aristocratici”.

In seguito la preparazione dei medesimi si diffuse in tutta la città sciclitana, divenendone appunto uno dei principali prodotti tipici.

Questi “turbanti” dolci, il cui impasto è a base di acqua, farina del tipo “00”, uova, strutto e zucchero (e una minima parte di sale), vengono infornati e farciti al loro interno con crema di ricotta vaccina oppure con crema pasticcera (o ovviamente con altre creme dolci), e cosparsi in sommità con zucchero a velo, scaglie di cioccolato o granella di pistacchio.

Le “Teste di Turco” le si trovano in gran parte dell’anno presso le pasticcerie, i bar e i negozi alimentari sciclitani, venendo servite come dessert anche nei principali ristoranti cittadini.

Ovviamente il periodo in cui la produzione delle medesime aumenta è durante la festa in onore della “Madonna delle Milizie” che viene celebrata l’ultimo fine settimana di Maggio (periodo in cui si svolge ovviamente la sagra “delle Teste di Turco”). 

I vari dolciumi tipici

Oltre alle “Teste di Turco”, a Scicli e presso le sue frazioni di Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri, vengono preparati anche altri importanti dolciumi tipici che vengono preparati anch’essi in determinati periodi dell’anno, corrispondenti a varie festività (anche se la maggior parte di essi è reperibile per tutto l’anno).

A Carnevale è diffusa la preparazione delle “Chiacchiere”, ossia sfoglie dolci cosparse con zucchero a velo o ricoperte da varie glasse a base di cioccolata fusa.

Tra i dolci pasquali, oltre ai “Pasti Fuorti” che sono biscotti a base di farina di grano tenero, zucchero e chiodi di garofano a venti forma di una colomba (tipici anche della “Festa dei Morti” in cui però vengono chiamati “Moscardini”), troviamo i “Panareddi cu l’Ovu” (pani dolci di diverse forme, tra cui quelle di animali o recipienti cosparsi con zucchero colorato, che al loro interno recano un uovo sodo intero, considerati il simbolo della vita e quindi della “Resurrezione di Cristo”), e i “Cassateddi” (focaccine dolci a forma di raggiera, il cui interno è farcito con ricotta dolce aromatizzata alla cannella).

Durante il periodo della vendemmia, è diffusa la preparazione dei “Cuddureddi no Mustu”, pasta dolce simile ai “Cavati” che viene cotta nel mosto d’uva assieme ai “Truscitieddi” o “Cappieddi i Parrinu” (ravioli dolci farciti al loro interno con mandorle e arance candite), il tutto cosparso con abbondanti mandorle tritate.

A ciò si aggiunge la tradizionale “Mustata” ossia la mostarda dolce (morbida o secca) a base sempre di mosto d’uva.

In questo periodo viene preparata anche la “Cutugnata”, ossia la confettura dura a base di mele cotogne che assume particolari forme a seconda degli stampini dentro i quali essa viene fatta seccare (stessa cosa dicasi per la “Mustata” secca ).

Nel periodo della “Festa dei Morti” (corrispondente alla “Commemorazione di tutti i Defunti”), oltre ai “Moscardini” (simili alle pasquali “Pasti Fuorti” ), vengono preparati i “Pupi di Zucchero” (a base di “Pasta Reale” di mandorle) e vari tipi di biscotti “glassati”.

In questo periodo vengono preparate anche le “Frittelle” e le “Crispelle” dolci.

Del periodo natalizio e invernale sono tipici i vari biscotti a base di mandorle.

Tra essi citiamo i “Rizzi” (i tipici biscotti di mandorla su cui è posta una ciliegia candita), i “Passavulanti” (simili ai “Rizzi” come formato ma aventi un impasto a base di mandorle tostate, e sui quali è posta una mandorla intera), i “Cardinali” (a base di mandorle abbrustolite con farcitura a base di miele, mandorle e cannella), i “Parmetti” (simili ai “Cardinali” ma con impasto a base di mandorle fresche, bucce d’arancia e limone grattugiate e cannella), i “Mustazzola” (con impasto a base di mandorle, miele o vino cotto di carrube, ma che si differenziano dagli omonimi prodotti in gran parte della Sicilia sudorientale per la loro farcitura a base di mandorle, cannella e miele).

Ad essi si aggiungono i “Mucatuli” (biscotti a base di farina di grano tenero e strutto, la cui farcitura è a base di mandorle, miele e buccia grattugiata di agrumi), i “Iadduzzi” (glassati in superficie con farcitura più o meno simile a quella dei “Mucatuli” ), la versione dolce del “Cucciddatu ri Natali” (che è più o meno il formato dei “Iadduzzi” sotto forma di ciambella che ormai a Scicli producono in pochi, anch’esso farcito e glassato in superficie) e “A Cubaita” (torrone a base di mandorle, semi di sesamo, miele e scorza d’arancia).

La maggior parte di questi dolci la si può trovare disponibile per tutto l’anno.

Inoltre è anche diffusa la preparazione di biscotti “bolliti” all’anice e di “sugna” alla cannella, al pistacchio, alla carruba, al cioccolato, al latte, al burro ecc… ma troviamo anche i “Mpanatigghi” (dolci di origine modicana simili a fagottini semicircolari a base di farina di grano tenero e strutto, con una particolare farcitura dolce a base di carne di vitello magra, mandorle, cannella e cioccolato).

Da citare inoltre la preparazione dei “Macallè”, dolci la cui preparazione è diffusa in varie aree del ragusano dalla struttura tubolare simile a quella dei “cannoli”, ma che si differenzia da questi ultimi per via del soffice impasto che viene fritto cosparso con abbondante zucchero semolato, e che infine viene ovviamente farcito al suo interno con ricotta dolce, crema pasticcera e cioccolato.

Ovviamente vanno menzionati anche i dolci più noti della tradizione siciliana di cui citiamo le  “Cassate”, i “Cannoli” e la “Frutta Martorana” a base di “Pasta Reale” di mandorle (con cui vengono preparati anche i “Pupi di Zucchero” tipici della Festa dei Morti), a cui si aggiungono brioches e cornetti di vario tipo (consumati nelle ore mattutine) e vari pasticcini e biscotti.

Va infine citata la produzione di gelati e granite di alta qualità e di vari gusti, sia a Scicli che nelle sue frazioni balneari (Donnalucata, Cava d’Aliga e Sampieri).

Vini e liquori

Il territorio sciclitano, oltre a prodotti tipici e varie specialità gastronomiche sopracitate, è anche noto per una fiorente vitivinicoltura contraddistinta dalla presenza di aziende che producono vini di ottima qualità.

La coltura vinicola più diffusa è quella del vitigno noto come “Nero d’Avola”, da cui si ottiene l’omonimo vino rosso.

Non mancano altre colture per utlizzate per la produzione di altri vini rossi, tra cui vanno citati i  vitigni “Frappato” e “Syrah”.

Sono diffuse anche le colture di uva “Grillo”, “Inzolia” e “Moscato” da cui invece si ottengono i corrispettivi vini bianchi.

I vini sciclitani, a seconda dei metodi di lavorazione e invecchiamento, presentano varie caratteristiche che permettono loro di essere degustati assieme a vari prodotti e piatti tipici della tradizione locale.

In parallelo alla produzione vitivinicola, vanno citate quelle di mosto d’uva (con cui vengono preparati vari dolciumi tra cui “Mustata” e “Cuddureddi” ), e di grappe.

Infine è diffusa anche anche la produzione di liquori e rosoli di vario tipo a base di agrumi (tra cui limoncelli, arancelli e mandarinetti), cannella, vari tipi di frutti ecc…

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Artigianato sciclitano

Le bardature infiorate della “Cavalcata di San Giuseppe”

Le tipiche e particolari “bardature” infiorate della “Cavalcata di San Giuseppe”, chiamate in dialetto “U Mantu”, sono il principale vanto dell’artigianato sciclitano.

Esse sono state inoltre iscritte nel “Registro delle Eredità Immateriali della Sicilia”, figurando tra i principali manufatti artigianali siciliani legati a eventi folcloristici e religiosi (per saperne di più clicca qui).

Queste bardature vengono poste sui cavalli che sfilano durante il suddetto evento che si tiene a Scicli e a Donnalucata nel periodo consacrato al “Santo Patriarca”  nei periodi limitrofi al 19 Marzo (vedi i link riguardanti le feste di “San Giuseppe” di Scicli e Donnalucata per saperne di più).

Esse vengono impiegate anche in occasione della cosiddetta “Infiorata a Cavallo” del 16 Agosto (vedi link della festa della “Madonna Assunta” di Scicli).

L’origine di queste “bardature” risalirebbe al periodo tra il 1500 e il 1600, in concomitanza con la nascita dei festeggiamenti in onore di “San Giuseppe”, e ancora oggi esse vengono allestite da vari “gruppi” di bardatori.

Le bardature sono più o meno simili a “mantelli” composti da una struttura formata da rami di palma che reggono un telo di iuta, sul quale vengono apposte varie composizioni infiorate create assemblando tra loro vari petali di fiori in cui predomina il colore violaceo della violacciocca (fiore chiamato in dialetto “U Balucu” ).

Le composizioni infiorate raffigurano immagini legate al culto di “San Giuseppe” e della “Sacra Famiglia”.

L’allestimento di una bardatura richiede molta pazienza per l’assemblaggio della medesima, per fare in modo che essa sia “stabile” e che soprattutto non possa dare fastidio all’animale (in questo caso cavalli) sui quali essa verrà apposta.

Ma anche il completamento “artistico” della medesima è molto minuzioso, infatti i petali vengono disposti con molta precisione e accuratezza in modo da ottenere la figura desiderata.

I cavalli, con queste speciali bardature, sfileranno per le vie di Scicli reggendo anche due grosse torce note come “I Ciaccari” (formate da fasci di ampelodesmo e incrociate ad “X”).

Essi verranno accompagnati dai “cavalieri” contraddistinti da un riconoscibile abbigliamento formato da camicia bianca, panciotto e pantaloni di velluto nero, un fazzoletto rosso annodato al collo e infine il berretto noto come “Burritta”.

Le bardature più belle verranno infine premiate da un’apposita commissione.

La lavorazione delle pietre “Pece” e “Mulinara”

In alcune aziende sciclitane viene lavorata la pietra “Pece” che tra l’ultima metà del 1800 e i primi decenni del 1900 veniva estratta presso le aree di Contrada Castelluccio e Cava Streppenosa (al confine tra i territori di Scicli, Ragusa e Modica), essendo utilizzata un tempo per la produzione di asfalti e bitumi.

La pietra pece, un particolare materiale litico di colore grigio scuro dovuto alla presenza di idrocarburi, un tempo lavorata da “Picialuori” (i minatori che la estraevano) e dai “Pirriaturi” (i picconieri che la lavoravano riducendola in vari “blocchi”).

Tramite i “Carritteri” essa veniva inviata presso gli scali portuali di Pozzallo e Mazzarelli (attuale Marina di Ragusa) o alla stazione ferroviaria di Ragusa, infrastrutture dalle quali essa veniva a sua volta inviata in varie aree al di fuori della Sicilia.

Una minima parte di essa era utilizzata dagli intagliatori locali, che con questo materiale effettuavano lavori edili o scolpivano vere e proprie opere d’arte.

In parte ancora oggi avviene ciò, e non è raro trovare aziende in cui questo materiale viene utilizzato per produrre elementi architettonici di alto pregio decorativo (così come avviene con la “Pietra Iblea” estratta presso Comiso, Modica e Noto).

L’utilizzo della pietra pece è però molto più antico, e di esso si hanno notizie sin dalle epoche preistoriche ed ellenistiche.

La lavorazione del medesimo materiale (per uso edile o artistico) proseguì nei secoli successivi toccando picchi elevati durante i secoli 1500 e 1600, e soprattutto durante la ricostruzione avvenuta dopo il terribile terremoto che l’11 Gennaio 1693 distrusse gran parte del Val di Noto.

A Scicli la pietra pece veniva e viene tuttora lavorata in ambito artistico da valenti artisti contemporanei che si ispirano al movimento artistico noto come “Il Gruppo di Scicli”.

Tra essi va citato lo scultore sciclitano Carmelo Candiano, autore di diverse opere scultoree in pietra pece.

Un tempo veniva lavorata anche la “Petra Mulinara”, un particolare materiale litico di composizione fossile – calcarea che veniva estratta presso la Contrada San Biagio, un’area iblea situata a nord della città di Scicli nota anche per la presenza di caseggiati feudali e di una necropoli di epoca paleocristiana.

A seconda della testimonianza di Tano Mormina (intagliatore nonché studioso sciclitano e creatore del “Museo della Pietra” di Contrada Trippatore a Sampieri), essa era la principale “materia prima” per le “macine” utilizzate in gran parte dei mulini per cereali dell’attuale provincia ragusana, che venivano prodotte in territorio sciclitano utilizzando appunto questa particolare pietra calcarea.

Questa pietra era particolarmente richiesta presso le aree del siracusano e del catanese, e addirittura a Malta e in Libia.

I blocchi di “Petra Mulinara” venivano estratti individuando i giacimenti della medesima, che venivano perforati ed estratti tramite dinamite.

Dopo esser stati levigati e divisi in dodici “spicchi”, questi blocchi andavano a formare appunto la “macina” che veniva inviata agli impianti molitori che ne facevano richiesta (per saperne di più clicca qui).

Un esempio di questo tipo di macina è posta presso la Piazza Nicola Calipari (tratto ovest di Via Francesco Mormina Penna), essendo stata scolpita dallo stesso scalpellino sciclitano Tano Mormina. 

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Strutture ricettive sciclitane

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Fotogallery di Scicli

(in allestimento)

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