Marina di Avola, Tonnara di Avola

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Marina di Avola
(Frazione di Avola)

Tonnara di Avola

Presso il borgo marinaro avolese noto come “Mare Vecchio” è posta la vecchia Tonnara di Avola, che è il principale edificio posto all’interno della borgata marittima avolese.

Essa venne costruita nell’anno 1633 al centro del limitrofo borgo marinaro venendo affiancata da un approdo marittimo in cui le barche dei pescatori potevano attraccare in tutta tranquillità.

Era una delle più grandi ed importanti “Tonnare” della Sicilia sudorientale, posta al centro della costa meridionale della Provincia di Siracusa bagnata dal Mare Ionio, in cui vi erano poste anche le Tonnare collocate presso le aree di Santa Panagia (Siracusa), Vendicari (Noto), Marzamemi (Pachino) e Portopalo di Capo Passero (per citare solo quelle principali o perlomeno tuttora esistenti).

Si tratta di uno dei monumenti più importanti della città di Avola addirittura considerato come uno dei suoi principali “luoghi” assieme al centro storico esagonale cittadino (con le sue piazze, chiese e palazzi) e alla Cava Grande del Fiume Cassibile.


La Tonnara di Avola.

La Tonnara di Avola venne fatta costruire dal locale “demanio marittimo” appartenente all’allora Vicereame di Sicilia e le venne dato il nome di “Tonnara del Fiume di Noto”, che deriverebbe dalla vicinanza dell’impianto di lavorazione del tonno alla foce Fiume Asinaro (che scorre in territorio netino lambendo tuttora l’antica città netina sul Monte Alveria e l’odierna città posta sul Colle Meti) posta presso l’area nota come “Balata” al largo della quale veniva sistemata “Camera della Morte”, ossia un sistema di reti in cui avveniva la “Mattanza” dei tonni che poi venivano trasportati e lavorati presso la suddetta tonnara (di cui parleremo più sotto).

Il demanio, retto da una “regia corte, dava in affitto la tonnara ai signori che ne facessero richiesta e che pagavano una ricca somma all’ente demaniale, ricevendone in cambio il titolo di “Barone della Tonnara del Fiume di Noto” e il completo incasso della vendita dei tonni lavorati al suo interno. Il primo a poter usufruire della tonnara fu un certo Gregorio Prinzi che nell’anno 1633 la ebbe in affitto per circa nove anni.

La tonnara venne affittata poi nel 1642 a Mariano e Pietro Nicolaci di Villadorata.

Nel 1651 passò in affitto al Conte Giovanni Andrea La Massa (originario di San Giovanni La Punta in Provincia di Catania) che però nel 1653 la cedette al nobile siracusano Sebastiano Pizzuto. 

Nel 1655 la tonnara venne acquistata dal giurista siracusano Simone Calascibetta (che acquisì anche le tonnare di Vendicari in territorio di Noto, Marzamemi in quello di Pachino e di Santa Panagia di Siracusa) divenendo quindi di proprietà privata, venendo però venduta nel 1667 al nobile siracusano Giovan Battista Conforto.

La famiglia Conforto tenne la proprietà della Tonnara acquisendo anche un ormai non più esistente impianto di lavorazione del tonno presso la Contrada Capo Negro (ormai non più esistente, vedi link riguardante l’area marina di Capo Negro nella pagina precedente per saperne di più) nel 1691 divenendo nota come “Tonnara del Fiume di Noto e di Capo Negro”.

La Tonnara di Avola e la limitrofa borgata marittima vennero danneggiati dal tremendo sisma dell’11 Gennaio 1693 che distrusse l’antica città avolese posta sul Monte Aquilone e seminò distruzione in tutta la Sicilia sudorientale (la cui area era allora nota come “Val di Noto”).

La tonnara venne venduta dalla baronessa Anna Conforto alla nobile famiglia catanese Tornabene nei primi anni del 1700.

In questo periodo risale il restauro della tonnara e il miglioramento del limitrofo approdo marittimo, a cui si aggiunse la costruzione di un palazzo utilizzato come residenza dei signori che la avevano in gestione (in questo caso la famiglia Tornabene) e di una piccola Chiesa di cui non si conosce il “Santo” a cui era consacrata, ma molto probabilmente vi era attivo il culto a “San Francesco di Paola” Protettore dei marinai e dei pescatori (che anticamente veniva festeggiato proprio presso la limitrofa borgata marinara avolese).

Alla famiglia Tornabene si affiancarono le famiglie netine dei Baroni Impellizzeri di San Giacomo e dei Principi Nicolaci di Villadorata che tra la seconda metà del 1700 e la prima metà del 1800 riavviarono così l’attività lavorativa all’interno di essa e del limitrofo sito peschereccio di Capo Negro.

Verso la fine del 1800 la tonnara rimaneva in mano ad esponenti delle tre famiglie (a cui si aggiunse anche l’avvocato e politico Matteo Raeli, imparentato con la famiglia nobile dei Marchesi Di Lorenzo di Castelluccio).

Nel 1895 la tonnara, che venne affittata ad un certo Giacomo Caruso, ebbe giurisdizione solo per l’antistante tratto marino posto di fronte alla costa avolese.

Nei primi anni del 1900 la tonnara passò alla famiglia nobile avolese dei Loreto (che aveva già vasti possedimenti agricoli presso la Contrada Chiusa di Carlo) che ne ebbe la proprietà fino al secondo dopoguerra (1950 circa), in cui la tonnara cessò la propria attività.


La vecchia Tonnara, posta vicino al Molo di Mare Vecchio.

Oggigiorno la Tonnara di Avola (un tempo nota come “Tonnara del Fiume di Noto e Capo Negro”), è inagibile a causa dell’incuria a cui è stata sottoposta per moltissimi anni (gli ultimi restauri vennero effettuati nei primi anni del 1900 per volere della famiglia Loreto) salvo quando per un breve periodo l’area adiacente al cosiddetto “Arco” divenne sede di un piccolo “circolo nautico” in cui erano ormeggiate imbarcazioni da diporto (anni 1980 – 1990 e primi anni 2000).

L’edificio è visitabile solo esternamente, mentre è altamente sconsigliato avventurarsi al suo interno perché soggetto a pericolo di crollo.

Infatti la Tonnara di Avola è stata appunto catalogata come “bene architettonico e turistico” da tutelare e restaurare nel più breve tempo possibile. Di ciò se ne è fatto carico la società edile Bulgarella di Trapani che ha intenzione di restaurarla per intero con l’intenzione di ridare nuova luce alla Tonnara di Avola, facendola diventare una struttura ricettiva di lusso capace di aumentare la valenza turistica del borgo marinaro avolese di Mare Vecchio dando anche buone opportunità occupazionali (per saperne di più clicca qui).

Passiamo alla descrizione della Tonnara di Avola posta all’interno di un grande edificio di origine seicentesca ma che ha subito rifacimenti nel corso dei seguenti secoli.

Essa era una “Tonnara di Ripasso” situata in un punto ben preciso prospiciente ai tratti marini in cui i tonni (la cui principale specie locale presente in quasi tutto il Mediterraneo è il cosiddetto “Tonno Rosso”, localmente nota come “A Tunnina” ) si riproducevano (e si riproducono tuttora) in cui veniva calato un intricato sistema di reti noto come “Camera della Morte” in cui i tonni venivano intrappolati e, tramite il rito della “Mattanza”, pescati.

La “Mattanza” veniva guidata dalle indicazioni precise del “Capo Rais” ossia il capo dei pescatori specializzati in questa tecnica di pesca (noti come “Tonnaroti”), che issavano le reti con i tonni che si dibattevano violentemente per issare quelli più grossi a bordo di grandi barconi noti come “Scieri” in cui si imbarcavano anche i tonnaroti (mentre i “Capi Rais” utilizzavano imbarcazioni più piccole note come “Muciare” e inoltre vi erano le barche per il trasporto di corde, reti ed ancore) venendo poi trasportati presso il limitrofo approdo (in questo caso la Tonnara di Avola).

Ovviamente i tonni piccoli venivano scartati e occasionalmente si catturavano anche altre specie di grossi pesci o della famiglia del tonno (di cui le Alalonghe) o di specie diverse (come ad esempio i Pesci Spada).

Tutto ciò avveniva al largo di Avola tra la scogliera di Capo Negro e la foce del Fiume Asinaro.

I tonni pescati nel tratto avolese del Mare Ionio venivano appunto convogliati all’interno di questa Tonnara, in cui avveniva la loro lavorazione.

I tonni venivano così puliti dalle parti di scarto (testa, pinne, interiora, lische ecc… che però venivano riutilizzate dai pescatori che se ne servivano come nutrimento) e la loro “carne” (corrispondente alla parte della coda) sezionata in vari tagli, cotta nel grande forno interno e conservata sott’olio o sotto sale.

Qui venivano lavorati anche il “lattume” (le gonadi maschili del tonno), “bottarga” (le uova femminili) e varie “frattaglie” commestibili del pesce quali il “cuore” o il “fegato” che venivano conservati sotto sale o sott’olio.

Da questa Tonnara i tonni (interi o tagliati in tranci, assieme a lattume, bottarga e frattaglie varie) venivano portati ai mercati cittadini delle limitrofe città di Avola e Noto.

Il cuore della “Tonnara” era appunto lo stabilimento posto nella parte principale dell’edificio collocata a nord del borgo di Mare Vecchio all’interno del quale venivano svolte le sopracitate lavorazioni del tonno pescato col sopracitato sistema siciliano della “Camera della Morte”. Possiamo notare i robusti pilastri che sostenevano il tetto (ormai crollato) dell’antica tonnara e la grande ciminiera che parte dal grande “forno” di ferro in cui il tonno veniva cotto.

Un’ala dell’edificio era adibita per l’essiccazione e la salagione del tonno, della “Bottarga”, del “Lattume” e delle interiora (di cui il pregiato “Cuore di Tonno”).

Di fianco ad esso vi sono il palazzo residenziale contraddistinto da eleganti finestre arricchite da balaustrini (ora murate) al cui interno vi erano un tempo eleganti stanze.

Da notare l’adiacente piccola Chiesa a facciata quadrangolare con portico d’ingresso e finestrone centrale che fungeva da principale “luogo sacro” della borgata di Mare Vecchio, su cui entrambi gli edifici si affacciano. Qui vi erano anche le scuderie e la foresteria della tonnara.

Lungo la Via Paolo Tiralongo (che conduce alla retrostante spiaggia detta della vi sono posti i magazzini interni ed esterni in cui venivano riposti olio, sale, imbarcazioni, arnesi da pesca e tutto ciò che poteva essere utile all’interno della tonnara.

Le rovine della Tonnara vera e propria.


L’area in cui era posto il forno in cui venivano cotti i tranci di tonno.


I pilastri della Tonnara e la vecchia canna fumaria del forno.


Particolare della canna fumaria del forno della Tonnara.


I magazzini della Tonnara e la vecchia Chiesa.


La Chiesa della Tonnara, ormai caduta in rovina.


L’interno della Chiesa.


Il palazzo posto presso la Tonnara.


Particolare delle mura della vecchia Tonnara.

Nella parte più vicina al mare attaccata al “Molo” di “Mare Vecchio” in cui vi era posto l’approdo vero e proprio della Tonnara in cui venivano calate le barche dei pescatori (e ovviamente dei tonnaroti), vi era posto uno dei simboli di Avola; il cosiddetto “Arco della Tonnara” che era tutto ciò che resta dell’atrio dell’edificio in cui i tonni venivano riposti in attesa di essere lavorati all’interno della limitrofa tonnara oppure di essere trasportati presso i “mercati” delle vicine città (o addirittura venduti direttamente in prossimità del molo avolese).

Oggi l’arco è completamente crollato in seguito ad una forte mareggiata avvenuta durante una straordinaria nevicata (che ha interessato gran parte della Sicilia orientale) avvenuta la notte del 1 Gennaio 2015 (evento che ad Avola non capitava da alcuni secoli) ma in seguito ai sopracitati lavori di restauro che dovrebbero interessare l’edificio è compresa la completa ricostruzione dell’arco.


L’Arco della Tonnara di Avola come si presentava qualche anno prima del crollo.

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