Buscemi, I Musei di Buscemi “I Luoghi del Lavoro Contadino”

Buscemi

I Musei di Buscemi “I Luoghi del Lavoro Contadino”

Buscemi è stata definita “Paese Museo” per la sua ricchezza di musei etnico – antropologici riuniti sotto il nome di “I Luoghi del Lavoro Contadino”, che narrano attraverso foto, oggetti, luoghi e anche tramite testimonianza diretta, quel che resta dell’antica vita lavorativa della cittadina buscemese e in generale della zona iblea del Val di Noto, la cui economia era incentrata sull’agricoltura, sull’allevamento e sull’artigianato. Essi formano un grande museo civico diviso tra i territori di Buscemi (centro storico) e Palazzolo Acreide (Mulino di Santa Lucia presso la Cava Purbella).

Essi nacquero da un’idea avuta nel 1988 dall’amministrazione comunale buscemese che, pensò di creare delle unità museali date in gestione ai giovani buscemesi che ne fossero interessati, per fare in modo che mostrassero le arti e i lavori della vecchia città di Buscemi ai visitatori facendo in modo di salvaguardare le antiche tradizioni della zona aretusea dei Monti Iblei. Nel 1991 sorsero questi musei che da allora mettono in mostra al turista che, visitando Buscemi, potrà avere modo di conoscere le tradizioni iblee. Questi musei sono in collaborazione con la “Casa Museo Antonino Uccello” di Palazzolo Acreide e sono stati patrocinati dalla Provincia regionale di Siracusa, dalla Regione Sicilia e soprattutto dall’Unione Europea, divenendo l’attrazione turistica più importante della cittadina iblea buscemese. Questi musei inoltre fanno in modo che i turisti visitino anche gli altri monumenti del centro storico di Buscemi (in particolare le sue chiese barocche) e parte delle sue aree medievali (come la zona delle case – grotta di Contrada Grotte).

La sede principale del Musei di Buscemi “I Luoghi del Lavoro Contadino” è posta in Via Libertà numero 10 presso l’ex Convento di San Giacomo (in cui vi è la biglietteria e gli accompagnatori che seguiranno i turisti durante le loro visite ai siti museali buscemesi). I musei sono in tutto 12 e si dividono in:

“A Casa ro Massaru”
(“La Casa del Contadino” – Via Principe Umberto – Via Piave)

È una piccola casa piuttosto rustica (tipico aspetto delle “case terragne”) appartenuta ad una famiglia contadina divisa in soli quattro vani. All’ingresso della casa possiamo ammirare alcune bisacce che servivano per trasportare gli ortaggi, degli attrezzi da lavoro (zappe, pale, picconi ecc…), alcuni setacci (chiamati “Crivi” in siciliano) e delle oncie (antiche “unità di misura” in metallo che servivano per far funzionare le bilance di una volta). Oltrepassato l’ingresso, vi è la stanza della cucina dove vi è un focolare in pietra e un piano in muratura sopra cui vi sono poste forme in Ceramica di Caltagirone per la “Mustata” (la “Mostarda d’uva”) e per la “Cutugnata” (una confettura indurita a base di mele cotogne); sulla parete vi sono appesi cucchiai, colapasta e mestoli in legno, mentre nel resto della stanza vi sono attrezzi per la panificazione. Nella stanza seguente vi sono attrezzi utilizzati per la tessitura (telai, fusi, spatole ecc…) mentre nelle pareti vi sono poste sia le piante da cui si ricavava sia il filo (Canapa o Lino) e i frutti i cui pigmenti naturali servivano per colorare i tessuti, sia raffigurazioni fotografiche sull’antica opera della tessitura nella zona iblea della Provincia di Siracusa. L’ultima stanza è la camera da letto, in cui vi è il grande letto di legno sopra cui vi è la “Naca a ‘bbientu” (“Culla sospesa”) in cui dormiva il figlioletto dei “Massari” ; poco distante vi sono il baule con la “Dote” (il corredo) della moglie del “Massaru”, alcuni giocattoli, un seggiolino in lego e alcuni “Rinali” (“Vasi da notte”). Sul “Cantaranu” (nome siciliano del meglio conosciuto comò) e sui comodini vi sono soprammobili, “Santuzze” (immagini che raffigurano i “Santi”) e foto antiche che ritraggono alcuni familiari.

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“U Parmientu”
(“Il Palmento” – Via G. Barrile)

A poca distanza dalla “Casa ro Massaru” vi è il “Parmientu”, ossia il luogo in cui veniva pigiata l’uva per ottenere il mosto che veniva utilizzato sia per fare la “Mustata” (la “Mostarda d’uva”), sia per farlo fermentare in modo che divenisse vino (oppure aceto da cucina a seconda dei casi). Il locale che ospita il palmento è lastricato con blocchi di pietre basaltiche e calcaree (quest’ultime sono noti come “Pietra Bianca”). Dentro esso vi sono due torchi per il vino; uno di epoca arcaica (forse greca) e uno risalente al XIX secolo. Quest’ultimo, formato da una struttura in legno che, tramite una “Vite senza fine” sostiene un possente macigno basaltico che schiacciava i chicchi d’uva dentro una vasca in pietra facendone fuoriuscire il succo (cioè il mosto), si presenta ben conservato e funzionante. Oltre ai due torchi vi è una serie di documenti fotografici e scritti che descrivono l’antica vinificazione negli Iblei dall’epoca greca fino ad oggi e una serie di recipienti tra botti in legno e canestri di vimini.

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“A Putia ro Firraru”
(“La Bottega del Fabbro” – Via Cavour)

La bottega del fabbro ferraio sorge dentro una grotta artificiale di epoca paleocristiana (che probabilmente fungeva da tomba rupestre) dentro la quale vi sono ancora gli attrezzi da lavoro utilizzati dai fabbri buscemesi tra cui vanno giustamente citati il grande mantice che alimentava la forgia in cui venivano lavorati i metalli, l’incudine e la grande esposizione di martelli, pinze e altri attrezzi usati per modellare i metalli.

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“A Casa ro Iurnataru”
(“La Casa del Bracciante” – Via Nazario Sauro)

È una piccola abitazione appartenuta ad umili contadini (abitata fino agli anni 1960) situata all’interno di un piccolo cortile lastricato con pietre di tipo calcareo. L’interno presenta una grande cucina a legna in muratura chiamata “Tannura” sotto cui vi è un piccolo spazio in cui veniva riposta la legna da ardere. Presso la “Tannura” la famiglia si riuniva per cenare e per stare insieme a riscaldarsi in inverno col calore sprigionato da questa specie di caminetto, utilizzato anche per cuocere il pane e per arrostire la verdura (a quei tempi la carne la mangiavano solo i ricchi poiché costava troppo per le tasche della povera gente, la cui alimentazione era basata su ortaggi e legumi). Accanto alla “Tannura” vi sono pentole e padelle, una scopa in vimini che serviva per pulire la cucina dalla fuliggine, e ghirlande di aglio e peperoncino appese sulla parete (anticamente si usava appendere sia l’aglio sia il peperoncino per farli essiccare e mantenere più a lungo). Poco distante vi è un letto incassato nella parete e sovrastato dal “Sularu”, una trave in legno che serviva sia come letto, sia come piccolo magazzino. Vicino al letto vi sono mobili antichi (comodini, sedie), una “Naca a bbientu”, un lume a petrolio, foto antiche, spighe di grano legate da in fiocco rosso (simbolo di abbondanza), mazzi di erbe aromatiche (origano, timo ecc…), un piccolo “Crocifisso” e diverse ceste in vimini situate sopra il “Sularu”.

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“A Putia ro Quarararu”
(“La Bottega del Calderaro” – Via Fontana)

“A Putia ro Quarararu” è situata in un locale situato accanto alla “Casa ro Iurnataru” che ospitava la bottega del calderaro, ossia dello stagnino (che fabbricava oggetti in rame o in altre leghe metalliche leggere). Qui sono esposti gli arnesi utilizzati per produrre il formaggio e la ricotta (pentole, giare, caldaie, colini ecc…) provenienti da una bottega situata a Vizzini (CT). Nei muri vi sono appese foto e documentazioni sulla produzione dei prodotti caseari nei Monti Iblei.

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“A Putia ro Falignami”
(“La Bottega del Falegname” – Via Colombo)

A poca distanza dalla “Putia ro Quarararu” vi è la “Putia ro Falignami”. Essa presenta attrezzi provenienti da una bottega di Palazzolo Acreide (seghe, pialle, martelli ecc..) utilizzati un tempo per l’artistica, quanto ardua fabbricazione artigianale di mobili e infissi utilizzando il legno locale (specie di olivo).

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“U Trappitu”
(“Il Frantoio” – Via Rotaia)

“U Trappitu” è uno tra i più interessanti musei di Buscemi, poiché esso è ubicato dentro un’antichissima chiesa rupestre che ancora presenta volte a crociera e arcosoli pazientemente scavati nella roccia calcarea dai Bizantini molti secoli fa posta presso l’area medievale di Buscemi adiacente a quella delle Case – Grotta nella zona meridionale del paese. Dentro questa grande caverna rocciosa possiamo ammirare la possente macina in pietra calcarea che, girando su se stessa trainata da poderosi muli, schiacciava le olive ottenendo così mediante una lenta frangitura, la pasta d’olive che poi veniva pressata dal possente torchio (il cui funzionamento è simile a quello situato presso il “Parmientu” ) ottenendo così l’olio d’oliva. Sulle pareti rocciose possiamo poi visionare dei documenti che descrivono in modo dettagliato le fasi dell’antica produzione dell’olio di oliva.

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“A Putia ro Scarparu e r’Appuntapiatti”
(“La Bottega del Calzolaio e del Conciabrocche” – Via Garibaldi)

Esso è uno dei più recenti musei di Buscemi, inaugurato qualche tempo dopo la morte dell’ultimo calzolaio di Buscemi (a cui apparteneva il locale). Qui vi sono esposti gli arnesi usati dal calzolaio per rattoppare le scarpe che i cittadini facevano aggiustare dal calzolaio poiché raramente potevano permettersi di comprare nuove paia di scarpe (poiché anticamente costavano parecchie lire), tanto valeva farle aggiustare da chi di dovere. Oltre a questi arnesi (aghi spolette ecc…) vi è anche un esposizione di scarpe antiche. In questo locale c’è anche uno spazio riservato ai conciabrocche (volgarmente chiamati “Appuntapiatti”, cioè “Aggiusta – piatti”) che, aggiustavano i piatti oppure anfore e vasi di ceramica che per caso si rompevano  o si scheggiavano col tempo. Infatti, oltre alla sopracitata collezione di scarpe antiche, vi sono anche numerosi vasi e piatti in Ceramica di Caltagirone. Sulle pareti vi sono documenti fotografici e scritti che descrivono l’operato dei calzolai e dei conciabrocche.

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Laboratorio Didattico
(Via Principe Umberto)

 E’ situata a poca distanza dalla “Putia ro Scarparu e r’Appuntapiatti” dentro una vecchia stalla avente delle volte a botte. Esso è stato concepito per far toccare con mano alle scolaresche (che si recano in gita d’istruzione ai musei buscemesi) gli antichi attrezzi dei fornai che utilizzavano anticamente per fare il pane, che ancora oggi resta l’alimento base della gente degli iblei, e gli strumenti di tessitura che venivano utilizzati fino a qualche tempo fa prima dell’avvento dei moderni macchinari con cui vengono fabbricate le stoffe. Gli studenti, dopo aver assistito ad alcuni filmati che riproducono l’antica lavorazione del grano e della tessitura negli iblei, vengono fatti lavorare dando loro l’opportunità di macinare i chicchi di frumento con macine in pietra (riproduzione di quelle arcaiche) chiamate in siciliano “Sbrie” e modellare la pasta con cui fare il pane a loro piacimento sulle spianatoie note come “Maidde” oppure tessere con antichi telai le stoffe così come avveniva nei secoli passati. Sono presenti anche gli spazi museali denominati “Arte Popolare – Sartoria – Abbigliamento” e “Lavorare la Pietra” rispettivamente dedicate ai lavori artistici in legno, ceramica, stoffa e pietra presso le aree dei Monti Iblei e della Sicilia sudorientale.

Sezione A “Ciclo del Grano” (Via Principe Umberto)

E’ ubicato nello stesso locale in cui vi è la sezione dei “Ciclo del Grano”. In questo museo sono esposti tutti gli arnesi utilizzati anticamente dai fornai per produrre il pane, ma soprattutto pizze e focacce, che venivano (e vengono) largamente consumate durante le feste (specie quelle natalizie). Possiamo ammirare le “Maidde” (i ripiani in pietra sopra cui veniva impastato il pane), i setacci con cui venivano selezionati i semi di frumento, alcuni arnesi del fornaio (pale per il pane, palette per rimescolare la legna che arde nel forno ecc…) e alcuni vestiti appartenenti ai mugnai e ai fornai. Nelle pareti vi sono documentazioni e fotografie che descrivono sia tutta la lavorazione del grano dalla mietitura alla panificazione.

Sezione B “Tessitura Popolare” (Via Principe Umberto)

Presso il laboratorio didattico dei Musei di Buscemi vi è anche l’interessante sezione dedicata alla tessitura popolare in cui viene mostrata l’antica arte della tessitura di tessuti vari nel Val di Noto e in particolare nella sua zona iblea (comprendente anche la cittadina di Buscemi). Possiamo ammirare e utilizzare un antico telaio di legno che, utilizzando fibre naturali (come il lino) da la possibilità di poter fare tele e stoffe come venivano fatte un tempo. Qui vi sono esposte anche fotografie, lavori in stoffa e antichi arnesi utilizzati per la tessitura.

Sezione C “Arte Popolare – Sartoria – Abbigliamento ” (Via Principe Umberto)

E’ situata sopra il Laboratorio didattico decritto in precedenza. Qui vi quattro grandi stanze in cui sono esposti opere d’arte popolare tra cui: abiti d’epoca e antichi costumi e vestiti utilizzati alcuni secoli fa presso le città del Val di Noto (per esempio vi sono antichi abiti utilizzati da confraternite religiose di un certo valore artistico), sculture sacre e no in legno e vimini opere di artisti locali, attrezzi agricoli, vasellame e alcuni pregevoli Presepi in legno o in terracotta provenienti da Caltagirone (e esempi di vasellame della medesima ceramica).

Sezione D “Lavorare la Pietra” (Via Principe Umberto)

Presso il laboratorio didattico dei Musei di Buscemi vi è anche la sezione nota come “Lavorare la Pietra” in cui è incentrata la lavorazione della pietra bianca dei Monti Iblei (la cui estrazione è tuttora concentrata tra le zone di Siracusa, Priolo Gargallo, Noto, Modica, Rosolini e Comiso). Qua possiamo ammirare numerosi lavori degli scalpellini locali come figure in bassorilievo e ornamenti vari e conoscere le varie tecniche utilizzate da scultori e intagliatori locali che da secoli lavorano i blocchi di pietra iblea creando anche i capolavori del tardobarocco del Val di Noto presenti in tutte le città della Sicilia meridionale (alcune di esse come Noto, Siracusa, Modica, Ragusa, Scicli, Caltagirone, Catania e Militello entrate a far parte dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco).

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Mulino ad acqua “Santa Lucia”
(ubicato nel territorio comunale di Palazzolo Acreide – Cava Purbella)

Situato in territorio palazzolese nella cosiddetta “Valle dei Mulini” (ossia Cava del Torrente Purbella), il Mulino ad acqua “Santa Lucia” è un’importante museo etno – antropologico ubicato dentro un mulino ad acqua (perfettamente funzionante). Questo mulino è facilmente raggiungibile dalla stradina che parte dal Cimitero di Palazzolo Acreide fino a scendere presso il fondo della Cava Purbella solcata dall’omonimo torrente, nota come la “Valle dei Mulini” proprio per la presenza di 4 mulini di cui il Mulino Santa Lucia ne è il primo (seguono i Mulini Torre, Scala e Grande che oggigiorno sono dimessi e fungono da abitazioni private) ed è l’unico funzionante. Seguendo la segnaletica si arriva quindi al vecchio Mulino Santa Lucia comodamente visitabile. All’interno di esso vi è un piccolo museo fotografico e antropologico dove viene fatta conoscere l’attività dei mugnai che lo abitavano. La macina del mulino è perfettamente funzionante. Essa viene azionata da una leva che fa funzionare o fermare la macina a seconda delle esigenze del mugnaio. La macina vera e propria si compone di una grande ruota di pietra sovrastata da un catino in ferro a forma di piramide rovesciata. Esso veniva riempito con chicchi di grano che cadevano man mano nella macina. Il lavoro era automatizzato; finché c’era il grano la corrente del torrente azionava il meccanismo che ne permetteva il funzionamento. Se il grano stava finendo, un contrappeso situato dentro l’imbuto metallico scendeva e faceva suonare “A campana ro massaru” (“La campana del massaro”) che avvisava l’esaurirsi del grano. Un altra componente importante della macina  era una stecca di legno che sbatteva sulla macina facendo capite che era attiva e che stava macinando. Per saperne di più clicca qui.

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Centro Documentazione della Vita Popolare Iblea
(Corso Vittorio Emanuele presso Ex Convento di San Giacomo)

 Il Centro Documentazione della Vita Popolare Iblea, nonché sede dei Musei di Buscemi, è ospitato presso l’ex Convento Benedettino dello Spirito Santo (che un tempo era ospitato in un Eremo posto nella campagna buscemese) comprendente anche la bella chiesa ormai sconsacrata di San Giacomo. Presso questo sito museale possiamo ammirare numerose documentazioni audiovisive sulla vita rurale, sui lavori antichi, sulle tradizioni popolare dei Monti Iblei e in particolare della città di Buscemi. Esse descrivono rispettivamente i lavori di: fabbri ferrai, agricoltori, pastori, stagnini, carbonai, intagliatori, tessitori ecc… Vi sono anche filmati legati alla molitura di grano e olive, alle usanze delle popolazioni iblei, alla vita del famoso antropologo Antonino Uccello e ad alcune feste popolari (tra cui la festività patronale buscemese della “Madonna del Bosco” nonché la bella festa di “San Paolo” di Palazzolo Acreide ma anche dei riti natalizi negli iblei).

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 Per altre informazioni sui Musei di Buscemi, oppure per prenotare visite scolastiche o private, visitate il sito www.museobuscemi.org o rivolgetevi ai seguenti numeri: +39 0931 878528 (telefono) e +39 0931 878721 (fax). I costi dei biglietti sono di 5 euro (intero), 2,50 euro (ridotto) e 2 euro (scolastico).

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