Cassaro, Tradizioni popolari cassaresi

Il “Mito dell’ultimo Carbonaio”

La città di Cassaro una volta era una grande produttrice di carbone di legna. Quest’attività economica è stata tramandata da tempi immemorabili forse dalle antiche popolazioni iblee, che si accorsero che il legno semicarbonizzato diveniva un ottimo combustibile capace di produrre calore per molto tempo.

Nel Medioevo, presso i territori iblei in cui sorge tuttora Cassaro, sorsero le prime attività di questo genere, che producevano però carbone solo a scopi familiari.

Sorta la città di Cassaro, qualcuno intuì che questo materiale poteva essere benissimo utilizzato in sostituzione del sempre più costoso legname di pino, importato già da allora dal Nord Italia o dall’Europa settentrionale. Neanche il terremoto dl 1693 interruppe quest’attività economica che si dimostrò molto remunerativa.

Favorita dalla presenza di folti boschi attorno alla Valle dell’Anapo (in particolare quelli delle Contrade Mascà, San Nicola e Giambra), Cassaro divenne la più importate città siciliana produttrice di carbone di legna, non a caso la fama di questa piccola cittadina iblea divenne nota così in tutta la Sicilia. I cosiddetti “Cravunari (“Carbonari”) lavoravano in mezzo al fuoco giorno e notte nelle campagne cassaresi per produrre questo “oro nero”; questo lavoro contribuiva sia dare un importante alternativa economica alla produzione dell’olio d’oliva (che si teneva e si tiene tuttora solo in autunno), sia a rinverdire le colline iblee privandole degli alberi ormai secchi (non venivano mai tagliati alberi verdi ne tanto meno secolari).

Il carbone veniva utilizzato: come combustibile per il braciere in ferro battuto (chiamato in dialetto “U Scarfamanu”, significante “Il brucia – mani”) che serviva a riscaldare le casine dei contadini e che tuttora gli anziani utilizzano per riscaldarsi e per arrostire carne, pesce o verdure; per alimentare la cosiddetta “Conca”, grande buca (simile ad un grande braciere in muratura) utilizzata per cucinare e per riscaldare sempre le case; infine veniva (e viene) usato nei “Fucuni” (una specie di barbecue in ferro battuto, ancora prodotto in Sicilia) per arrostire le vivande e per tostare il “Pane di Casa” (fatto con la farina di semola).

L’attività dei carbonai durò sino ai primi anni del 900, poi con i moderni combustibili prodotti nel poco distante Polo Petrolchimico a nord di Siracusa, il carbone cassarese perse importanza e nessuno lo produceva più per venderlo, poiché non era capace di competere con i nuovi carburanti fossili derivati dal petrolio (che si dimostrarono già da subito molto letali).

Oggigiorno si sta cercando di salvaguardare e di riproporre quest’antica attività, che ancora oggi viene praticata da poche persone il cui lavoro è stato tramandato loro da generazioni.

Tratto dal sito www.comune.cassaro.sr.it.

Perché le feste di Cassaro si festeggiano sempre ogni tre anni?

A Cassaro i “Santi” particolarmente onorati e festeggiati sono “San Sebastiano”, “Sant’Antonio Abate” (Protettori di Cassaro) e “San Giuseppe” (Patrono di Cassaro). La particolarità sta nel fatto che le solenni feste estive in onore di questi “Santi” sono festeggiate rispettivamente ogni tre anni; infatti Cassaro è l’unica città siciliana ad avere la caratteristica di festeggiare solennemente un Santo diverso ogni anno. Quest’usanza non si perse nel corso dei secoli neanche nella nuova Cassaro, ricostruita dopo il terremoto del 1693. Va comunque detto che le “festività liturgiche” consacrate ai suddetti “Santi” (il 17 Gennaio per “Sant’Antonio Abate”, il 20 Gennaio per “San Sebastiano” e il 19 Marzo per “San Giuseppe”) sono regolarmente festeggiate.

Oggi come oggi nessuno ha saputo spiegare ai curiosi e ai turisti che visitano la provincia aretusea il perché di questa usanza (o meglio “tradizione”); questo sito lo farà anche se le due ipotesi pervenute non è che siano del tutto certe.

La prima ipotesi è questa; le dicerie locali raccontano che anni fa non si sapeva quando e come festeggiare questi tre “Santi” tutti in un anno, poiché, a differenza della ricca e nobile Palazzolo Acreide, che poteva permettersi ben quattro sontuose feste (quelle consacrate rispettivamente a “San Paolo”, “San Sebastiano”, alla “Madonna Addolorata” e a “San Michele”, ultimamente sta venendo rifesteggiato con un certo fasto anche “San Giuseppe”), la piccola Cassaro non poteva festeggiare i tre “Santi” tutti in un anno, poiché le condizioni economiche della città non erano delle migliori. Allora si decise di festeggiare un “Santo” ogni tre anni. S’incominciò il primo anno a festeggiare solo “Sant’Antonio Abate”, il secondo “San Giuseppe” e il terzo “San Sebastiano”.

La seconda ipotesi è la seguente; molto probabilmente in passato c’erano stati violenti contrasti tra le “Confraternite” per far si che che le feste dei loro rispettivi “Santi” ricevessero i più sontuosi festeggiamenti a discapito delle altre. Le autorità cassaresi, per evitare disordini come quelle tra “Sampaulisi” e “Sammastianisi” nella vicina Palazzolo Acreide (vedi la sezione riguardante Palazzolo Acreide per saperne di più), imposero che si festeggiasse ogni anno un “Santo” diverso, per far si che le feste in onore di “San Sebastiano”, “Sant’Antonio” e “San Giuseppe” siano festeggiate tutte e tre con uguale prestigio mettendo così d’accordo le tre “Confaternite”.

 Bisogna dire che queste due ipotesi sono state dette a voce allo staff da alcune persone che stanno in città ubicate vicino Cassaro, quindi non si ha la certezza della veridicità di esse, ma comunque sembrano le più accreditate a spiegare perché questi tre “Santi” vengono festeggiati rispettivamente per tre anni diversi (specialmente la prima). Se qualora qualche utente di Cassaro voglia delucidarci su questa tradizione può farlo tramite la nostra mail di posta elettronica.

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