Chiaramonte Gulfi, Tradizioni popolari chiaramontane

Chiaramonte Gulfi

Tradizioni popolari chiaramontane

L’antico Culto di “Santa Margherita”

Presso l’antica città di Gulfi, distrutta nel 1299 in seguito al “Massacro di Gulfi” (vedi prossimo paragrafo) vi era un curioso culto consacrato a “Santa Margherita Martire” praticato all’interno di un’antica chiesa rupestre posta tra le Contrade Muti e Buzzolera, nell’area nota appunto come “Santa Margherita”, raggiungibile da Chiaramonte Gulfi imboccando la strada che conduce alla Contrada Piano Grillo dal Viale Santuario Maria Santissima di Gulfi per poi dirigerci alla nostra destra in cui troviamo un bivio formato da due traverse delimitate da uno spartitraffico, in cui imbocchiamo a nostra volta quella più a nord oltrepassando il tratto più a valle della Cava Porcara arrivando poi piazzola posta alla nostra destra in cui poter parcheggiare; di fronte a questa rientranza (alla nostra sinistra venendo da Chiaramonte Gulfi) vi è un breve sentiero che conduce alla Grotta di Santa Margherita in cui all’interno era posta una chiesa rupestre di origine bizantina.

Sulla costruzione di questa vi è un’antica leggenda locale che venne raccolta dallo studioso di origine palermitana Giuseppe Pitrè in cui questa “Santa Martire” salvò una ragazza da un grosso serpente che uccideva e divorava la gente che si avventurava presso questa contrada collocata a nord di Chiaramonte Gulfi, e le vittime preferite erano i bambini. Il grosso serpente venne ucciso e sul luogo in cui vi era posta la sua tana vennero ritrovati i corpi ormai scheletriti delle vittime. Dopo aver dato degna sepoltura alle vittime di questo mostro, qui venne costruita una chiesa che venne consacrata proprio in onore di “Santa Margherita” che venne distrutta o durante l’assedio di Gulfi nel 1299 oppure durante il terremoto dell’11 Gennaio 1693. Il culto chiaramontano a “Santa Margherita” durò fino alla prima metà del 1800 fino a quando non si affievolì scomparendo del tutto.

Il Massacro di Gulfi e la “Messa Interrotta”

Presso l’attuale area abitativa nota come “Villaggio Gulfi”, un tempo vi era posta l’antica città medievale nota appunto come “Gulfi” che venne fondata nel periodo altomedievale nel secolo 800 (il cui nome deriverebbe dal turco – arabo “Gul” significante “Rosa” o “Fioritura di Rose”, termine che venne dato per la fertilità dei terreni attorno all’attuale Chiaramonte Gulfi) poco più a sud dell’antica “Akrillai” (centro abitato di epoca greca a sua volta fondato dai coloni provenienti dall’antica Siracusa).

Questa città era collocata tra i Torrenti Para a sud e Aranci a nord e divenne man mano un importante centro abitato (e forse anche economico) nei periodi normanno e svevo in cui dal periodo che andava dai secoli 1000 e 1200 in cui’abitato si espanse divenendo una vera e propria roccaforte militare comprendendo anche l’imponente Chiesa Madre consacrata alla “Madonna”, sul cui sito ora è collocato l’attuale Santuario di Santa Maria di Gulfi.

Verso la fine del 1200 la Sicilia passò agli angioini che furono artefici di un malgoverno che portò alla rivolta nota come “Vespri Siciliani” scoppiata il 30 Marzo 1282 e venendo appoggiata dalla famiglia reale d’Aragona che rivendicava il trono di Sicilia. In seguito a questa rivolta scoppiò la “Guerra del Vespro” tra angioini e aragonesi che coinvolse gran parte della Sicilia. In quel periodo Gulfi faceva parte della signoria di Nicolò Rosso, passando poi al Conte di Modica Manfredi I Chiaramonte nel 1296, cominciando a fare parte della Contea di Modica.

Nel 1299 il rinnegato generale Ruggero di Lauria (che divenne alleato degli angioini tradendo gli aragonesi) pose sotto assedio anche la città di Gulfi che strenuamente resisteva, ma grazie all’ausilio di tre cavalieri vizzinesi che si schierarono dalla parte angioina (Giovanni Callari, Giovanni Landolina e Tommaso D’Alia secondo a quanto scritto dallo studioso palermitano Giuseppe Pitrè nella sua “Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane” scritta tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900). Loro convinsero gli abitanti di Gulfi ad arrendersi garantendo a loro una pace onorevole, ma questo patto non venne mantenuto e le truppe angioine, non appena entrarono in città massacrarono gran parte della popolazione non facendo distinzione tra uomini, donne e bambini. Questo infame atto divenne noto come “Massacro di Gulfi” e il tradimento dei tre generali vizzinesi e la conseguente partecipazione di truppe provenienti dalla medesima città al massacro diede vita ad una feroce rivalità tra le città di Chiaramonte Gulfi e Vizzini, di cui restano varie “canzoni” e “ingiurie” che non pare sensato trascrivere in questo sito, anche perché oggi l’odio tra queste due cittadine è totalmente cessato e questo “campanilismo” oggi non è più sentito né dai chiaramontani, né dai vizzinesi.

Sul Massacro di Gulfi vi è un’antica leggenda che narra di un avvenimento (ovviamente frutto della fantasia popolare) avvenuto presso la non più esistente Chiesa dell’Annunziata della città di Gulfi in cui le truppe angioine, durante una fase del sopracitato massacro, uccisero tutti coloro che assistevano ad una messa all’interno dell’edificio sacro che venne poi distrutto. La sera dopo il massacro le anime di coloro che vennero barbaramente uccisi comparvero ai soldati che si macchiarono delle loro uccisioni. I militari vennero ipnotizzati da loro e condotti nuovamente presso le Chiesa dell’Annunziata (che giaceva in rovina), e qui assistettero al resto della funzione religiosa che riprese dal momento in cui venne interrotta dal massacro. Al termine della messa si aprì una profonda voragine in cui tutti i soldati che si macchiarono del Massacro di Gulfi vi caddero morendo all’istante.

I tesori nascosti sui monti chiaramontani

A Chiaramonte Gulfi, così come in altre città della Sicilia sudorientale, vi è nella tradizione locale un grande numero di storie riguardanti ricchi tesori noti come “Truvature” nascoste sulle alture iblee all’interno di grotte o sotto terra, o a ridosso della cittadina chiaramontana (i Monti Arcibessi, Serra Burgio e Scannalupi) o presso i siti archeologici di Gulfi, Akrillai e Scornavacche.

Vi sono alcune leggende riguardo a questi tesori di cui quella più diffusa è quella di un vasto tesoro sepolto sotto le rovine della Chiesa di Sant’Elena posta presso l’antica città di Gulfi (lungo le sponde del Torrente Aranci a nord del Villaggio Gulfi) dove in una stanza sotterranea vennero collocati monete e gioielli in modo tale da impedire che coloro che massacrarono gli abitanti di Gulfi nel 1299 potessero ritrovarlo. Solo una persona buona di cuore e con l’anima pura sarebbe stata degna di rinvenire questo tesoro.

Un’altra leggenda di cui vi sono varie versioni narra di un ricco tesoro nascosto all’interno di una grotta sul Monte Arcibessi nascosto dopo il terremoto dell’11 Gennaio 1693 e che nelle notti di luna piena vi è la possibilità di rinvenire questo ricco tesoro.

Le “Neviere di Chiaramonte”

Le “Neviere Iblee” di Chiaramonte, che ora possiamo ammirare a ridosso del Monte Arcibessi, e presso i rilievi di Contrada Maltempo, Serra Burgio e Monte Scannalupi, sono antichi magazzini di cui ha notizia sin dal secolo 1600 (anche se la costruzione di essi sarebbe molto più antica) formati da muri di pietra “a secco” che si presentavano come un particolare edificio semi rupestre perché al loro interno vi era una fossa verticale al cui interno veniva riposta la copiosa neve che un tempo veniva raccolta sulle pendici dei rilievi iblei sopracitati e riposta all’interno di questi edifici in varie “lastre” divise tra loro da strati di paglia che contribuivano a mantenere il freddo all’interno della neviera e alla trasformazione della neve in ghiaccio.

Queste lastre di ghiaccio, che venivano porzionate a seconda dell’esigenza di chi le richiedeva, vennero utilizzate un tempo per mantenere il freddo all’interno delle antiche ghiacciaie (antenate degli attuali frigoriferi) in cui venivano conservati i cibi soggetti a deterioramento (carne, pesce, formaggi, ortaggi ecc…) oppure venivano utilizzate per la produzione di particolari dolciumi quali  gelati, sorbetti e granite.

Le neviere potevano essere pubbliche o appartenere a famiglie aristocratiche, proprietari terrieri più o meno ricchi o a varie associazioni di lavoranti (come ad esempio la “Neviera dei Macellai” posta presso il Monte Arcibessi, o quella di “San Giuseppe” appartenente all’omonima chiesa posta presso la Contrada Maltempo) e vi lavorava gente di qualsiasi età che raccoglieva la neve nei dintorni della neviera, in cui poi veniva sistemata all’interno della medesima fino a colmarne il magazzino interno.

Le Neviere di Chiaramonte rimasero in attività fino ai primi decenni del 1900, ma con l’invenzione dei moderni apparecchi refrigeratori (frigoriferi e congelatori) in cui utilizzo è garantito per tutto l’anno grazie alla corrente elettrica conservando in maniera ottimale il cibo (e con i quali è più facile produrre ghiaccio o particolari alimenti come i dolciumi sopracitati) fece in modo che vennero del tutto abbandonate cadendo in rovina, anche se alcune di esse vennero riconvertite in cisterne sotterranee. Oggi grazie all’operato di varie associazioni turistico – culturali locali è possibile ammirare le Neviere di Chiaramonte Gulfi rimaste ancora intatte.

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