Comiso, Tradizioni popolari comisane

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Comiso

Tradizioni popolari comisane

Il Fiume Ippari

Il Fiume Ippari che lambisce la città di Comiso e gran parte del suo territorio comunale, è oggetto di un’antica leggenda o per meglio dire di un “mito” di epoca greca, il quale narra la nascita del Fiume Ippari grazie al pastore e semidio “Hipparis” o “Ippari” e la ninfa “Kamarina”.

Il pastorello Ippari viveva presso la cima di un monte (molto probabilmente la “Serra Burgio” posta in territorio di Chiaramonte Gulfi), conducendo tutti i giorni il suo gregge a pascolare molto più a valle.

Un giorno arrivò in prossimità del Mare Mediterraneo em a poca distanza da una spiaggia riparata da un’alta scogliera, notò la giovane ninfa Kamarina.

Dopo un breve corteggiamento i due giovani si innamorarono l’uno dell’altro, ma il dio Zeus era anche lui innamorato della ninfa, e fece in modo che i due amanti non si poterono più incontrare.

Per la profonda tristezza legata a ciò, il pastore Ippari e la ninfa Kamarina morirono entrambi di crepacuore.

Visto ciò gli dei si impietosirono e trasformarono i corpi morenti del pastore e della ninfa rispettivamente in una fonte e in un lago.

Il corpo del pastore Ippari si trasformò quindi in una sorgente dalla quale scaturì un lungo corso d’acqua, ossia l’attuale Fiume Ippari.

Il corpo della ninfa Kamarina si tramutò un uno stagno, che grazie alle acque del Fiume Ippari andò a formare l’antico “Lago di Cammarana” (oggi prosciugato) posto un tempo nei pressi dell’antica città greca che prese il nome di “Kamarina”(le cui rovine sono poste a sud di Scoglitti), potendosi così “incontrare” in eterno.

Questo mito è comune ad altri del medesimo periodo storico riguardanti proprio la Sicilia sudorientale, tra cui vanno citati quelli di “Ciane ed Anapo” e della “Fonte Aretusa”, riguardanti l’antica città di Siracusa.

La Fonte di Diana

Al centro della città di Comiso, presso la Piazza Fonte Diana (che è quella principale della città) è posto il suo “simbolo” cittadino per eccellenza, la “Fontana di Diana”.

Questa fontana è alimentata da una sorgente sotterranea, che è anch’essa al centro di una curiosa leggenda locale.

Secondo i romani, questa sorgente era sacra alla dea Diana, protettrice dei cacciatori e della natura in generale, che dagli antichi greci veniva chiamata “Artemide”.

La dea, si fermava presso questa fonte per dissetarsi con le sue limpide acque durante le sue battute di caccia, e molte volte si immergeva all’interno di essa.

La popolazione greco – romana ritenne questa fonte cara alla sopracitata dea, e proprio attorno alla sorgente venne costruito villaggio da cui si sviluppò l’attuale Comiso,

Un’altra antica leggenda viene citata da un certo poeta romano chiamato “Remmio Fanno”, secondo la quale le acque di questa fonte erano in grado di riconoscere la “purezza” di una persona, in maniera particolare delle fanciulle di giovane età.

Se la persona era “pura” le acque rimanevano limpide se venivano raccolte, oppure se la persona in questione si immergeva in esse.

In caso contrario le acque si intorbidivano se la persona in questione avendo animo e corpo “impuro”, le raccoglieva o vi si immergeva.

Va anche detto che, secondo gli storici Tommaso Fazello e Fulvio Stanganelli, durante epoca greco – romana in prossimità di questa fonte si tennero i processi contro le donne accusate di adulterio, e le imputate per provare la loro innocenza dovevano attingere l’acqua da questa fonte e mischiarla con del vino.

Se vino ed acqua si mischiavano perfettamente la donna era “pura” ed era scagionata, in caso contrario la donna risultava “impura”, e purtroppo veniva giudicata secondo la legge di quel periodo.

Leggende riguardanti il Castello Aragonese di Comiso

Il Castello Aragonese di Comiso (meglio noto come “Castello Naselli”), è oggetto di molte leggende locali che narrano di vari eventi e di vari “fenomeni” che si tengono al suo interno.

La più curiosa di tutte è la seguente.

Un esponente dei Conti Naselli durante un assedio (molto probabilmente saraceno), si chiuse all’interno del castello respingendo così gli attacchi, anche se le scarse provviste alimentari stavano facendolo arrendere.

Ciò avvenne fino a quando non apparve “San Biagio” (il Patrono di Comiso), che consolò e sostenne il nobile durante questo assedio.

Il “Santo” disse al nobile di fuggire dal castello tramite un passaggio segreto, per arrivare presso una contrada nota come “Vigna del Conte” (esistente e posta sudovest di Comiso).

Qui il nobile doveva acquistare da un pastore alcune “Cavagne” di ricotta, le quali dovevano essere lanciate sui guerrieri che assediavano il castello, nel quale il nobile doveva fare prontamente ritorno.

Il conte fece quanto gli era stato detto da “San Biagio”, e i guerrieri che assaltavano il castello vedendo il lancio delle ricotte, credevano che all’interno della fortezza vi era un alto numero di provviste in modo da far sopravvivere il nobile per un lungo periodo.

I soldati smisero di assediare il castello ritirandosi, e così la città di Comiso fu salva.

Le antiche feste religiose di Comiso

Un tempo presso la città di Comiso, all’interno delle chiese e nei quartieri limitrofi venivano organizzate moltissime feste religiose che ne celebravano i corrispettivi simulacri.

Molte di esse sono ancora celebrate con devozione e gioia, ma tantissime altre non vengono più organizzate.

Una di queste era la “Festa di Santa Maria di Monserrato” che ricadeva la prima Domenica dopo Pasqua (meglio nota come “Domenica in Albis”), ed era considerata come una delle principali festività comisane assieme a quelle di “Santa Maria Annunziata” (e quindi della Pasqua), di “Santa Maria Addolorata”, del Patrono cittadino “San Biagio” e di “Santa Maria delle Grazie”.

Questa festa veniva celebrata tra le Chiese di Santa Maria di Monserrato e di Santa Maria delle Stelle, comprendendo lunghe e vivaci processioni a cui partecipavano varie corporazioni cittadine tra cui quella dei “Massari”.

Inoltre questa festività corrispondeva alla celebrazione del periodo greco – romano nota come “Cerealia”, ossia la festività in onore della Dea Cerere che salvaguardava la terra e la sua fertilità (da notare che da “Cerere” deriva il termine “Cerealia”, da cui a sua volta si forma la parola “Cereali”).

Un tempo venivano celebrate in forma più solenne anche le feste di “San Giovanni Battista”, della “Madonna dei Poveri”, di “Santa Maria della Mercede”, a cui si aggiungono festività ora festeggiate solo in “forma liturgica” come ad esempio quelle di “Santa Maria Assunta”, “Santa Maria dei Sette Dolori” e “Santa Maria del Rosario”.

Il campanilismo tra “Nunziatari” e “Matricrisiari”

A partire dal 1480 la città di Comiso si divise in due fazioni a seguito dell’elevazione di una nuova “Chiesa Madre” che venne consacrata a “Santa Maria delle Stelle”, che prese così il posto di quella consacrata a “Santa Maria Annunziata”.

Ciò avvenne perché quest’ultima si rifiutò di abbandonare la celebrazione delle messe secondo rito greco – ortodosso, recitate al suo interno sin dall’alto medioevo.

La nuova Chiesa Madre di Santa Maria delle Stelle venne costruita tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500, presso il sito in cui era ubicata l’antica Chiesa di Santa Maria del Mulino.

Quest’ultima era collocata presso la sponda orientale di quello che era il tratto urbano del Torrente Cucca, ora coperto dalla Via Papa Giovanni XXIII.

Alla fine del 1500 la costruzione dell’attuale “Chiesa Madre” cittadina terminò togliendo così il titolo di “Matrice” alla vicina chiesa consacrata a “Santa Maria Annunziata”, che come detto in precedenza era stata la prima ad essere costruita ed istituita all’interno della città comisana essendo consacrata in un primo momento a “San Nicola di Bari”.

Tutto questo suscitò aspre polemiche tra i comisani che si divisero in due fazioni:

  • i “Nunziatari” che erano i fedeli appartenenti alla Chiesa della Santissima Annunziata da cui prendono il nome, in quanto devoti al Simulacro di “Santa Maria Annunziata” (che viene portato in Processione a Pasqua)
  • i “Matricrisiari” ossia i fedeli appartenenti alla nuova Chiesa Madre di Santa Maria delle Stelle, che invece sono devoti a “Santa Maria Addolorata” festeggiata a Maggio (oltre che a “San Biagio Martire”).

Le due “fazioni” crearono purtroppo una divisione tra cittadini della stessa città con “Nunziatari” e “Matricrisiari” che si beccavano in tutte le occasioni possibili e, non di rado, questi piccoli screzi degeneravano in vere e proprie risse.

Va anche detto che i “Nunziatari” prendevano in giro i “Matricrisiari” chiamandoli “Cillicatori” per la loro abitudine di portare ceri durante le loro processioni, mentre i “Matricrisiari” chiamavano i “Nunziatari” col termine “Liuni” derivante dal termine “Liunera” utilizzato per identificare la loro sede ufficiale (appartenente all’Arciconfraternita della Madonna del Rosario).

 Durante le feste religiose più importanti delle loro chiese di appartenenza ovviamente “Matricrisiari” e “Nunziatari” coglievano l’occasione per rimarcare le loro presunte superiorità facendo a gara a chi aveva gli addobbi più fastosi, la musica più allegra e i fuochi pirotecnici più belli.

Va comunque detto che questa non era una divisione molto “territoriale” tra “Nunziatari” e “Matricrisiari” e non tutti i loro esponenti pensavano a sfottersi a vicenda, in quanto tra persone appartenenti a due fazioni vi erano ovviamente anche ottimi rapporti di amicizia, lavoro e familiari e in molti odiavano ovviamente avere questioni di “campanilismo” legate alle due chiese cercando di godersi le feste in massima tranquillità.

Col passare del tempo il campanilismo tra “Nunziatari” e “Matricrisiari” si attenuò di molto e non si assiste più a litigate, prese in giro e risse legate all’appartenenza alle due chiese, anche se però ancora oggi sussiste in qualche modo questa “divisione” tra comisani in quanto ancora oggi molta gente abitante a Comiso si definisce “Matricrisiara” o “Nunziatara”.

Comunque sia in gran parte della Sicilia esistevano (ed esistono ancora in parte), forme di campanilismo simili tra i devoti di vari santi.

Nel ragusano vi sono casi simili a Ragusa tra i fedeli di “San Giorgio” e di “San Giovanni Battista”, a Modica tra i devoti a “San Giorgio” e a “San Pietro”, a Scicli tra gli appartenenti alle chiese di “San Bartolomeo” e “Santa Maria la Nova”, e a Ispica tra i devoti del “Santissimo Cristo alla Colonna” e deal “Santissimo Cristo con la Croce”; nel siracusano va citato il campanilismo tra i devoti di “San Paolo” e di “San Sebastiano”.

Il Servo di Dio Pietro Palazzo

Il “Servo di Dio” Pietro Palazzo, è un’importante personalità religiosa comisana che viene molto venerata all’interno della città di Comiso.

Egli nacque il 14 Settembre 1576 a Comiso essendo figlio di un nobile soldato spagnolo noto come Giovanni Palazzo, e di una donna di origini giarratanesi che si chiamava Angela Margherita Guastella.

A 12 anni divenne “paggio” presso la corte di Beatrice di Aragona (che ereditò il titolo di “Contessa” dal marito Gaspare II Naselli), ma venne richiamato a Comiso in seguito alla morte del padre.

Pietro Palazzo andò poi a studiare a Modica le arti mediche, divenendo titolare poi di una “spezieria” (un’antica farmacia).

Nel 1600 compì un pellegrinaggio a Roma, che contribuì ad avvicinarlo alla vita consacrata.

Quando ritornò a Comiso cominciò a predicare le sacre scritture ai suoi concittadini, divenendo “sacerdote” nel 1616.

Negli anni successivi si impegnò a far rinascere religiosamente Comiso fondando anche tre istituti monastici:

  • il Convento maschile dei Padri Filippini di San Filippo Neri con l’annessa Chiesa del Gesù (tuttora esistente e posto tra le Vie Papa Giovanni XXIII e degli Studi);
  • il Convento Teresiano femminile di Regina Coeli (un tempo ubicato di fronte al Convento dei Padri Filippini dove ora è posta la Scuola Elementare);
  • il Convento Teresiano di San Giuseppe (posto un tempo presso Piazza Fonte Diana dove ora è collocato l’odierno Municipio di Comiso).

Pietro Palazzo morì in odore di santità il 28 Agosto del 1648, venendo poi seppellito all’interno della Chiesa del Gesù.

Dopo la sua morte acquisì il titolo di “Servo di Dio”, grazie al sentimento di devozione che i comisani avevano (e hanno ancora) verso di lui.

Fra’ Mansueto da Comiso

Fra’ Mansueto Cobisi noto anche come “Fra’ Mansueto da Comiso” (in origine Mansueto Cocuzza), fu un religioso comisano appartenente all’ordine dei Frati Cappuccini.

Egli nacque nella città comisana nel 1695 in un’umile famiglia di pastori, e da giovane il suo compito era proprio quello di fare da guardiano a capre e pecore anche se era si mostrava già da allora predisposto alla vita consacrata avendo intenzione di farsi “frate”.

All’età di 31 anni, fece richiesta di entrare come “laico” all’interno del Convento dei Frati Cappuccini di Comiso annesso alla Chiesa di Santa Maria della Grazia per avere la possibilità di diventare “monaco cappuccino,” e il padre superiore gli diede l’assenso.

Dopo un lungo periodo di noviziato divenne “monaco” a tutti gli effetti.

Fra’ Mansueto da Comiso erano noto per la sua profonda devozione mariana, e per il compimento di lunghi digiuni di penitenza.

Intanto correva voce di presunti “miracoli” operati dal frate, che era noto anche per il presunto “dono della profezia”.

Il primo “miracolo” certificato fu quello fatto ad un giovane garzone , il quale per errore perse delle “partite” di vino da consegnare al suo padrone; Fra’ Mansueto riempì le botti con dell’acqua e recitò l’Ave Maria dicendo al garzone di avere fede e di affidarsi alla “Madonna Immacolata”.

Con grande stupore, il garzone confermò che l’acqua si era miracolosamente trasformata in vino.

Altri miracoli e profezie vennero documentati, e la fama dell’umile frate divenne nota a Comiso e nei centri vicini.

Il numero di persone che voleva essere guarita o consolata dal frate comisano aumentò, ma il religioso prendeva le distanze dai meriti di tutto ciò, continuando a vivere la sua vita in maniera riservata.

Ciò avvenne fino a quando Fra’ Mansueto si si fece trasferire in un altro convento cappuccino, per la precisione a Piazza Armerina (EN).

In questo nuovo monastero, in cui il frate si faceva ben volere per la sua obbedienza ed umiltà ma anche per la sua fervente devozione alla “Madonna”, avvenne un altro presunto miracolo attribuito al monaco comisano.

Un giorno cadde molta neve, e il padre superiore del convento piazzese chiese scherzosamente a Fra’ Mansueto di raccogliere della neve dentro una “Vascedda”, e di darla poi ai suoi confrati.

Il monaco comisano obbedì e non appena diede il recipiente al superiore, lui e gli altri frati notarono che al suo interno vi era effettivamente della ricotta calda e fumante.

Si gridò al miracolo pure quella volta, mentre il frate comisano andò subito a ringraziare la “Madonna” per avergli agevolato il compito datogli dal suo superiore.

Intanto a Comiso erano in molti quelli che volevano il ritorno in città di Fra’ Mansueto, e furono molte le lettere indirizzate al Convento Cappuccini di Piazza Armerina in cui si richiedeva il ritorno del religioso presso la sua città natia.

Dopo molte richiese Fra’ Mansueto, ritornò a Comiso dove visse nel Convento dei Cappuccini per il resto della sua vita.

Il monaco fu protagonista di altri due miracoli.

Il primo di essi, era quello della presunta moltiplicazione del frumento avvenuto all’interno di un magazzino.

Il religioso chiese per conto del convento alla moglie di un feudatario un certo quantitativo di frumento, che però lei (che tra l’altro era una devota di Fra’ Mansueto) a malincuore non poteva dargli, in quanto le scorte di grano erano inferiori rispetto a quelle degli altri anni per colpa di una grave carestia.

Il monaco dopo una breve preghiera chiese a lei di andare al magazzino e, con grande sorpresa notò la presenza di abbondanti scorte di frumento.

Il secondo miracolo avvenne in un feudo posto lungo le rive del Fiume Dirillo (tra i territori di Acate, Chiaramonte Gulfi, Mazzarrone e Caltagirone), dove ad un “Massaro” scappò un toro.

La cattura dell’animale era difficile a causa del carattere selvaggio del medesimo, ma Fra’ Mansueto dopo una breve preghiera fece ammansire il toro riconsegnandolo al suo padrone.

Intorno ai 50 anni le condizioni di salute di Fra’ Mansueto da Comiso andarono sempre più a peggiorare fino a quando, il 26 Giugno del 1749 morì all’età di 54 anni venendo tumulato all’interno della cripta della Chiesa dei Cappuccini di Comiso.

Dopo la sua morte Fra’ Mansueto da Comiso venne proclamato “Servo di Dio”.

Il corpo di Fra’ Mansueto da Comiso venne poi imbalsamato e traslato all’interno della cappella – ossario in cui sono poste le “Mummie di Comiso”.

Le sue spoglie riposano dentro una teca di vetro, posta sull’ingresso della cappella sepolcrale.

Il suo corpo è l’unico quasi completamente incorrotto tra tutte le mummie comisane (in gran parte scheletrite), e ciò venne visto come l’ultimo grande “miracolo” operato dal frate comisano, che ancora oggi gode di una certa devozione all’interno della città di Comiso.

Le Mummie di Comiso

La città di Comiso è nota in tutta la Sicilia sudorientale per la presenza delle “Mummie” dei Frati Cappuccini, poste all’interno di una cappella sepolcrale facente parte della Chiesa di Santa Maria della Grazia.

L’edificio sacro un tempo faceva parte dell’attiguo convento cappuccino, divenuto poi sede del vecchio Ospedale cittadino. 

L’imbalsamazione dei corpi dei monaci defunti per malattie varie o per “vecchiaia”, cominciò ad essere praticata nel convento a partire dall’anno 1742, cessando poi nell’anno 1838 in seguito all’editto che vietava le sepolture all’interno dei centri urbani.

Ovviamente anche in altre aree della Sicilia veniva effettuata la mummificazione dei cadaveri, in quanto essa era una pratica utilizzata per la conservazione dei corpi all’interno dei centri urbani.

L’esempio più noto di tutto ciò è rappresentato dalle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, a cui si aggiungono le cripte sepolcrali di Burgio e Savoca nelle province di Agrigento e Messina, oltre a vari siti simili posti nella Sicilia centroccidentale e settentrionale.

In Sicilia sudorientale, l’unico sito sepolcrale di questo genere è appunto rappresentato dal suddetto convento cappuccino di Comiso (un altro sito simile era ubicato sotto il convento cappuccino appartenente alla Chiesa della Madonna dei Pericoli di Siracusa).

I cadaveri dei monaci venivano trattati con vari balsami profumati che rallentavano il processo di decomposizione, per poi essere posti all’interno della cripta sotterranea su appositi sedili di pietra provvisti di colatoi, i quali permettevano il deflusso verso il basso dei liquidi corporei espulsi dalla parte inferiore del corpo dopo il decesso.

Tutto ciò permetteva una prolungata “conservazione” del cadavere.

I corpi erano poi vestiti col saio francescano, a cui veniva collocato un cartellino identificativo con nome, cognome e data del decesso.

Molti di essi, tra cui quello del religioso Fra’ Mansueto da Comiso, si conservarono perfettamente presentando ancora pelle, capelli, denti, unghie e gran parte dei tessuti interni.

Altri invece subirono l’irreversibile processo di decomposizione, divenendo “scheletri” a tutti gli effetti.

L’unico cadavere “laico” presente tra le mummie è quello del filantropo comisano Gabriele Di Stabile, che finanziò la costruzione della Chiesa di Santa Maria Annunziata (alla quale parrocchia appartiene proprio la Chiesa dei Cappuccini con le sue mummie).

Dopo l’imbalsamazione, i corpi ormai secchi e non più maleodoranti, venivano poi posti sulla soprastante cappella sepolcrale, al cui interno troviamo anche numerosi teschi più o meno integri (alcuni provvisti di mascella inferiore, altri no), e teste mozze ricoperte da pelle e muscoli ormai rinsecchiti.

Un cranio fu oggetto di studi in quanto presentava alcuni fori, e si ritenne che esso appartenesse ad una persona che subì un intervento al cervello mediante trapanatura della calotta cranica.

Dentro la cripta vi sono anche due scheletri posti in altrettante casse mortuarie, di cui uno appartenente ad un individuo diciottenne proveniente dall’Italia settentrionale, che si chiamava “Filippo Zanga” .

La Repubblica Indipendente di Comiso

Durante il periodo della II guerra mondiale, Comiso e il suo territorio furono oggetto di intensive operazioni militari per la presenza del suo aeroporto appartenente all’esercito italiano.

L’infrastruttura militare era intitolata al pilota palermitano “Vincenzo Magliocco”, deceduto durante la guerra in Etiopia.

L’aeroporto, gran parte delle aree limitrofe e anche la stessa Comiso vennero bombardate, e vi furono molte vittime e danni incalcolabili.

I bombardamenti più duri avvennero specialmente nel 1943, durante il quale avvenne lo “Sbarco in Sicilia” dell’esercito angloamericano durante la notte tra il 9 e il 10 Luglio del medesimo anno.

Questa operazione militare contribuì alla caduta del regime fascista italiano.

Anche se la città comisana venne liberata dai fascisti assieme al resto della Sicilia, la situazione rimaneva grave a causa dei danni subiti dai bombardamenti, e le risorse economiche, igieniche e alimentari erano ovviamente scarse.

Verso la fine del 1944 in tutta l’area liberata dai nazifascisti facente parte dell’Italia, arrivò una nuova “chiamata alle armi” da parte dell’esercito italiano (ora alleato degli angloamericani) per ripristinare un corpo armato capace di contrastare i nazisti nel nord Italia (assieme all’esercito angloamericano).

Ai siciliani arrivarono le cosiddette “cartoline” per presentarsi all’adunata, ma la popolazione ormai stanca e provata dal periodo bellico non ebbe più intenzione di vedere nuovamente i propri figli partire per andare nuovamente a combattere, abbandonando nuovamente le loro attività lavorative (agricole, artigianali ecc…) con l’incombente rischio di morire o di tornare a casa gravemente feriti e / o mutilati.

Fu così che gran parte dei siciliani diedero vita ai movimenti del “Non si parte”, mediante i quali la chiamata alle armi veniva rifiutata.

Tutto ciò causò molti scontri che terminavano con arresti ed uccisioni dei dimostranti.

In tutta la Provincia di Ragusa, così come nelle limitrofe aree di Siracusa e Catania il movimento del “Non si parte” prese vigore; e quindi anche a Comiso in molti rifiutarono la chiamata alle armi e al grido collettivo di “Nun pattiemu” (“Non partiamo”).

Verso la fine del 1944, dopo l’ennesimo rifiuto collettivo della chiamata obbligatoria alle armi, all’interno della città ipparina scoppiò la rivolta contro il provvisorio governo militare italiano.

Il 6 Gennaio 1945, dopo vari scontri con le autorità locali e alcune guarnigioni angloamericane, venne proclamata la “Repubblica di Comiso”.

Essa era una forma di “città stato” governata da un comitato che autogestiva la cittadina ipparina, garantendo ai suoi abitanti la libertà dalla guerra e cibo a chi ne avesse più bisogno (malgrado le poche risorse alimentari disponibili).

La proclamazione di questa “repubblica” trovò il favore degli indipendentisti siciliani, coloro che volevano (e tuttora vogliono) l’indipendenza della Sicilia dal resto dell’Italia.

Dopo una settimana l’esercito italiano circondò Comiso minacciando i rivoltosi dando loro un ultimatum in cui se non cessavano la rivolta, erano inevitabili vari interventi militari.

Grazie al clero cittadino i rivoltosi trattarono con l’esercito arrendendosi, venendo comunque imprigionati ad Ustica e a Lipari.

I carcerati che parteciparono alla rivolta ricevettero comunque l’amnistia al termine del conflitto, essendo di conseguenza scarcerati nel 1946.

I Missili di Comiso

Dopo gli anni del secondo dopoguerra e il ventennio 1960 e 1970, all’inizio degli anni 1980 la città di Comiso si presentava come una tranquilla cittadina di provincia, i cui unici “fervori” erano le solite dispute campanilistiche tra “Nunziatari” e “Matricrisiari” che culminavano al massimo in qualche battibecco (il periodo delle risse era terminato parecchi decenni fa).

A nord della città, l’ex aeroporto militare “Vincenzo Magliocco” venne ricostruito dopo i danni subiti durante la II guerra mondiale, effettuando per un determinato periodo di tempo anche qualche “volo civile”.

Il 7 Agosto 1981, il governo italiano che allora era retto dal ministro Giovanni Spadolini, decise di riutilizzare nuovamente l’aeroporto come “base militare” appartenente alla NATO, la quale collocava al suo interno la presenza di una guarnigione americana.

L’aeroporto doveva ospitare le batterie di missili da crociera a lungo raggio (noti come “Cruise”) che avevano testate nucleari al loro interno; in poche parole si trattava di vere e proprie “bombe atomiche”.

L’intenzione era quella di costruire l’ennesima base strategica, mediante la quale intimorire l’Unione Sovietica dall’Europa meridionale durante il periodo conclusivo della cosiddetta “guerra fredda”.

Ovviamente all’interno della città di Comiso vi furono netti contrasti tra le autorità politiche favorevoli e contrarie.

Il popolo comisano e le principali autorità religiose cittadine erano ovviamente contrari alla collocazione di missili a testata nucleare, posti praticamente a poca distanza dalle loro case.

I comisani avevano giustamente la paura di un eventuale utilizzo di questi missili nucleari, che avrebbe comportato l’inizio di una nuova e terribile guerra.

Infatti i missili da Comiso potevano colpire obiettivi in Europa, Africa ed Asia, e allo stesso tempo  poteva essere colpita Comiso e l’intera Sicilia.

Si aveva anche la paura di eventuali “incidenti” che potevano provocare o l’innesco dei missili causando le ben note terrificanti esplosioni, o la perdita di materiale radioattivo.

In quel periodo il politico e sindacalista siciliano Pio La Torre si schierò contro i “missili” a Comiso,  città che nel frattempo acquisì nuovamente un’alta importanza “militare”, e tutto ciò faceva preoccupare non solo i comisani e coloro che popolavano la Provincia di Ragusa e la Sicilia, ma l’intero territorio italiano.

Iniziarono le manifestazioni pacifiste sia a Comiso che nei pressi dell’aeroporto “Magliocco”.

Esse durarono durarono dal 1981 al 1986, periodo in cui molti “pacifisti” crearono un grande “accampamento” nei pressi della nascente base.

La manifestazione principale fu quella del 4 aprile 1982, che vide la presenza di più di 100000 persone a Comiso che manifestarono contro il collocamento delle testate nucleari.

In quel periodo, lo stesso Pio La Torre venne ucciso durante un agguato mafioso a Palermo avvenuto il 30 Aprile del 1982.

La suddetta manifestazione non servì a nulla perché  dal 1983 i primi militari americani si stabilirono all’interno della base portando con loro le tanto temute testate nucleari.

Gli scontri tra i manifestanti pacifisti e le autorità durarono fino al 1986.

La situazione si risolse a partire dal 1987 grazie alla “distensione” tra Stati Uniti e Unione Sovietica, che si impegnarono a firmare un trattato in cui gli armamenti nucleare statunitensi e sovietici dovevano essere ridotti.

La base militare di Comiso venne quindi smantellata con la progressiva rimozione totale dei missili nucleari e la riconversione dell’aeroporto “Vincenzo Magliocco” da “militare” a “civile”. 

All’inizio degli anni 1990 venne smantellata l’ultima batteria di testate atomiche mettendo fine al periodo dei Missili di Comiso.

Oggigiorno quella base militare è divenuta sede dell’Aeroporto “Pio La Torre”, una delle più importanti infrastrutture logistica della Sicilia sudorientale.

La Comunità Buddista di Comiso

Sulle alture della Contrada Canicarao a nordest di Comiso è posta la “Pagoda della Pace”.

Essa è un tempio buddista in cui viene praticato il “culto buddista alla pace”, la cui costruzione terminò il 24 Maggio 1998.

Presso questa pagoda ha sede la piccola comunità buddista comisana, che è una delle poche presenti in Italia associate al culto “Nipponzan Myohoji” fondato dal monaco giapponese Nichidatsu Fujii nel 1917.

Questa comunità è retta dal monaco buddista giapponese Gyosho Morishita.

Presso questa pagoda si pratica il culto in cui, secondo la religione buddista, aiuta il mondo a mantenersi in pace e a evitare gravi conflitti.

Chiaramente la costituzione di tutto ciò funge da necessaria “contrapposizione” alla funzione militare che Comiso doveva avere a causa della base dei missili nucleari, oggi sede dell’aeroporto “Pio La Torre”.

Il culto buddista comisano prevede lo svolgimento di due feste durante l’anno, la “Festa dei Fiori” ad Aprile e la “Festa della Pace” a Luglio.

I “Tamburi Imperiali di Comiso”

I “Tamburi Imperiali di Comiso” è un’associazione folcloristico – musicale che nasce nella città ipparina nell’Agosto 2014, ad opera dei comisani Giovanni Occhipinti e Gianni Emolo.

Essa è una “banda musicale” di ispirazione medievale, che col suono dei suoi tamburi e delle trombe è presente in buona parte delle festività siciliane (e ovviamente comisane), oltre a vari festival medievali, sagre ed eventi vari organizzati in Sicilia e nel resto d’Italia.

In poco tempo i Tamburi Imperiali di Comiso, formati da musicanti di giovane età, è divenuta una realtà folcloristica importante per la città di Comiso, essendo collocata tra le medesime delle Province di Ragusa, Siracusa e Catania.

Per saperne di più visitate il sito tamburicomiso.wixsite.com o la relativa pagina facebook.

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