Lentini, Chiesa della Santissima Trinità e San Marziano – Ex Convento delle Clarisse


La bella Chiesa della Santissima Trinità e San Marziano, una delle più belle della città di Lentini.

La chiesa della Santissima Trinità e San Marziano occupa uno slargo naturale alle pendici del colle S. Francesco che si trova nella parte ovest della città. In origine il fabbfricato era integrato con il monastero di S. Chiara, ricostruita dopo il terremoto del 1693 su progetto dell’architetto Vincenzo Vella da Malta, mostra una facciata austera legata ai locali che un tempo erano del monastero omonimo.

La maestosità dell’edificio si fonde con lo spazio antistante e domina dall’alto del colle, l’intera Città di Lentini. La facciata unisce i tratti rinascimentali a quelli della tradizione tardo barocca, e si compone di due ordini. Nell’ ordine inferiore si trova il portale, che presenta motivi di rombi, ornato da due pseudo colonne tripartite. I capitelli sono in stile corinzio e su essi è situata l’architrave ornata da piccoli rosoni. Nell’ordine superiore trova posto il campanile, caratterizzato da quattro lesene che separano tre archi a tutto sesto, all’interno dei quali sono collocate le campane.

L’interno della chiesa, ad una sola navata, a pianta rettangolare, presenta stucchi bianchi infranti da bordature dorate, altari laterali, lo splendido altare maggiore in pietra d’agata e lapislazzuli, e l’artistico pavimento in ceramica di Caltagirone, si annovera la presenza di dodici pseudo colonne, a trama marmorea, con funzione decorativa, i cui capitelli corinzi riprendono i canoni di quelli esterni, con giochi cromatici ed una sontuosità maggiore dovuta al contrasto tra il candore degli stucchi e il dorato delle foglie d’acanto poste sui diversi ordini. La volta della navata fu affrescata nel 1799 dal catanese Sebastiano Monaco, rappresentante la gloria della Trinità e i Santi Marziano, Chiara, Benedetto e Francesco. Il vestibolo di forma rettangolare, presenta una volta a crociera. In esso è possibile ammirare il pavimento di ceramica calatina con al centro uno stemma raffigurante l’emblema dell’ordine di S. Giacomo della Spada, concesso alla badessa del convento nel 1313 dalla Regina Eleonora. Il catino absidale è sormontato da un arco a tutto sesto e scandito da sei pseudo colonne anch’esse di ordine corinzio. In questa zona sono poste le gelosie e il monumentale altare di marmi pregiati in stile neoclassico, consistente in una mensa poggiata su tre campate, e da un piccolo tabernacolo sormontato da un capolino, la cui porticina è di raro pregio artistico. Negli altari laterali si trovano tele del XVIII secolo, opera del pittore palermitano Giuseppe Velasco (1750-1827 ) , raffiguranti la “Santissima Trinità e San Marziano”, la “Gloria di Santa Chiara”, “La Crocifissione” e un Polittico del XVI secolo del pittore lentinese Giovanni Antonio Ganci in cui sono raffigurati al centro della scena, la “Natività” e la “Trasfigurazione del Signore”. Ai lati da destra verso sinistra, i “Santi Scolastica e Benedetto”, e i “Santi Pietro e Paolo”; e una pala del XV secolo raffigurante “Sant’Antonio da Padova” attribuito alla scuola di Antonello da Messina. Sono visibili anche due tele di minori proporzioni, che raffigurano la morte di “San Giuseppe e la cena in casa di Simone”, del pittore Costantino Carasi.

Note storiche (Sebastiano Pisano Baudo) Tre monasteri di francescane furono fondati a Lentini. Nel pendio dell’ameno colle del Tirone sotto la regia fortezza sulle rovine dell’antico tempio di Cerere fu fabbricato nel 1312 il monastero di Santa Chiara a spese della regina Eleonora, che soleva qui abitare per più mesi all’anno .Con privilegio del Re Federico II di Sicilia, le monache furono insignite del Real Ordine militare di San Giacomo della Spada. Fra le monache lentinesi che vissero in odor di santità in questo monastero, le antiche carte ricordano suor Agata Fischetta e suor Antonia, la prima per le molte apparizioni e rivelazione avute dei tre “Santi Fratelli” e la seconda per i flagelli con i quali si straziava le carni fino a restare esanime, da notare suor Prudenzia Bellardita, sorella di Paolo vescovo di Lipari. In seguito sorsero i monasteri della SS. Trinità e S. Marziano. Con testamento presso gli atti del notaro Giovanni Rubbino del 16 aprile 1318, Guglielmo Marchese lasciò tutti i suoi beni all’Abate del monastero di donne vergini di buona vita e fama, sotto l’espressa condizione che ciò non facendo i beni ereditari dovevano passare nelle mani del Priore del convento di Santa Maria del Carmine, del Guardiano del convento di San Francesco e dell’Abadessa del monastero di S. Chiara per eseguire la volontà del testatore. L’Abate o non accettò l’eredità o non adempì all’obbligo a lui imposto, poiché si ha dagli atti pubblici che il Guardiano del convento di San Francesco ed i Giurati della città fondarono il monastero sotto il titolo della Santissima Trinità. Le prime monache abitarono le stesse case del fondatore nella contrada della terra dei Cosentini. Il terremoto del 10 dicembre 1542 distrusse la parte migliore di questo monastero; tutte le monache rimasero sotto le macerie; solo quattro e l’Abbadessa benché ferite si salvarono dalla morte. Allontanate dalla demolita casa le sopravvissute suore furono alloggiate presso il tetto poco danneggiato delle due chiese pertinenti alle confraternite di San Leonardo e di San Marziano, situate nella c. da S. Andrea; ma essendo molto ristretto il locale, poco tempo dopo furono accolte in un dormitorio che vicino le dette chiese le fabbricò a proprie spese ed accanto la propria casa di abitazione il nobile Sebastiano Falcone. Nel 1513 con l’autorizzazione del P. Ottaviano Premono Provinciale dell’ordine dei Minori Conventuali e la conferma del Generale dello stesso ordine, fu in questo luogo eretto il nuovo monastero sotto il titolo della Santissima Trinità, fu ampliato con l’acquisto di altre case vicine e nel 1516 gli fu aggregata la Chiesa di San Marziano. Cresciute di numero le monache, nacquero fra di loro serie contese, poiché alcune domandavano di ritornare nel vecchio monastero, ed altre volevano restare nel nuovo. La lotta fu molto viva finché i due monasteri subirono la separazione. Su accordo del Commissario Generale dei Minori Giacomo Polizzi ed appianate altre divergenze sulla separazione dei beni su domanda della Abadessa suor Antonina Sigona, nel 1551 la richiesta fu definitivamente accolta ed eseguita. Una parte delle suore andarono ad abitare l’antico monastero chiamato della Santissima Trinità superiore, perché situato nella parte alta della città, le altre rimasero nel nuovo, che fu chiamato della SS. Trinità inferiore e di S. Marziano perché riunito a questa chiesa e situato nella parte bassa della città. Nei giorni 9 e 11 gennaio 1693 i tre monasteri furono totalmente distrutti, e riuniti i beni di quelli della Santissima Trinità e San Marziano e parte di quello di Santa Chiara, ne fu istituito uno solo sotto il titolo della Santissima Trinità e San Marziano. Il nuovo monastero fu eretto nel 1705 sulle rovine del palazzo Falcone, di cui si osserva sul portone lo scudo con le armi gentilizie della famiglia, e la chiesa fu costruita sul suolo del palazzo La Palumba che i deputati della riedificazione avevano venduto all’ Abbadessa nel 1700 . Le monache in seguito acquistarono privilegi e ricchezze e con le lettere osservatoriali del 1762 le fu confermato il titolo del Real Ordine Militare di San Giacomo della Spada.


La Navata interna della Chiesa della Santissima Trinità e San Marziano.


Particolare del Tabernacolo con intarsi di pietra agata e lapislazzuli.


La tela del pittore Giuseppe Velasco raffigurante la “Crocifissione”.

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(testo inviato da Angelo Alcamo)