Lentini, Tradizioni popolari lentinesi

Lentini

Tradizioni popolari lentinesi

La Leggenda di Ercole, del Biviere e di Leontinoi

Il territorio in cui sorgeva l’antica Leontinoi secondo i greci era popolato in epoche remote dai cosiddetti “Lestrigoni”, giganti dalla conformazione fisica simile a quella dei “Ciclopi” (ma che a differenza loro avevano tutti e due gli occhi) che invece popolavano le coste ad est dell’Etna. Dai Lestrigoni discendevano le popolazioni sicane e sicule che occuparono per molti secoli prima della venuta dei greci queste terre.

L’origine di Leontinoi però sarebbe dovuta ad un’impresa del semidio Ercole (ma più verosimilmente si tratterebbe di un guerriero fenicio altrettanto mitologico noto come “Ercole di Tiro” o “Melqart”) che uccise un grosso e invincibile leone noto come “Nemeo” che dimorava presso i “Campi Leontini” chiamati così per la presenza di questo leone. Dopo aver ucciso questo leone ne donò la pelliccia alla dea Cerere e in suo onore deviò il corso di un fiume formando l’attuale Biviere di Lentini. Più a sud invece venne fondata la città di Leontinoi che in realtà era un insediamento siculo, che divenne possesso dei greci calcidesi divenendone una loro colonia che col tempo divenne una vera e propria città, la stessa le cui rovine sono poste a sud di Lentini.

Leggende legate ai “Santi Alfio, Cirino e Filadelfo”

Al culto dei “Santi Alfio, Cirino e Filadelfo”, martirizzati a Lentini durante le persecuzioni romane contro i cristiani, vi sarebbero anche alcune leggende popolari che vede loro protagonisti in fatti miracolosi. Esse sono le leggende del Simeto, della Grotta della Scalderia, della Peste, del Cavallo di Ternullo e del Pozzo di Sant’Alfio. Per saperne di più sulla loro vita visitate il link riguardante la festa di Sant’Alfio nella pagina precedente.

La prima leggenda vede protagonisti i tre fratelli nel loro viaggio in catene da Catania a Lentini quando a forza vennero condotti presso le rive del Fiume Simeto da alcuni soldati il cui scopo era farli annegare nelle acque del fiume. Quando i tre fratelli misero piede nelle acque del fiume, esso si ritirò lasciando asciutto il punto in cui loro si trovavano andando a sommergere i soldati che volevano la loro morte annegandoli e uccidendoli.

La seconda riguarda la cosiddetta “Grotta della Scalderia”, identificata come la Chiesa Rupestre di San Giuliano, in cui una donna di religione pagana, durante l’arrivo dei tre fratelli a Lentini credendoli malfattori (visto che i cristiani erano visti come delinquenti dai pagani), riscaldò un pentolone di acqua fino a quando essa diventò bollente lanciandola addosso ai fratelli incatenati; l’acqua nel momento in cui li sfiorò divenne fredda lasciandoli illesi e la donna chiese perdono e si convertì alla fede cristiana; infatti la Grotta di San Giuliano ancora oggi è nota come “Grotta della Scalderia” per questo motivo.

La terza leggenda vede i tre fratelli guarire da un’epidemia di peste alcuni lentinesi che subito dopo si convertirono alla fede cristiana. Si ritiene che il miracolo avvenne in una zona in cui la roccia era friabile e infatti una lastra di roccia argillosa in cui sarebbero impresse le impronte dei piedi dei tre Martiri che in quel momento fecero il miracolo è esposta presso la Chiesa di San Francesco di Paola a Lentini.

La quarta leggenda è quella del Cavallo di Ternullo che, alla vista dei tre fratelli, si imbizzarrì facendo cadere il perfido console scalciandolo a terra. Ancora oggi presso la Grotta del Sacro Carcere dei Tre Santi sarebbero impresse le impronte di questo cavallo, ma molto verosimilmente sarebbero le impronte di cavalli che sarebbero stati posti in questa grotta che molto probabilmente in epoca remota ospitò una stalla rupestre. Lo stesso Ternullo sarebbe stato poi ucciso mentre perseguitava alcuni seguaci dei tre Martiri presso il Monte Pancali in territorio carlentinese, divorato da bestie feroci (lupi?).

La quinta e più verosimile leggenda riguarda il “Pozzo di Sant’Alfio” che si trova all’interno della Chiesa della Fontana sita presso la Via Roma a Lentini. Nel momento in cui “Sant’Alfio” subì il martirio prima gli venne tagliata la lingua da Ternullo, che la gettò all’interno di un pozzo tuttora situato all’interno della chiesa, da cui ogni anno durante i festeggiamenti in onore di Sant’Alfio il livello dell’acqua si innalza in maniera simile che può essere raccolta dai fedeli. Durante i giorni 9, 10 e 11 Maggio il livello dell’acqua rimane tale mentre durante l’anno scende. Questo fenomeno a cui nessuno ha trovato fino ad ora spiegazione è noto come il “Miracolo dell’Acqua”. Si dice anche che la lingua fece tre balzi formando altrettanti pozzi (posti dentro la Chiesa di cui il principale è sempre noto come “Pozzo di Sant’Alfio”), che però sembrerebbero essere dei pozzi artesiani costruiti in epoca greca, in cui si presume che in quello centrale sia stata gettata la lingua del “Santo”, difatti solo in quello centrale avviene il cosiddetto miracolo. Quest’acqua è ritenuta miracolosa e sono in molti a raccoglierla durante la festività lentinese in onore di “Sant’Alfio”.

Il Cane “Gaetano”

Lentini è nota in Sicilia e anche nel resto d’italia per la bizzarra storia del cane Gaetano, un cane randagio che venne ritrovato moribondo da alcuni lentinesi e da loro fatto curare (anche in seguito ad una mutilazione delle orecchie che non si sa se sia avvenuta per mano umana o per qualche altro motivo). Il cane si riprese e vagò per qualche anno tra la periferia nord di Lentini e il suo centro storico (in particolare la Piazza Duomo).

Secondo i lentinesi questo cane “aiutava” i vigili urbani durante il loro lavoro di smaltimento del traffico nelle ore scolastiche, “assisteva” ai consigli comunale presso il comune di Lentini, seguiva i festeggiamenti e le processioni in onore di Sant’Alfio e molte volte proteggeva bambini e anziani.

Venne adottato dai vigili urbani di Lentini che provvedevano a dargli da mangiare e a curarlo, ma anche gli stessi lentinesi (dai bambini agli anziani, passando per studenti e lavoratori) se lo incontravano per strada gli davano da mangiare e lo coccolavano. Era noto anche a Carlentini dove questo cane “si recava in autobus” per assistere al mercato (stando a quanto riferito da persone lentinesi e carlentinesi).

Venne simbolicamente nominato “cane di quartiere e mascotte dei randagi” dal comune di Lentini che gli fece anche uno speciale collarino con una targhetta.

Gaetano venne ritrovato senza vita all’ingresso nord di Lentini il 22 Gennaio 2010 morto per cause naturali e venne sepolto di fianco alla SS 194 in un luogo delimitato da alcuni alberi fioriti. Dopo qualche anno la comunità lentinese ha fatto in modo che presso la Piazza Taormina, di fronte allo stadio di Lentini, venisse posta una statua – monumento alla memoria del Cane Gaetano.

Un altro fatto analogo è successo a Scicli (RG) col cane “Italo”.

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