Modica storia

Storia di Modica

Dalla protostoria al periodo greco – romano

La storia riguardante Modica e il suo vasto territorio, è suddivisa in varie epoche storiche comprendendo anche varie “leggende” sulla fondazione della città.

Tra esse, va citata quella che vede protagonista l’eroe “Eracle” (o “Ercole” che dir si voglia).

Comunque sia, i primi cenni storici risalgono al periodo protostorico, più precisamente alla cosiddetta “Età del Bronzo”.

Tra il 3200 a.C. e il 2200 a.C. tra la vetta del colle “Pizzo” (corrispondente al Castello dei Conti di Modica) e l’area occupata dal quartiere “Vignazza” (area nordorientale di “Modica Bassa”) si sviluppò quello che viene considerato ufficialmente il “primo insediamento umano” all’interno della città modicana.

A questo insediamento apparteneva la necropoli rupestre detta del “Quartiricciu”, posta su un costone roccioso delimitato dalla Via Fontana, risalente al periodo della cosiddetta “Civiltà del Castelluccio” (2300 a.C. – 1700 a.C.).

Altri insediamenti erano posti presso le aree di Colle Monserrato, lungo le cave solcate dai Torrenti Janni Mauro, Pozzo dei Pruni e San Liberale, e nei pressi del Vallone Fiumelato (solcato dalla Fiumara di Modica).

Anche al di fuori dell’attuale area urbana di Modica si svilupparono aree abitative e funerarie, risalenti sempre al medesimo periodo.

Il più importante insediamento abitativo al di fuori dell’attuale città modicana era ubicato lungo il tratto nord della Cava d’Ispica (Baravitalla, Pernamazzoni, Cava Lavinaro ecc…), riconducibile al sito di “Tyracina”.

Inoltre è una grande moltitudine di siti archeologici protostorici in territorio modicano appartenenti sempre ad aree abitative e funerarie.

Tra essi vanno citati quelli di Cava del Servi (Fiume Tellesimo), Cava Cucco – Favarotta – Favarottella (Torrente Prainito), Contrada Castelluccio – Streppenosa (lungo la valle solcata dal Fiume Irminio), Cava Mangiagesso, Cava Maria, Vallone Fiumelato – Conca del Salto, Cava Gucciardo, Cava San Bartolomeo, Contrada Gisira, Contrada Palombieri, Cava Martorina, Cava Cugno, Cava Gisana, Contrada Valentino, Contrada Ciarciolo e Contrada Bellamagna.

L’intero territorio modicano tra le due età del bronzo e del ferro, risultava abitato da popolazioni di etnia sicana e sicula.

In particolare le sopracitate aree corrispondenti all’attuale Modica e le alture del tratto nord della Cava d’Ispica, che diedero vita ai due insediamenti abitativi di “Murika” e di “Tyracina”.

“Murika”, secondo gli storici Elanico di Lesbo e Filisto di Siracusa, sarebbe stata fondata nel 1360 a.C. circa 80 anni prima della “Guerra di Troia” (1250 a.C.), mentre secondo Tucidide essa, assieme ad altre città siciliane, sarebbe stata fondata all’incirca 300 anni prima della conquista greca della Sicilia (periodo intorno all’anno 1000 a.C.).

Con molta probabilità si trattava di un insediamento di origine sicula popolato da una comunità “rurale”, sorto sulla sommità del colle “Pizzo” corrispondente all’attuale area di “Modica Alta”.

“Tyracina”, era invece collocata invece sul versante settentrionale della Cava di Ispica (a circa 10 chilometri ad est di Modica) comprendendo le aree delle Contrade Baravitalla, Crocifia e Calicantone (tra i territorio di Ispica e Rosolini).

Essa era abbarbicata sotto una rocca sul quale vi sono i ruderi del cosiddetto “Castello Sicano”, essendo popolata da agricoltori e pastori.

Sicuramente “Murika” e “Tyracina” erano provviste di guarnigioni militari.

Durante il periodo della conquista greca della Sicilia orientale culminato con la fondazione della “polis” Siracusa, l’insediamento divenne noto col nome di “Motuka”.

Ad oggi non si sa se esso fu effettivamente un’area urbana “greca” o per meglio dire “siceliota” a tutti gli effetti, oppure fu un centro popolato da gente di etnia sicula proveniente dalle aree costiere o dall’entroterra, dove rispettivamente sorsero le vicine colonie siracusane di Kamarina (Ragusa – Vittoria), Kaukana (Santa Croce Camerina), Heloros (Noto), Akrillai (Chiaramonte Gulfi), Kasmenai (Giarratana – Buscemi) e Akrai (Palazzolo Acreide).

La presenza greca sarebbe certificata grazie al ritrovamento di monete di epoca greca avvenute durante il secolo 1600, durante il quale lo storico modicano Placido Carrafa notò l’iscrizione “Motayon”, riconducibile al toponimo cittadino.

Inoltre all’interno del centro storico sono stati rinvenuti dei siti sepolcrali, tra cui una piccola catacomba in Via Polara (adiacente alla Chiesa di San Giorgio) a Modica Alta, composta da due caverne all’interno delle quali vasellame ceramico e monili bronzei del VIII secolo a.C. (800 – 701 a.C.).

Le aree limitrofe all’insediamento sicuramente furono sedi di insediamenti rurali posti lungo le “strade di comunicazione” tra i suddetti centri greci, tra le quali citiamo il tratto ovest della “Via Elorina” che collegava Heloros a Kamarina (e più ovest ancora all’attuale Gela) che attraversava anche il territorio modicano.

Lungo una di queste “strade” o presunte tali, nel 1967 in Contrada Cafeo (a nordovest di Modica lungo le sponde del Fiume Irminio, in territorio di Ragusa) venne ritrovata una statua la cui datazione risalirebbe al V secolo a.C. circa (500 – 401 a.C.), raffigurante l’eroe greco “Eracle” o “Ercole” che dir si voglia.

Ad oggi l’Eracle (o Ercole) di Cafeo, divenuto in seguito noto come “Ercole di Modica”, è posto all’interno del museo civico cittadino.

Il rinvenimento di questa statua non sarebbe legato alla leggenda della fondazione della città modicana avvenuta grazie all’eroe greco, ma sicuramente si trattava di un reperto proveniente da uno di questi “insediamenti” posti nei dintorni della città modicana.

Questa leggenda narra che l’eroe, dopo la decima fatica in cui doveva recuperare i dieci buoi rossi del gigante Gerione per conto del re Euristeo.

Ciò avvenne in un’area localizzata in Galizia (regione nordoccidentale della Spagna), dove Eracle (o Ercole) uccise il gigante Gerione requisendo i buoi.

Durante il viaggio di ritorno, Eracle transitò in Sicilia dove questi buoi gli vennero rubati.

Una donna di nome “Motia” indicò all’eroe i tre luoghi in cui vennero nascosti i buoi rubati (la cui mandria venne ovviamente divisa in tre gruppi).

Nei tre luoghi in cui l’eroe recuperò i buoi, egli fondò tre città che vennero chiamate “Motia” in onore della donna che lo aiutò:

  • “Motia di Capo Lilibeo” corrispondente alla città di “Mozia” (le cui rovine sono poste nell’omonima isola situata presso lo Stagnone di Marsala);
  • “Motia Agrigentina” che sicuramente dovrebbe corrispondere all’insediamento noto come “Motio” ubicato tra Naro e Ravanusa, citato dallo storico Vito Amico nel suo “Dizionario Topografico della Sicilia”;
  • “Motia” Mediterranea posta in prossimità di “Capo Pachino” (area di “Capo Passero – Isola delle Correnti – Ciriga”) distandone circa 20 chilometri, per cui corrispondente più o meno all’odierna “Modica”.

Questa leggenda viene citata da molti storici siciliani tra cui va citato Giuseppe Buonfiglio, ma prenderebbe forma dagli studi condotti dai geografi greci Pausania e Tolomeo condotti sul territorio siciliano durante i primi secoli dopo Cristo,

Anche gli storici Tommaso Fazello, Vito Amico e il modicano Placido Carrafa hanno dedicato vari studi sul periodo “greco” di Modica.

Inoltre il centro urbano modicano sarebbe stato anche popolato da una comunità fenicia, e lo stesso Carrafa cita la presenza di un tempietto presumibilmente in rovina consacrato al culto fenico del sole (assorbito da quello greco – romano di Apollo?) posto sullo sperone roccioso occupato successivamente dal Castello dei Conti di Modica, che vollero la demolizione del medesimo edificio di culto pagano (vedi più sotto).

L’altro importante insediamento era “Tyracina”, nota anche come “Tyrakion” o Tyrake”, che era posta sulle pendici del versante nord di Cava d’Ispica.

Si sa con certezza che l’area in epoca protostorica (periodi sicano e siculo) era abitata, e sicuramente che l’insediamento venne fortificato con la costruzione di varie fortezze o “Castelli”.

Tra essi il più noto è il già citato “Castello Sicano” (di cui restano i ruderi), a cui si aggiungevano i forti noti come “Cansaria, Cassaro, Tremisiri e Trepileri”, citati dallo storico modicano Placido Carrafa.

Secondo lo storico Diodoro Siculo, la città di Tyracina alleata del guerriero Ducezio, sarebbe stata assediata dall’esercito siracusano nel 440 a.C.

Tyracina resistette eroicamente all’assedio siracusano meritandosi l’appellativo di “Città degli Uomini Invincibili”.

Nonostante ciò Tyracina venne conquistata e distrutta dai siracusani, che sterminarono gran parte di coloro che si sono opposti durante il suddetto assedio.

Il centro abitato venne comunque ricostruito, essendo tra l’altro citato in un’epigrafe del 198 a.C. rinvenuta presso l’area archeologica della città greca di Delfi sulla quale è inciso il toponimo “Tyrakion”.

A questo periodo risalirebbe il “ginnasio rupestre” di Cava d’Ispica.

Nel 213 a.C. la città di Motuka si alleò con Siracusa assieme a Neas (Noto), per respingere l’assalto dell’esercito romano condotto dal console Marcello, ma fu inutile perché nel 212 a.C. il territorio modicano così come gran parte della Sicilia appartenne a Roma.

L’insediamento in epoca romana divenne nota come “Mothyca”, essendo citato dagli storici Plinio il Vecchio e Tolomeo da Alessandria.

Quest’ultimo cita la presenza del sito urbano posto lungo il fiume “Mothukanus” (ovvero la “Fiumara di Modica”), descrivendone il corso e la foce (posta in territorio sciclitano in Contrada Arizza).

La “Modica” romana divenne “città decumana”, essendo quindi costretta a versare un decimo dei propri raccolti a Roma.

L’area del modicano viene anche citata dal politico e storico romano Marco Tullio Cicerone nella sua opera nota come le “In Verrem” (meglio nota come “Le Verrine”), in quanto nel 70 a.C. egli venne inviato dall’allora Repubblica di Roma ad indagare sul propretore di Sicilia Gaio Licinio Verre, accusato di vessare gli agricoltori locali.

Molto probabilmente a questo periodo dovrebbe risalire la nascita, o l’introduzione dal continente africano, dei bovini da latte la cui razza oggi è appunto nota come “Modicana”.

Il territorio modicano, durante il periodo greco – romano, sicuramente era servito da scali marittimi posti presso le località di Sampieri (Scicli), Pozzallo, e Santa Maria del Focallo – Marina Marza (Ispica) presso la quale sarebbe esistito un approdo noto come “Apolline”.

Una comunità di pescatori abitava molto probabilmente presso un villaggio ubicato in Contrada Ciarciolo, laddove sorge l’attuale frazione di Marina di Modica.

Durante il periodo dell’Impero Romano, con molta probabilità a partire dal 40 d.C. presso il territorio modicano si diffuse il Cristianesimo.

La presenza di siti sepolcrali e catacombe, confermerebbe la presenza di una nutrita comunità che praticava il culto cristiano all’interno dei medesimi.

Infatti in prossimità della città modicana sono stati rinvenuti vari siti sepolcrali in Via Resistenza Partigiana, e presso le Contrade Rocciola, Treppiedi e Michelica.

Il culto cristiano attecchì anche presso il centro abitato di Tyracina nella Cava d’Ispica nel 40 d.C.  grazie al predicatore Epafrodito, discepolo di “San Pancrazio” primo Vescovo di Taormina.

Anche in questa zona si trovano importanti aree sacre e sepolcrali, tra le quali vanno citate la Catacomba della Larderia, il Camposanto, l’Ipogeo degli Antonii ecc…

Nonostante ciò durante le persecuzioni contro i cristiani avvenute, vi furono certamente molte uccisioni tra i “modicani” che abbracciarono la nuova religione.

Tra esse va citato il martirio dei modicani “Santi Fanzio e Deodata”, due coniugi che vennero giustiziati a Siracusa il 31 Luglio del 304 d.C. dopo esser stati battezzati dal figlio “San Fanzino” (anch’egli presumibilmente ucciso e quindi “martirizzato”).

La tomba di questi due martiri è posta presso le Catacombe di San Giovanni, poste presso la città aretusea.

Inoltre durante il periodo romano, all’interno dell’intero territorio di Modica si svilupparono diversi insediamenti rurali provvisti anche di piccole catacombe sepolcrali.

Dall’alto medioevo alla conquista normanna (476 d.C. – 1090)

Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) che sancì l’inizio del periodo storico noto come “Medioevo”, il territorio modicano venne abitato da comunità di etnia bizantina.

Esse si stabilirono sempre all’interno dell’attuale Modica, e lungo l’area settentrionale della Cava d’Ispica presso l’insediamento noto come “Tyracina”; entrambi questi insediamenti vennero fortificati.

In epoca bizantina, venne costruita con molta probabilità la prima “Chiesa” cittadina consacrata al culto della “Santa Croce”, la cui localizzazione corrisponderebbe all’odierna “Cappella del Santissimo Sacramento” appartenente alla Chiesa Madre di San Giorgio di Modica Alta.

All’interno della città modicana troviamo inoltre varie chiese rupestri bizantine, di cui quella più nota è la Chiesa di San Nicolò Inferiore a cui si aggiungono gli oratori di Santa Venera, Santa Sofia, San Aconzio e Sant’Alessandria (quest’ultima posta sulla sommità del colle “Giganta” a pochi chilometri ad est di Modica).

Vi erano presenti anche aree funerarie, tra le quali va citata una tomba posta presso la Piazza Santa Teresa.

Nella vicina “Tyracina” invece, oltre ai vari oratori rupestri tra i quali citiamo la Chiesa Rupestre di San Nicola, la Grotta dei Santi, la Chiesa Rupestre di Santa Maria, l’Oratorio della Spezieria e il Sacello di Sant’Alessandra.

In questo periodo nel VIII secolo (701 – 800) d.C. circa, a nord di Tyracina venne edificata la “Basilica di San Pancrati”, uno degli edifici di culto cristiano in muratura più antichi della Sicilia sudorientale.

Altri insediamenti altomedievali sono stati localizzati in Contrada Margi dove venne rinvenuto il reperto noto come “Lastra di Margi” riportate un’iscrizione sacra in lingua greca (esposta al Museo Archeologico di Ragusa), e presso le aree di Pozzo Cassero, Cava Gisana, Cava dei Servi, Cava Paradiso, Cava Palombieri – Scalarangio, Cipolluzza, Rossabia ecc…

Alcuni di essi vennero frequentati da comunità ebraiche; infatti gli ipogei sepolcrali di Cava Gisana e Cava Palombieri – Scalarangio che riportano vari simboli giudaici ne sono un esempio.

A partire dall’anno 827, la Sicilia cominciò ad essere conquistata dagli Arabi capitanati da Asad ibn al Furat.

Il territorio modicano venne conquistato nel periodo tra gli anni 844 e 845, causando così la conquista della futura Modica e l’abbandono dell’insediamento di Tyracina sulla Cava d’Ispica, causato dalla conquista dei suoi già citati forti “Cansaria, Cassaro, Tremisiri e Trepileri” facenti capo al “Castello Sicano” (secondo a quanto cita lo storico Placido Carrafa).

Il centro urbano, che assieme al territorio limitrofo appartenne all’Emirato di Sicilia, prese il nome di “Mudiqah” (anche se certe volte venne citato col toponimo “Mohac”).

Esso si sviluppava attorno alla rupe del Colle Pizzo sulla quale venne costruita la prima vera e propria “fortezza” cittadina, andando ad inglobare così gli insediamenti dei secoli passati.

Grazie alla confluenza tra i torrenti Pozzo dei Pruni e Janni Mauro che formava (e forma tuttora) la “Fiumara di Modica”, la città risultava naturalmente “munita” e facilmente difendibile.

Durante il periodo arabo, il territorio modicano ebbe una notevole importanza legata alle migliorie fondiarie tra cui la costruzione di “Senie” (meccanismi simili ad una ruota aventi diversi recipienti, che se azionata sollevava le acque da un pozzo sotterraneo), “Saie” (condotte nelle quali venivano incanalate le suddette acque), e “Gebbie” (serbatoi nei quali l’acqua veniva immagazzinata).

Grazie agli arabi vennero introdotte le colture agrumicole e la coltivazione di vari tipi di ortaggi; inoltre vennero migliorate le tecniche di coltivazione per cereali, vite, olive, mandorle e carrube.

Infatti in territorio modicano vennero creati diversi feudi agricoli, i cui toponimi possedenti radice araba sopravvivono anche oggi.

Tra le tante citiamo le Contrade Margi (derivante da “Marg” significante “Palude”), Favarotta (che deriva da “Fawwara” ossia sorgente), Zappulla (derivante da “Izz bi Allah” ossia “Potenza di Allah”), Cammaratini (che potrebbe derivare da “Kammarat” significante “Taverna”), Gisira (derivante da “Al Jazeera” ossia “isola – promontorio”) ecc…

Da uno di questi feudi si sviluppò anche l’odierna frazione urbana di Frigintini.

Nonostante ciò, il culto cristiano era fortemente osteggiato, e molti luoghi di culto tra cui gli oratori rupestri, la Chiesa della Santa Croce della Modica bizantina, e la Chiesa di San Pancrati di Tyracina,  vennero parzialmente abbandonati o distrutti.

Nel 1061 cominciò la conquista normanna della Sicilia capitanata da Ruggero I d’Altavilla, mediante la quale l’isola venne man mano strappata al dominio arabo.

La città di Modica e il suo territorio vennero liberati dagli arabi a partire dal 1090, appartenendo così ai nuovi dominatori di stirpe normanna che riabilitarono il culto cristiano.

In questo periodo venne introdotto il culto a “San Giorgio Martire”, particolarmente venerato dai cavalieri normanni, che venne così proclamato “Patrono” della città di Modica.

Infatti in questo periodo dovrebbe risalire la costruzione della “prima” Chiesa di San Giorgio che prendeva il posto della preesistente consacrata alla “Santa Croce”.

Nel 1099, Ruggero I d’Altavilla divenuto il nuovo sovrano di Sicilia, diede in premio Modica e il suo territorio al condottiero noto come “Gualtiero I De Mohac” per i suoi servigi militari.

Modica fece così parte di una “Signoria” appartenente alla famiglia nota appunto come “De Mohac”.

In questo periodo, negli anni 1150 e 1155 si menzionano per la prima volta le Chiese consacrate rispettivamente a “San Giovanni Evangelista” e a “San Giorgio Martire” attualmente ubicate presso l’area di “Modica Alta”, tutelate dalla Diocesi di Mileto (Calabria) a seconda di quanto è citato su di un documento del 1217.

L’ultimo e più noto esponente di essa fu “Gualtiero II De Mohac”, condottiero e poi ammiraglio della flotta navale siciliana durante i regni di Ruggero II e Guglielmo II d’Altavilla (sovrani di Sicilia), divenuto “Conte” della cittadina modicana nel 1176 e ricoprendo anche le cariche di giustiziere del Val di Noto, camerario e governatore di Salerno.

Egli però perse la carica di “Conte” perché appoggiò “Guglielmo III d’Altavilla” alla legittima carica di “Sovrano di Sicilia” invece di “Enrico VI di Svevia”, consorte della regina Costanza d’Altavilla (figlia di Ruggero II) che usurpò il trono al suddetto.

La famiglia De Mohac venne poi riabilitata dalla stessa regina per riparare alle malefatte del marito, e ad Arnaldo De Mohac (figlio di Gualtiero II) venne affidata la feudalità dalla quale si sarebbe sviluppata l’odierna Sortino (SR).

Gualtiero II secondo alcune fonti storiche fu a tutti gli effetti il primo “Conte di Modica” anche se l’attendibilità di ciò è ancora in discussione.

Il basso medioevo e la fondazione della “Contea di Modica” (1100 – 1282)

La vera e propria “Contea di Modica” sarebbe poi nata dopo l’epoca sveva, cominciata appunto col regno di Enrico VI di Svevia nel 1194.

Durante il periodo svevo (1194 – 1266), in cui la Sicilia venne governata successivamente da Costanza d’Altavilla (che fu reggente del regno dopo la morte di Enrico VI), Federico II di Svevia e Manfredi II, la città di Modica venne affidata al nobile Riccardo Mosca, la cui famiglia governò Modica per buona parte del secolo 1200.

La città ebbe sicuramente un incremento urbano avvenuto con la costruzione di fortificazioni e di nuovi quartieri posti tra i colli che, lambiti dai corsi d’acqua Pozzo dei Pruni, Janni Mauro, San Liberale e ovviamente dalla Fiumara di Modica, cominciarono a delineare il perimetro urbano cittadino.

Nel 1266 la Sicilia passò agli Angioini, e l’allora Papa Clemente IV proclamò Carlo I d’Angiò re di Sicilia, a discapito di Costanza II di Svevia (legittima erede al trono).

Il periodo angioino fu molto opprimente per la Sicilia e ovviamente per Modica, in quanto vi fu una notevole pressione fiscale e le libertà baronali vennero compromesse.

Ciò comportò lo scoppio della rivolta dei “Vespri Siciliani” avvenuto il 30 Marzo 1282 a Palermo da cui essa prese piede in tutta la Sicilia, sfociando così nell’insurrezione generale contro la casa regnante angioina.

A Modica la rivolta fu guidata dall’allora signore cittadino, il nobile Federico Mosca, il quale coinvolse anche la vicina Scicli all’insurrezione contro gli angioini.

Pietro III d’Aragona, erede al trono di Sicilia in quanto sposato con Costanza II di Svevia, nel Luglio 1282 sbarcò in Sicilia col suo esercito per andare a soccorrere i rivoltosi che nel frattempo stavano subendo le operazioni militari angioine.

Il 4 Settembre 1282 venne proclamato “Re di Sicilia” con il nome di “Pietro I d’Aragona”.

Il nuovo sovrano dell’isola siciliana, il 30 Settembre 1282 insignì il sopracitato Federico Mosca col titolo di “Conte”, sancendo così la nascita della “Contea di Modica” che comprendeva anche i territori delle attuali città di Scicli e Pozzallo.

La contea la cui “capitale” era proprio Modica, fu uno dei principali “stati” del meridione d’Italia antecedenti al periodo unitario (1861).

Dopo la morte di Federico Mosca, essa passò al figlio Manfredi Mosca.

Egli a differenza del padre, si alleò con gli angioini in occasione del passaggio di consegna del regno di Sicilia da Giacomo II d’Aragona a Carlo II d’Angiò.

I Conti di Modica appartenenti alla famiglia Mosca furono:

  • Federico Mosca (1282 – 1295);
  • Manfredi Mosca (1295 – 1296).

Il fratello di Giacomo II, Federico III d’Aragona (che divenne legittimo erede al trono di Sicilia), il 25 Marzo 1296 tolse la contea a Manfredi Mosca affidandola alla sorella Isabella, consorte di Manfredi Chiaramonte – Prefoglio.

La Contea di Modica passò quindi alla famiglia Chiaramonte, comprendendo i territori di Ragusa, Scicli, Pozzallo, Spaccaforno, Gulfi e Caccamo; successivamente essa comprese anche i territori di Comiso, Monterosso, Giarratana, Alcamo e Calatafimi.

Dopo la rivolta dei Vespri Siciliani e i vari passaggi di consegne del regno di Sicilia, cominciarono le cosiddette “Guerre del Vespro” che videro contrapporsi angioini e aragonesi nei periodi tra il 1282 e 1302, e tra il 1313 e il 1372.

Questo periodo bellico culminò con la distruzione della città di Gulfi avvenuta nel 1299 per mano delle truppe angioine, culminata col massacro dei suoi cittadini (noto appunto come “Massacro di Gulfi”).

Fu lo stesso conte di Modica Manfredi Chiaramonte a ricostruire la nuova “Gulfi” che prese il nome della omonima casata dei conti modicani, che oggi nota come “Chiaramonte Gulfi”.

Durante il secolo 1300 la Contea di Modica retta dalla famiglia Chiaramonte divenne uno dei più importanti stati feudali dell’Italia meridionale essendo inglobato all’interno del Regno di Sicilia suo alleato.

Essa ricevette nella data del 22 febbraio 1361 dal re di Sicilia “Federico IV d’Aragona” la “Giurisdizione Criminale Amplissima”, divenendo sede della “Gran Corte”.

Nel 1391, Modica divenne sede della prestigiosa “Commenda di San Giovanni Battista di Modica del Sovrano Militare Ordine Gerosolimitano di Rodi”, che aveva sede presso la non più esistente Chiesa di San Giovanni Battista (oggi “Auditorium Pietro Floridia”) appartenente all’ordine cavalleresco presente nella città modicana sin dal 1350.

Inoltre durante il secolo 1300 (periodo dal 1301 al 1350) venne costruita la monumentale Chiesa di San Pietro, che rivaleggiava con quella di San Giorgio per il ruolo di “Matrice” della città.

Questa chiesa, la cui menzione ufficiale è menzionata in un documento del 1396 redatto dall’all0ra Diocesi di Siracusa a cui apparteneva il territorio modicano, divenne il luogo di culto prediletto dai Conti di Modica.

In quel periodo con molta probabilità si sviluppò il culto a “San Pietro Apostolo” che divenne il “Patrono” di Modica Bassa, in contrapposizione a “San Giorgio” (il “Patrono” di Modica Alta).

La presenza delle due “Matrici” e la conseguente venerazione ai due “Patroni”, causò durante i secoli successivi vari episodi di campanilismo tra i due principali quartieri della città modicana.

I Conti di Modica dimoravano a Palermo presso il Palazzo Chiaramonte dello Steri (ancora oggi presente), utilizzando il Castello posto sulla sommità della collina del Pizzo durante le loro visite presso la città modicana.

Infatti il castello modicano fungeva da residenza del governatore della contea, fortezza militare e carcere.

Anche la vicina Ragusa fu un centro molto importante per la contea, in quanto ebbe il ruolo di sede della “Cancelleria” posta all’interno dell’omonimo “Palazzo”, e di residenza presso il locale “Castello” oggi non più esistente.

I Conti di Modica appartenenti alla famiglia Chiaramonte furono:

  • Manfredi Chiaramonte – Prefoglio (1296 – 1321);
  • Giovanni Chiaramonte – Sclafani (1321 – 1342);
  • Manfredi Chiaramonte – Palizzi (1342 – 1353);
  • Simone Chiaramonte d’Aragona (1353 – 1353);
  • Federico Chiaramonte – Palizzi (1360 – 1363);
  • Matteo Chiaramonte – Moncada (1363 – 1369);
  • Manfredi Chiaramonte (1369 – 1391);
  • Andrea Chiaramonte (1391 – 1392).

L’ultimo “Chiaramonte” appartenente ai Conti di Modica fu Andrea, condannato alla decapitazione l’1 Giugno 1392 poiché colpevole di aver osteggiato la casata reale d’Aragona in Sicilia compromettendone la stabilità del regno.

L’allora re di Sicilia Martino I d’Aragona, il 5 Giugno 1392 affidò la Contea di Modica al visconte Bernardo Cabrera – Foix che ebbe un ruolo decisivo durante la “riconquista” dell’isola siciliana.

Di conseguenza, il territorio della contea modicana appartenne alla suddetta famiglia degli omonimi visconti di origine spagnola.

La Contea di Modica tra il 1400 e il 1600

Durante la reggenza del conte Bernardo Cabrera – Foix, Modica o per meglio dire la sua “Contea” cominciarono ad avere un periodo di grande prestigio.

La città modicana dal 20 Giugno 1392 divenne sede del “Tribunale di Gran Corte”, indipendente da quello di Palermo (allora capitale del Regno di Sicilia).

Si trattava di una delle istituzioni che all’epoca figurava tra le più importanti dell’intera Sicilia, in quanto era sede della curia d’appello per le prime e le seconde appellazioni giudiziarie.

Nel 1406 lo stesso conte Bernardo Cabrera – Foix pubblicò le “Consuetudini di Modica”, ossia un insieme di leggi per regolamentavano la vita sociale ed economica della cittadina modicana.

Nel 1408, alla Contea di Modica appartenne il feudo di Biscari (attuale Acate), che però nel 1416 in seguito ad un contenzioso giudiziario passò al nobile catanese Antonio Castello.

Nel 1423 il conte Bernardo Cabrera – Foix morì, e ad egli succedette il figlio Giovanni Bernardo Cabrera d’Aragona.

Egli a differenza del padre fu un pessimo reggente che si macchiò di numerosi soprusi, tra cui varie appropriazioni indebite e furti nei confronti della popolazione.

Tutto ciò fece scaturire una sanguinosa rivolta che si svolse a Ragusa nel periodo tra il 1448 e il 1449.

Durante questa rivolta venne bruciata la “Cancelleria” con tutto l’archivio documentale della contea, vi fu l’assedio il castello cittadino (che era posto sul punto più alto dell’odierno quartiere di “Ragusa Ibla”) e l’uccisione di uno dei figli del conte.

La rivolta si risolse con l’intervento dell’allora Viceré di Sicilia “Lope Ximénez de Urrea”, che condannò il conte al pagamento di 60000 scudi.

Per poter racimolare questa importante somma di denaro, il conte Bernardo Giovanni Cabrera d’Aragona tra il 1450 e il 1455 vendette i territori di Spaccaforno, Comiso, Giarratana, Caccamo, Alcamo e Calatafimi, ridimensionando di molto il territorio e il prestigio della contea modicana.

Nonostante ciò, durante la reggenza del conte Bernardo Giovanni Cabrera d’Aragona, molti terreni vennero concessi in enfiteusi ai contadini durante l’anno 1457, i quali molti di loro riscattarono le terre pagando una determinata somma ai Conti di Modica divenendo così ricchi proprietari terrieri (e acquisendo più avanti anche vari titoli nobiliari).

Inoltre il suddetto conte fece ampliare il “Porto Caricatore” di Pozzallo fatto costruire dal padre Bernardo, che divenne il principale scalo marittimo della Contea di Modica corredato da opere di fortificazioni a cui faceva (e fa tuttora) capo la cosiddetta “Torre Cabrera”.

Il conte Bernardo Giovanni Cabrera morì nel 1466, e ad egli seguirono altri eredi del corrispettivo ramo familiare.

Durante buona parte del 1400, la città di Modica godette del sopracitato prestigio ottenuto durante la reggenza dei Conti Cabrera (nonostante le vicende avvenute sotto Bernardo Giovanni Cabrera), comprendendo sempre un notevole sviluppo infrastrutturale.

La città andava ad espandersi lungo le vallate del Torrenti Janni Mauro, Pozzo dei Pruni e San Liberale che confluivano nella Fiumara di Modica, oltrepassate da vari ponti che mettevano in comunicazione tra loro le sponde dei torrenti.

Inoltre in questo periodo vennero costruiti importanti luoghi di culto quale la Chiesa del Carmine (fine 1300 – inizio 1400), la Chiesa del Santissimo Salvatore, l’odierna Chiesa di San Giovanni Evangelista costruita nel 1454 sul sito della preesistente “Chiesa di San Pietro Fuori le Mura”, la Cappella del Palazzo De Leva della quale rimane ancora il portale in stile gotico, e infine nel 1477 venne edificata la “Cappella Palatina” (oggigiorno inglobata all’interno dell’odierna Chiesa di Santa Maria di Betlem).

Va citato inoltre un grave fatto di sangue avvenuto il 15 Agosto 1474, nel quale venne massacrata la maggior parte della cittadinanza modicana di religione ebraica.

Ciò avvenne a causa di vari eventi che videro protagonista la comunità ebraica cittadina che viveva in gran parte nel quartiere oggi noto come “Cartellone”.

Questa comunità, assieme a quella delle famiglie nobiliari che a quel tempo vivevano a Modica, era la più ricca della città in quanto più dotata di “senso imprenditoriale”, comprendendo all’interno di essa abili mercanti e artigiani.

Gli ebrei modicani più di una volta aiutarono economicamente i Conti di Modica (appunto la famiglia Cabrera), che di rimando garantivano protezione ai benefattori di religione giudaica.

Ovviamente le comunità ebraiche siciliane, al pari di quelle modicane, erano molto ricche e durante il periodo medievale erano anche abbastanza tutelate.

Ciò venne meno quando in Sicilia cominciò a prendere piede un sentimento anti semitico dovuto a ragioni apparentemente religiose, ma che nascondeva un’invidia per i “successi economici” della comunità ebraica isolana.

Infatti in numerose città siciliane vi furono episodi di grave intolleranza contro le comunità ebraiche, che sfociava nel “fatto di sangue”.

L’episodio più grave fu appunto il massacro degli ebrei di Modica avvenuto come detto prima il 15 Agosto 1474.

In questo infausto giorno, la folla aizzata da un “predicatore” dietro al quale si nascondevano i veri e propri “mandanti” (ossia varie famiglie “benestanti” della città invidiose delle capacità economiche della comunità giudaica modicana), al grido di “Viva Maria e Morte ai Giudei” uccise tra i 300 e i 600 cittadini modicani di religione ebraica di ogni sesso e età.

Ciò è considerato come una delle pagine più oscure della storia di Modica, e volendo anche della Sicilia intera.

Ma come ben si sa, questi atti di intolleranza e violenza contro le comunità ebraiche non sono stati né i primi né gli ultimi durante l’intera storia mondiale, e col passare dei secoli l’odio per gli ebrei culminerà in episodi sempre più gravi il cui apice lo si avrà durante il periodo della II guerra mondiale.

Tornando al suddetto periodo storico, il “Decreto dell’Alhambra” redatto nel 1492 dai sovrani Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia, decreterà poi l’esilio forzato di tutte le comunità ebraiche dalla Sicilia.

I Conti di Modica appartenenti alla famiglia Cabrera furono:

  • Bernardo Cabrera – Foix (1392 – 1423);
  • Bernardo Giovanni Cabrera d’Aragona (1423 – 1466);
  • Giovanni Cabrera – Prades (1466 – 1474);
  • Giovanni Cabrera – Ximénez (1474 – 1477);
  • Anna Cabrera – Ximénez (1477 – 1526);
  • Anna Cabrera – Moncada (1526 – 1565).

Con la morte della contessa Anna avvenuta nel 1565 si estinse di fatto la casata dei “Cabrera”, a cui seguì quella degli “Enriquez – Cabrera”.

Questa nuova “famiglia” si venne a formare in verità nel 1481, in occasione del matrimonio tra Anna Cabrera – Ximénez e Don Federico Enriquez, avvenuto all’interno della Chiesa di Santa Maria del Gesù che venne costruita assieme al limitrofo convento proprio in occasione di queste nozze.

Nel periodo di transizione tra le famiglie “Cabrera” ed “Enriquez – Cabrera”, più precisamente nel 1516, la città di Modica e la limitrofa Contea (assieme al Regno di Sicilia divenuto “Vicereame”), appartennero all’Impero di Spagna retto dal ramo spagnolo della nobile famiglia Asburgo.

Gli “Enriquez – Cabrera” furono i conti che non vissero stabilmente all’interno della Contea di Modica, stabilendosi in Spagna presso Medina de Rioseco (vicino Valladolid), visitando il territorio modica saltuariamente per questioni prettamente politiche.

Nonostante la lontananza dei conti, il territorio veniva governato da vari amministratori di fiducia.

Il conte Luis Enriquez Cabrera, però visse per ben due anni a Modica dal 1564 al 1566 per risolvere varie questioni economiche legate alla suddetta enfiteusi dei terreni.

Durante il secolo 1500 Modica divenne la quarta città più popolosa di Sicilia contando ben 18000 abitanti, acquisendo ulteriore prestigio dovuto alla sempre crescente espansione urbana dovuta alla costruzione e al miglioramento di vari edifici ecclesiastici – conventuali e nobiliari posti presso le odierne aree di Modica Bassa e Modica Alta.

Ciò continuò anche durante il 1600, periodo in cui la Contea di Modica ebbe però un periodo di crisi.

In quel periodo la reggenza della contea passò a Vittoria Colonna, moglie del conte Luis Enriquez – Cabrera (nonché figlia del Viceré di Sicilia Marcantonio Colonna), che il 24 Aprile 1607 fondò una nuova città presso il vasto feudo di Bosco Piano per risollevare le sorti economiche della contea.

Quella città è l’odierna Vittoria posta presso l’area occidentale dell’odierna Provincia di Ragusa.

Nel 1631 Modica ebbe ufficialmente il titolo di “città” da parte dell’allora Viceré di Sicilia “Francisco Fernández de la Cueva” Duca Alburquerque.

Nel frattempo Giovanni Alfonso Enriquez – Cabrera (figlio della contessa Vittoria Colonna), oltre ad avere la carica di “Conte di Modica”, ricoprì il ruolo anche di “Viceré di Sicilia” dal 1641.

I Conti di Modica appartenenti alla famiglia Enriquez – Cabrera sono:

  • Luis Enríquez – Cabrera (1565 – 1596);
  • Luis Enríquez – Cabrera – Mendoza (1596 – 1600);
  • Vittoria Colonna – Cabrera (1558 – 1633);
  • Juan Alonso Enríquez – Cabrera – Colonna (1600 – 1647);
  • Juan Gaspar Enríquez – Cabrera – Sandoval (1647 – 1691);
  • Juan Tomás Enríquez – Cabrera – Álvarez de Toledo (1691 – 1702);
  • Filippo V di Spagna (1713 – 1720);
  • Pascual Enríquez – Cabrera – Almansa (1722 – 1740);
  • María Enríquez – Cabrera – Almansa (1740 – 1742).

Tra le famiglie nobiliari che in quel periodo dimoravano a Modica, va citata quella dei Grimaldi dei Baroni di Calamezzana (parente lontana dell’omonima famiglia a cui appartengono i Principi di Monaco), a cui apparteneva il Cavaliere di Malta Agostino Grimaldi che perì in Turchia durante un’azione militare contro i saraceni.

Proprio in questo periodo i saraceni compivano numerose incursioni lungo il breve tratto di mare modicano, che all’epoca comprendeva il territorio pozzallese.

Infatti la sopracitata “Torre Cabrera” e il limitrofo forte posto a difesa del “Porto Caricatore” di Pozzallo, fungevano da opera difensiva per scongiurare le incursioni marittime dei pirati di etnia saracena.

Durante la reggenza dei Conti Enriquez – Cabrera, Modica vide uno dei suoi massimi periodi di splendore dovuto ad un notevole prestigio politico dovuto alle vicende della contea di cui era capitale, comprendendo anche una certa fioritura in campo artigianale, artistico e culturale.

Sorsero inoltre vari istituti scolastici perlopiù compresi all’interno di edifici conventuali, tra cui vanno citate le scuole rette dai Frati Domenicani, Carmelitani, Francescani e Gesuiti.

A quest’ultimo ordine appartenne il feudo di Cozzo Cisterna posto in territorio di Rosolini (SR).

Infatti in questo periodo la città e il suo territorio vennero studiate dallo storico modicano Placido Carrafa (1617 – 1644), che cominciò a ricostruire il passato storico dell’area modicana studiandone le rovine ancora presenti.

Va citata anche l’edificazione di uno degli edifici sacri più importanti di Modica, il Santuario della Madonna delle Grazie con il limitrofo Convento dei Padri Mercedari a seguito del ritrovamento dell’immagine raffigurante appunto la “Madonna col Bambino” avvenuto il 4 Maggio 1615.

L’edificio sacro, costruito dall’architetto e nobile siracusano Vincenzo Mirabella, divenne un’affollata meta di pellegrinaggi in onore della “Madonna delle Grazie” che il 3 Agosto 1627 venne proclamata “Patrona della Città” assieme a “San Giorgio” e a “San Pietro”.

Vennero costituiti anche altri edifici religiosi come i Conventi di San Domenico, Sant’Anna, Santa Teresa d’Avila e costruite varie piccole chiese di quartiere, che si aggiunsero alla notevole presenza di edifici sacri presenti in città.

A ciò si aggiunse l’Ospedale della Pietà ospitato all’interno della Commenda Gerosolimitana della Chiesa di San Giovanni Battista, che fu il primo istituto ospedaliero cittadino.

Inoltre durante il periodo seicentesco della reggenza della Contea di Modica da parte della famiglia Enriquez – Cabrera, sarebbero nati alcuni dei principali “prodotti tipici” modicani quali le “Scacce” modicane, i “Mpanatigghi”, e soprattutto il “Cioccolato Modicano”.

Il terremoto dell’11 Gennaio 1693 e la ricostruzione settecentesca (1693 – 1700)

Nel periodo finale del secolo 1600, Modica era una delle città più importanti del cosiddetto “Val di Noto” corrispondente alla porzione sudorientale della Sicilia; essendo di fatto uno dei principali centri politici e culturali dell’isola in quanto “capitale” della corrispettiva “Contea”.

Con i suoi eleganti palazzi nobiliari, le circa cento chiese (a cui appartenevano anche edifici conventuali), i suoi ponti che scavalcavano i Torrenti Janni Mauro, Pozzo dei Pruni, San Liberale e la Fiumara di Modica, e il suo Castello arroccato al centro della città, era una delle città più belle e caratteristiche della Sicilia.

Ma l’11 Gennaio 1693 un forte terremoto sconvolse la Sicilia sudorientale distruggendo totalmente i suoi centri abitati.

Il sisma investì la città di Modica radendola al suolo, uccidendo di conseguenza gran parte dei suoi abitanti.

Il sisma provocò circa 3000 vittime su una popolazione di 18000 abitanti.

La secolare città capitale dell’omonima contea era completamente in macerie, e i sopravvissuti trovarono rifugio presso le limitrofe vallate e alture.

I membri delle autorità cittadine che scamparono alla morte dibatterono se ricostruire Modica sul sito originario, oppure di rifondarla altrove (cosa che avvenne con alcune città della Sicilia sudorientale, tra le quali citiamo Noto, Avola, Sortino, Grammichele, e Giarratana per rimanere all’interno dell’attuale Provincia di Ragusa).

Venne di conseguenza deciso di ricostruire la città sul sito originario, riedificando la “nuova”  Modica sulle rovine degli edifici crollati durante il terremoto.

La ricostruzione cominciò nel periodo posteriore ai sisma, durando per buona parte del secolo 1700.

In molti furono gli architetti e i capomastri che parteciparono alla ricostruzione cittadina, tra cui vanno citati il siracusano Rosario Gagliardi, il netino Francesco Paolo Labisi, il modicano Rosario Boscarino, il ragusano Mario Spada e lo sciclitano Fra’ Alberto Maria di San Giovanni Battista.

La città modicana venne man mano ricostruita assumendo un elegante aspetto barocco, inglobando quei pochi edifici che resistettero alle scosse sismiche.

Per la ricostruzione furono impiegate grosse quantità di pietra iblea locale, nota ovviamente come “Pietra di Modica”.

Nel periodo compreso tra la distruzione avvenuta a causa del suddetto sisma dell’11 Gennaio 1693 e la prima metà del secolo 1700, si distinse la personalità di Tommaso Campailla.

Egli fu astrologo, filosofo e poeta, distinguendosi anche in campo medico per la cura di malattie quale la sifilide tramite un’infuso di sostanze medicamentose poste all’interno di una botte dentro la quale il malato si immergeva.

Questo metodo di cura era noto come “Botte del Campailla”, e fu utilizzato per la cura della sifilide prima della scoperta della penicillina all’interno del sopracitato “Ospedale della Pietà” che venne ribattezzato appunto “Sifilicomio Campailla”, rimasto attivo fino agli anni 1940.

Durante il secolo 1700, la ricostruzione dei palazzi nobiliari appartenenti a varie famiglie (De Leva, Grimaldi, Polara, Rosso ecc…) e degli edifici religiose (chiese e conventi) procedeva a ritmi serrati.

Nel 1774 venne costituito il cosiddetto “Ospedale degli Onesti” presso l’area di Modica Alta (adiacente alla Chiesa di San Martino), che assieme al “Sifilicomio Campailla” (posto a Modica Bassa), garantiva una maggiore copertura sanitaria per la città modicana.

In questo periodo vi fu la questione di quale tra le Chiese di San Giorgio e di San Pietro doveva essere la “Matrice” principale della città modicana.

Infatti vi era un forte sentimento di campanilismo tra fedeli delle due chiese, noti rispettivamente come “Sangiurgiari” e “Sanpietrari”, che rappresentavano rispettivamente la “popolana” Modica Alta e la “nobile” Modica Bassa.

Non di rado, sia prima che dopo il periodo del terremoto dell’11 Gennaio 1693, le due fazioni erano solite scontrarsi causando vari tumulti, specie in occasione delle feste patronali di “San Giorgio” del 23 Aprile e di “San Pietro” del 29 Giugno.

Le due grandiose chiese in stile barocco, ormai ricostruite, riportano entrambe l’iscrizione “Mater Ecclesia”.

Il culmine di ciò fece in modo che l’allora re di Sicilia “Carlo III di Borbone”, nella data del 16 Settembre 1797  decretò la suddivisione di Modica in due distinte aree di confine secondo la quale “San Pietro” era la “Matrice” di Modica Bassa, mentre “San Giorgio” lo era di “Modica Alta”.

Ancora oggi nell’area posta tra i due principali quartieri del centro storico modicano, possiamo ancora leggere le iscrizioni che delimitano il “Limite tra le due Matrici”.

La fine della Contea di Modica (1700 – 1816)

Durante il secolo 1700, la Contea di Modica cominciò ad essere uno stato “in declino”, in concomitanza con l’estinzione del ramo degli Asburgo di Spagna e l’inizio della “Guerra di Successione” per ottenere il trono dell’impero spagnolo alla quale apparteneva la Sicilia, e quindi anche il piccolo stato con a capitale la città modicana che in quel periodo formava un grande “cantiere” in occasione della sopracitata ricostruzione post sismica.

La successione del trono spagnolo passò nel 1702 a Filippo V di Borbone dei Duchi di Angiò, ma l’allora Conte di Modica Giovanni Alfonso Enriquez – Cabrera si schierò a favore con la famiglia Asburgo d’Austria (imparentata con gli omonimi di Spagna, il cui ramo si estinse con la morte di Carlo II d’Asburgo avvenuta l’1 Novembre del 1700).

Il nuovo sovrano destituì il Conte di Modica condannandolo a morte nel 1703, anche se egli si salvò rifugiandosi in Portogallo, salvo poi morire in battaglia nel 1705 presso la località di Portalegre.

La Contea di Modica appartenne al demanio spagnolo dal 1702 al 1713, essendo poi di fatto governata dallo stesso sovrano Filippo V dal 1714 al 1720 per via del Trattato di Utrecht mediante il quale terminò la guerra di successione spagnola comportando il passaggio della Sicilia al Duca Vittorio Amedeo II di Savoia.

Nel 1720 la Contea di Modica appartenne di nuovo agli Enriquez – Cabrera, più precisamente al Conte Pasquale Enriquez – Cabrera che era l’ultimo esponente maschile della famiglia che per circa due secoli governò questo piccolo ma importante stato ubicato all’interno del suolo siciliano.

Nel frattempo il regno di Sicilia cominciò ad appartenere alla famiglia dei Borbone dal 1734, il cui primo sovrano fu Carlo III .

Alla sua morte avvenuta nel 1740 gli successe la sorella Maria Enriquez – Cabrera, che a sua volta nel 1742 affidò la contea alla nipote Maria Teresa Álvarez – Toledo della nobile casata spagnola dei Duchi d’Alba.

Dal 1 Luglio 1742 la Contea di Modica smise di appartenere alla nobile famiglia spagnola degli Enriquez – Cabrera, cominciando ad appartenere a quella degli Alvarez – Toledo dei Duchi d’Alba che furono giuridicamente gli ultimi “Conti” del piccolo stato della Sicilia sudorientale, la cui capitale era appunto la città modicana.

L’ultimo Conte di Modica fu Carlos Miguel Fitz – James Stuart y Silva, che nel 1802 ereditò il titolo di Duca d’Alba (e appunto di “Conte” della città modicana) dalla cugina Maria Teresa Cayetana de Silva (ultima esponente della famiglia Alvarez – Toledo).

Nel 1816 il Regno di Sicilia fu soppresso e l’isola venne accorpata al “Regno delle Due Sicilie” retto dai Borboni di Napoli, e ciò cominciò a determinare l’imminente “fine della Contea di Modica”.

Infatti col regio decreto mediante il quale veniva abolito il feudalesimo, che venne redatto nella data del 16 Dicembre 1816 dal suddetto Regno delle Due Sicilie, la Contea di Modica cessò formalmente di esistere.

Essa divenne sede del “Distretto di Modica” facente parte della “Provincia di Siracusa” che occupava gran parte della cuspide sudorientale della Sicilia.

Gli ultimi conti a governare la “Contea di Modica” furono:

  • María Enríquez – Cabrera – Almansa (1740 – 1742);
  • María Teresa Álvarez de Toledo – Haro (1742 – 1755);
  • Fernando De Silva – Álvarez de Toledo (1755 – 1776);
  • María del Pilar Teresa Cayetana de Silva – Álvarez de Toledo (1776 – 1802);
  • Carlos Miguel Fitz – James Stuart – Silva (1802 – 1812).

Il titolo di “Conte di Modica” rimase solo nominale, e coloro ad averlo dopo la soppressione dello stato avente come capitale la città modicana fino ai giorni nostri furono:

  • Carlos Miguel Fitz – James Stuart – Silva (1812 – 1835);
  • Jacobo Fitz – James Stuart – Ventimiglia (1835 – 1881);
  • Carlos María Fitz – James Stuart – Palafox (1881 – 1901);
  • Jacobo Fitz – James Stuart – Falcó (1901 – 1953);
  • Cayetana Fitz – James Stuart y de Silva Falcó – Gurtubay (1953-2014);
  • Carlos Fitz – James Stuart – Martínez de Irujo (2014 – vivente).

Il completamento della ricostruzione di Modica e il periodo risorgimentale (1800 – 1860)

Nei primi decenni del 1800, la città di Modica che da “capitale” dell’omonima contea divenne capoluogo di distretto facente parte dell’allora Provincia di Siracusa, istituita l’11 Ottobre 1817 dal Regno delle Due Sicilie.

Questo periodo di tempo culminò con il completamento dei lavori di ricostruzione della città, che come ben sappiamo sono avvenuti in seguito alla distruzione provocata dal terremoto dell’11 Gennaio 1693.

Nel periodo 1820 – 1821, Modica partecipa alla rivolta antiborbonica mediante la quale la Sicilia fu “indipendente” per un breve periodo di tempo.

Il 12 Giugno 1829, grazie al regio decreto redatto da Francesco I di Borbone (allora sovrano del Regno delle Due Sicilie), la località marittima di “Pozzallo” che fu a lungo l’approdo marittimo della Contea di Modica, divenne un comune indipendente staccandosi di fatto dal territorio comunale modicano.

In seguito ai moti risorgimentali del 1837 avvenuti all’interno della città di Siracusa, nella data del 23 Settembre del medesimo anno il centro urbano aretuseo perse la carica di capoluogo provinciale a favore di Noto, con Modica che rimase sempre il centro di riferimento dell’omonimo distretto.

Nonostante la perdita della “Contea” e di alcuni “privilegi” ad essa legata, e il distaccamento del territorio marittimo di Pozzallo e del suo “porto”, in questo periodo Modica fu comunque con circa 30000 abitanti la città più popolosa dell’allora Provincia di Siracusa (avente sede a Noto), continuando ad avere una fiorente economia legata all’agricoltura e all’artigianato, confermandosi anche come un importante centro culturale.

Nel 1844 Modica fu visitata dall’allora sovrano del Regno delle Due Sicilia “Ferdinando II di Borbone”, che dimorò presso il Palazzo Castro – Grimaldi (posto lungo l’attuale Corso San Giorgio).

Il 15 Maggio 1845, la città di Modica che prima faceva parte dell’Arcidiocesi di Siracusa, cominciò ad appartenere alla nuova “Diocesi di Noto” assieme ai centri di Spaccaforno (Ispica), Pozzallo, Scicli, Giarratana (che poi appartenne alla Diocesi di Ragusa), Rosolini, Pachino, Portopalo, Avola, Palazzolo Acreide, Cassaro, Ferla, Buscemi e Buccheri (questi ultimi cinque successivamente tornarono a far parte della diocesi siracusana).

Modica partecipò anche ai “moti” del 1848 culminati con la “Rivoluzione Siciliana” che mirava alla creazione di un “Regno di Sicilia” indipendente, subendo una pesante repressione.

In seguito alla “Spedizione dei Mille” che vide sbarcare Garibaldi a Marsala l’11 Maggio 1860 culminando con la “Battaglia di Calatafimi” avvenuta quattro giorni dopo.

Il 17 Maggio 1860, grazie al patriota modicano Francesco Giardina, a Modica venne issata la bandiera tricolore italiana.

Dopo il plebiscito del 21 Ottobre 1860, Modica e l’intera Sicilia cominciarono ad appartenere al Regno d’Italia.

Dal 17 Marzo 1861 Modica ricoprì la carica di capoluogo dell’omonimo “circondario” (che soppiantava i “distretti” esistiti durante il Regno delle Due Sicilie).

Il 2 Giugno 1862 venne ricostituita pretura dell’ex Contra di Modica, che dal 1866 ospitò la corte d’assise provinciale.

Nel frattempo, nel 1865 il capoluogo provinciale tornò ad essere Siracusa.

Dalla seconda metà del 1800 ai primi decenni del 1900, la città di Modica ebbe un discreto sviluppo urbano.

Modica era definita come la “Città delle Cento Chiese”, ma molte di esse vennero chiuse al culto in seguito al decreto di eversione dell’asse ecclesiastico che venne promulgato nel 1866 dall’allora Regno d’Italia.

Da allora vennero chiusi e abbandonati vari edifici monastici e chiese, gran parte dei quali vennero in futuro demoliti.

Esso si verificò in particolare lungo le aree marginali delle cavità nelle quali scorrevano i quattro corsi d’acqua cittadini (i Torrenti Janni Mauro, Pozzo dei Pruni, San Liberale, e la Fiumara di Modica), e a nord dell’area di “Modica Alta”.

Per cui la presenza di costruzioni in stile neoclassico e liberty si fece più frequente, andandosi ad unire alle costruzioni barocche che soppiantavano gli edifici crollati dal suddetto sisma dell’11 Gennaio 1693, e al reticolo di circa 17 ponti che scavalcavano i suddetti corsi d’acqua.

Grazie alla costruzione della Ferrovia Siracusa – Ragusa – Gela – Canicattì – Caltanissetta Xirbi, Modica venne provvista di un’importante stazione ferroviaria sulla suddetta linea che entrò in funzione il 23 Dicembre 1891.

La costruzione di questa ferrovia, che a quei tempi era considerata come una mirabile opera di ingegneria grazie alle lunghe gallerie che seguono la morfologia dei limitrofi rilievi iblei tramite varie curve; basti pensare alla “Galleria Elicoidale” posta sotto la città di Ragusa.

Il 18 Giugno 1893 venne aperto il tratto ferroviario tra Comiso e Modica, che per l’appunto attraversava l’area sudoccidentale dei Monti Iblei.

La stazione di Modica fu molto utile per l’economia, perché sveltiva il traffico di persone e di merci (prodotti agricoli, “Pietra di Modica” e materiale asfaltico estratto presso le vicine miniere di Contrada Castelluccio – Streppenosa poste tra i territori di Ragusa, Scicli e Modica).

La ferrovia collegava e tuttora collega Modica a alle importanti località limitrofe della Sicilia sudorientale, in particolare il comune marinaro di Pozzallo, il futuro capoluogo di provincia Ragusa (città che venne unita anche alla “Ferrovia Siracusa – Ragusa – Vizzini” nel 1922), l’area di Gela e il porto di Licata.

Per la mole di traffico sempre più crescente, la stazione ferroviaria di Modica venne provvisto di un importante deposito per le locomotive a vapore, che per l’appunto fungevano da “motrice” per i treni di quell’epoca.

Di conseguenza ci fu anche la costruzione e il miglioramento delle varie strade che collegavano (e ancora collegano) Modica alle limitrofe località del Val di Noto.

La storia di Modica dal 1900 ad oggi

Agli inizi del 1900 la città di Modica, ricopriva un ruolo di rilievo in Sicilia essendo la quarta città per popolazione dell’isola.

Di conseguenza Modica si confermò anche come un importante centro agricolo e artigianale, con un’attiva vita culturale e una buona qualità della sanità e delle scienze mediche data la presenza dei due Ospedali della Pietà e degli Onesti.

Inoltre il 20 Agosto 1901, in una casa posta in prossimità del Castello dei Conti di Modica (Via Posterla), nacque il futuro poeta Salvatore Quasimodo (vincitore del Premio Nobel della letteratura nel 1959).

Ma la notte tra il 25 e il 26 Settembre del 1902 un altro evento catastrofico segnò in maniera indelebile la città di Modica.

Per colpa di un forte temporale esondò la Fiumara di Modica ed in particolare i suoi due affluenti, i Torrenti Janni Mauro e Pozzo dei Pruni.

Quest’ultimo torrente fu quello che provocò più danni contribuendo a formare una massa d’acqua di circa dieci metri che, scendendo da nordest, attraversò l’area di Modica Bassa in circa dodici minuti.

La furia delle acque trascinò vari detriti fangosi a valle, i quali contribuirono al danneggiamento e al crollo di numerosi edifici.

Inoltre quasi tutti i ponti di collegamento posti tra le sponde dei corsi d’acqua, furono spazzati via proprio dal violento impeto delle acque meteoriche.

Questo evento nefasto noto appunto come “Alluvione di Modica”, oltre a danneggiare gran parte dei quartieri di Modica Bassa e delle aree agricole poste in prossimità dei corsi d’acqua, provocò circa 112 vittime e il ferimento di un numero imprecisato di persone.

La sorte peggiore toccò a coloro che dimoravano presso il quartiere noto come “Sbalzo” (area oggi nota come “Vignazza” o “Quartiricciu” ), costellato da molte case – grotta ancora allora abitate che vennero investite dalla violenta forza delle acque meteoriche.

Dopo il terremoto dell’11 Gennaio 1693, questo evento distruttivo colpì molto duramente la città di Modica, e in parte anche quella di Scicli (posta in prossimità del tratto meridionale della Fiumara di Modica).

Il catastrofico evento ebbe un’importante rilevanza nazionale e internazionale che causò una “gara di beneficienza” per dare aiuto e sostegno alla città modicana, anche se in molti furono coloro che si lamentarono di un certo menefreghismo da parte delle autorità statali dell’allora Regno d’Italia.

Nonostante ciò, molte città siciliane, italiane e straniere si prodigarono per aiutare la comunità Modica, ma tra tutte si distinsero quelle di Milano e Palermo.

Infatti a sudovest di Modica nei pressi dell’area nota come “Dente”, venne costruito un nuovo quartiere per ospitare i superstiti del quartiere “Sbalzo”.

Questo nuovo quartiere venne appunto chiamato “Milano – Palermo” in onore delle due città che hanno aiutato la comunità modicana, sostenendo economicamente la costruzione di quest’area urbana.

Il quartiere comprendente circa 60 abitazioni e una scuola, venne inaugurato il 20 Aprile del 1904.

Oltre alla distruzione di gran parte della città e alla morte di circa 112 modicani, l’alluvione provocò anche una grave crisi economica in seguito alle attività compromesse da questo catastrofico evento.

Inoltre per evitare altre alluvioni, si decise di “tombare” i tratti urbani dei corsi d’acqua che formano la Fiumara di Modica, interessati peraltro da lavori di manutenzione.

In seguito alla copertura dei suddetti corsi d’acqua per scongiurare nuovi eventi alluvionali, la cosiddetta “città più singolare d’Italia, dopo Venezia” così come venne definita nel 1808 dallo storico palermitano Paolo Balsamo, cessava di esistere.

Passato questo catastrofico evento, la comunità modicana cominciò a rimboccarsi le maniche e a riavviare le attività lavorative e culturali.

Inoltre nel 1909 il vecchio “Ospedale di San Martino” o “degli Onesti” di Modica Alta, prese il nome di “Ospedale Maggiore”.

In questo periodo sotto l’area dello “Sbalzo” (Contrada Fontana) vennero edificate anche la fabbrica del ghiaccio annessa all’Officina Elettrica, l’area del Foro Boario con il limitrofo mattatoio.

Inoltre, furono in molti i modicani che trovarono impiego presso le vicine miniere d’asfalto di Contrada Castelluccio – Streppenosa; a ciò si unirono le attività estrattive legate all’utilizzo della “Pietra di Modica”.

Nel 1910 venne costituita a Modica Alta la società denominata “Michele e Agostino Fratelli Polizzi”, che costruì numerosi organi a canne per molte chiese di gran parte della Sicilia sudorientale (oggigiorno l’attività prosegue a Ragusa).

Anche se le attività economiche ripartirono dopo la rovinosa alluvione contemplando anche un relativo miglioramento urbano e infrastrutturale, furono comunque in molti i modicani ad emigrare verso l’America (del nord e del sud) in cerca di migliori condizioni lavorative e di benessere.

Nel 1915, anno in cui l’Italia partecipò alla I guerra mondiale, iniziò un altro periodo nefasto per la città modicana.

Il reclutamento forzato dei giovani cittadini modicani che vennero inviati al fronte causò la penuria di forza lavoro, e le conseguenze furono negative per l’economia cittadina.

Molti modicani morirono durante i combattimenti, e vi fu un alto numero di feriti e mutilati.

Alla fine della I guerra mondiale Modica pagò un alto tributo di sangue poiché ebbe il maggior numero di vittime (circa 800), che dipendeva ovviamente dalla densità demografica dell’allora capoluogo di circondario.

Avendo il più alto numero di abitanti della Sicilia sudorientale, di conseguenza maggiore fu il numero dei reclutati, e tra di essi fu alto il numero di morti e feriti (inclusi tra i prigionieri di guerra).

Le vittime modicane della cosiddetta “grande guerra” (così come allora venne denominata) terminata nel 1918, vennero onorate con la costruzione del “Monumento ai Caduti” di Piazza Principe di Napoli (ai piedi della rocca su cui poggia l’ex Castello dei Conti di Modica) progettato dall’architetto catanese Luciano Condorelli, che iniziò nel 1923.

Ad essa seguì nel 1927 la collocazione all’interno del Liceo Tommaso Campailla di un cenotafio in memoria degli studenti rimasti uccisi durante i combattimenti.

Nel 1920, il medico militare nonché chirurgo di origine modicana Rosario Cascino, fondò il “Sanatorio Chirurgico Cascino” all’interno di una costruzione in stile liberty posta presso il quartiere “Dente” (area sudoccidentale della città), che divenne nota come “Villa Cascino”.

Essa fu la terza struttura ospedaliera cittadina assieme al “Sifilicomio Campailla” e all’Ospedale “Maggiore”, che contribuiva a garantire una capillare copertura sanitaria all’interno della città modicana.

Nel 1921, venne costituito inoltre il primo nucleo urbano facente parte dell’attuale frazione di Montesano, oggiorno posta nell’estrema cuspide settentrionale del territorio comunale modicano.

In quel periodo, presso il Circondario di Modica appartenente alla Provincia di Siracusa, prese piede il movimento fascista.

Ciò venne favorito per disturbare le attività politiche socialiste in quella considerata come la principale “provincia socialista” della Sicilia.

La città in cui venne fondato il primo movimento fascista fu la vicina Ragusa (definita “un feudo dei rossi, non dissimile da quello di Bologna”), grazie all’operato del reduce di guerra e futuro politico Filippo Pennavaria.

In questo periodo vi furono molte azioni sovversive condotte dalle squadre fasciste contro i movimenti socialisti, molte delle quali provocarono anche gravi fatti di sangue.

Infatti nell’Aprile 1921, i fascisti che a Ragusa attentarono alla vita del politico socialista chiaramontano Vincenzo Vacirca durante una manifestazione uccidendone tre compagni (Rosario Occhipinti, Carmelo Vitale e Rosario Gurrieri), a Modica occuparono il municipio costringendo l’amministrazione socialista a dimettersi.

Ciò avverrà anche in altre città della provincia aretusea tra cui Augusta nel Circondario di Siracusa, Ragusa, Scicli, Pozzallo, Comiso e Vittoria in quello di Modica.

A questi avvenimenti segue l’Eccidio di Passo Gatta avvenuto il 29 Maggio 1921.

Esso avvenne durante una manifestazione socialista che doveva essere organizzata dentro Modica, ma che venne “spostata” forzatamente qualche chilometro a nord di Modica in Contrada Passo Gatta.

La milizia fascista aprì il fuoco sui manifestanti uccidendo quattro persone tra cui il socialista Vincenzo Carulli, il comunista Raffaele Ferrisi, e i contadini Agostino Civello e Rosario Liuzzo, contadino.

Circa una decina di persone rimasero gravemente ferite, e tre di esse moriranno successivamente proprio a causa dell’aggravarsi delle condizioni vitali in seguito ai colpi d’arma da fuoco subiti.

In seguito all’Eccidio di Passo Gatta, il fascismo cominciò a prendere piede in territorio modicano anche se esso per via dei passati eventi era piuttosto malvisto dalla popolazione “di sinistra”.

Di conseguenza, i modicani che abbracciarono le idee fasciste furono in molti, e alcuni di essi parteciparono alla cosiddetta “Marcia su Roma” considerata come l’atto iniziale della “dittatura” fascista italiana.

Nel 1924, il fondatore del partito fascista italiano Benito Mussolini, convinto dal politico nonché reduce di guerra Filippo Pennavaria (allora a capo della “milizia fascista” ragusana), visitò Ragusa a discapito di Modica  in cui il partito fascista era soggetto a vari dissidi interni.

Il “Duce” venne accolto molto “calorosamente” presso la città ragusana.

Successivamente altri “gerarchi” del partito fascista che con la forza prese il sopravvento in Italia divenendo una dittatura a tutti gli effetti, tra cui Costanzo Ciano e Roberto Farinacci, visitarono Ragusa, che di fatto fu la prima città siciliana a divenire fedele al fascismo.

Ciò è testimoniato dalla costruzione della cosiddetta “Torre Littoria” sulla quale venne posta l’iscrizione “Fascismo ibleo, tu primo a sorgere nella generosa terra di Sicilia”.

Ragusa quindi grazie all’operato del politico ragusano Filippo Pennavaria, entrò quindi nelle grazie del fascismo.

Ciò fu il primo passo che vide Ragusa divenire “Capoluogo” di una nuova “Provincia”, il cui territorio venne staccato da quella di Siracusa.

In realtà la costituzione di una nuova “provincia” era in progetto dal 1925, quando venne costituita quella di “Enna”.

Tra i papabili centri urbani, erano considerate appunto le città di Modica e Ragusa.

Grazie all’operato del politico fascista Filippo Pennavaria, fu Ragusa ad avere il ruolo di nuovo “capoluogo” della Provincia istituita ufficialmente a partire dal 2 Gennaio 1927.

Essa assorbiva completamente il Circondario (nonché gran parte dell’ex Contea) di Modica, comprendendo al suo interno i centri urbani di Scicli, Spaccaforno (Ispica), Pozzallo, Santa Croce Camerina, Comiso, Vittoria, Biscari (Acate), Chiaramonte Gulfi, Giarratana e Monterosso Almo.

Modica da importante centro amministrativo della Sicilia sudorientale, vide regredire il suo ruolo a “grosso centro di provincia” nonostante essa era sede di importanti istituti scolastici, giudiziari e sanitari a discapito della vicina Ragusa tornata ad essere un unico comune (dato che fino al 1922 era divisa in due distinti centri “Ragusa” e “Ibla”).

Oltretutto Ragusa, anch’essa un importante centro urbano di notevole valenza storico – culturale e con fiorenti attività industriali (tra l’altro servita dallo scalo marittimo di Mazzarelli, attuale “Marina di Ragusa”), aveva funzioni amministrative pressoché nulle che erano invece presenti a Modica (che come ben sappiamo era la città capoluogo dell’omonimo circondario, avente anche la sede della sottoprefettura provinciale).

Ciò suscitò certamente nei modicani sentimenti antifascisti ancora più radicati da parte di chi osteggiava il regime, andando di conseguenza ad alimentare in maniera esponenziale un profondo campanilismo con la vicina Ragusa (che ancora oggi risulta piuttosto sentito).

Anche se ormai Modica non ricopriva più la carica di “capoluogo di circondario” o per meglio dire di “provincia”, durante il periodo fascista (anni 1920 – 1930) subì ugualmente alcuni miglioramenti urbani e infrastrutturali.

In questo periodo avvenne la costruzione di edifici quali la “Casa del Fascio” adiacente al Palazzo della Cultura – ex Convento delle Benedettine (che prese il posto della Chiesa di Santa Scolastica), e il Palazzo sede dell’Istituto Magistrale “Giovanni Verga” sul preesistente sito del Convento dello Spirito Santo.

Inoltre in questo periodo, presso Modica dimorava la religiosa ispicese oggi nota come “Beata Maria Crocifissa Curcio”, futura fondatrice dell’ordine delle “Suore Carmelitane Missionarie”.

Gli anni 1940 videro lo scoppio della II guerra mondiale, durante la quale l’Italia fu alleata dei tedeschi “nazisti”.

E arrivò nuovamente la chiamata alle armi per i modicani, che vennero inviati a combattere un po’ ovunque.

Così come avvenne durante la I guerra mondiale, molti soldati modicani vennero uccisi durante i combattimenti, mentre una buona parte dei medesimi rimase ferita o fatta prigioniera.

Ovviamente le conseguenze legate al reclutamento forzato dei giovani modicani che causò la mancanza di forza lavoro con nefaste conseguenze all’economia cittadina.

Stavolta però il conflitto era “alle porte” della città modicana, e tutto ciò fu aggravato dai bombardamenti angloamericani che la Sicilia sudorientale subiva.

Il territorio modicano venne anch’esso colpito dai bombardamenti, tanto che lungo il corso tombato della Fiumara di Modica o presso alcuni anfratti o ipogei posti in prossimità delle limitrofe aree iblee, vennero ricavati dei rifugi antiaerei.

Il culmine di ciò lo si ebbe durante lo sbarco angloamericano in Sicilia, avvenuto a partire dal 9 Luglio 1943 lungo le coste della Sicilia sudorientale (in particolare quelle tra la costa meridionale della Provincia di Siracusa e l’area di Santa Maria del Focallo – Marina Marza).

Dopo lo sbarco, le truppe canadesi appartenenti all’esercito angloamericano entrarono a Modica, causando di conseguenza la caduta del fascismo all’interno della città modicana.

Nel 1944 Modica prese parte alla protesta del movimento noto come “Non si parte”, che si opponeva al reclutamento forzato di giovani da inviare a combattere contro i nazifascisti durante l’ultimo periodo del secondo conflitto mondiale.

Nel 1945, alla fine della guerra, Modica era provata dal lungo conflitto ma vi era molta voglia di ricostruire e di ripartire.

A partire dagli anni 1950, dopo la ricostruzione postbellica, la città di Modica cominciò ad espandersi sui limitrofi altopiani iblei.

Ciò avvenne verso meridione con la rapida urbanizzazione dell’altopiano del Colle Monserrato, che arrivò ad inglobare le contrade “Caitina”, “Pirato”, “Treppiedi”, “Michelica” e “Musebbi”, sancendo la nascita dell’area urbana nota come “Modica Sorda”.

Nel 1950, al territorio di Modica cominciò ad appartenere la località rurale (ora frazione extraurbana) di Frigintini, che in origine faceva parte del territorio di Noto (SR).

La costruzione dei nuovi quartieri, decretò un rapido sviluppo economico che durò per circa trent’anni proseguendo durante gli anni 1960, 1970 e 1980.

Durante questo periodo, vennero costruiti la nuova Pretura di Modica, la nuova sede dell’Ospedale “Maggiore” e si venne man mano a costituire quello che oggi è noto come “Polo Commerciale”, ossia l’attuale area cittadina colma di negozi e centri commerciali posta lungo il Viale della Costituzione (strada che raccorda tra loro i tratti della SS 115 per Ragusa e Siracusa).

Anche all’interno del centro storico modicano (quartieri di Modica Bassa e Alta) vennero costruiti moderni edifici, che però nella maggior parte dei casi presero il posto di importanti edifici storici (palazzi nobiliari, conventi o chiese) che vennero purtroppo demoliti in conseguenza di ciò.

Oltre a ciò, anche le tante frazioni comunali (in particolare Frigintini e Marina di Modica), cominciarono ad avere un discreto sviluppo urbanistico.

In seguito al “relativo” miglioramento delle infrastrutture stradali, in particolare dell’asse comprendente le SS 194 per Pozzallo e SS 115 per Ragusa e Siracusa, dal 1963 al 1967 venne costruito l’imponente “Viadotto Modica”, meglio noto come “Ponte Guerrieri”, il quale oltre a scavalcare la Fiumara di Modica, permette anche di ammirare per intero il centro storico cittadino.

Questo viadotto stradale che venne intitolato al politico modicano “Emanuele Guerrieri” (morto nel 1968) che si prodigò per la sua costruzione, funge da raccordo tra la SS 194 per Pozzallo (che qualche anno dopo venne “modernizzata”) e la vecchia SS 115 per Ragusa, collegando di fatto le aree di “Modica Sorda” ai quartieri “Dente” e “Modica Alta”.

La costruzione di questo ponte venne affidata alla società “Condotte S.p.A.”, e ad essa parteciparono vari architetti che esposero i loro progetti, tra cui anche quello dell’architetto romano Riccardo Morandi che però venne scartato.

Il Ponte Guerrieri, localmente noto come “U Ponti ri Muorica”, all’epoca aveva il primato di “viadotto stradale più alto d’Italia” (e di secondo ponte più alto della nazione italiana dopo quello ferroviario di “Santa Giustina” posto in Trentino Alto Adige), che venne meno in seguito alla costruzione del “Viadotto Italia” dell’Autostrada Salerno – Reggio Calabria avvenuta nel 1969.

Al “Ponte Guerrieri” si unì la costruzione della “nuova” SS 115 per Ragusa, la quale prevedeva un altro ardito attraversamento stradale per attraversare la valle nella quale scorre il Fiume Irminio.

Infatti tra il 1975 e il 1984, in seguito al progetto del sopracitato architetto Riccardo Morandi, venne costruito il “Viadotto Irminio” noto anche come “Ponte Costanzo” (per via dell’omonima ditta edile che finanziò la sua costruzione).

Questo viadotto con i suoi 168 metri d’altezza, è attualmente l’infrastruttura stradale più alta della Sicilia.

Il “relativo” miglioramento delle infrastrutture stradali che collegavano Modica a Ragusa (e a Catania tramite la SS 514), a Pozzallo (in particolare al suo porto) e a Siracusa tramite il Viale della Costituzione che attraversa il cosiddetto “Polo Commerciale” collegandosi al tratto della SS 115 per Ispica e Rosolini (dalla quale si raggiunge la provincia aretusea), contribuirono ad un certo sviluppo economico per la città modicana.

Tutto ciò è avvenuto in attesa della costruzione del tratto “Ispica – Modica”, facente parte dell’Autostrada A 18 “Siracusa – Gela”.

Anche se però la mancanza di un collegamento alla rete autostradale italiana, a cui doveva inoltre unirsi doverosamente un netto miglioramento della linea ferroviaria, ebbero un forte peso su un definitivo “decollo” per l’importanza logistica della città modicana.

Ciononostante durante il sopracitato trentennio, e per buona parte degli anni 1990 Modica ritornò ad essere un importante centro economico legato alla fiorente produzione agricolo – zootecnica, a cui si univano vari impianti industriali metalmeccanici, manifatturieri e agroalimentari.

Anche l’artigianato legato alla lavorazione della “Pietra di Modica” per usi edilizi o artistici, ebbe un buon incremento.

Inoltre a Modica vennero fondate varie emittenti radiotelevisive, che man mano ebbero una discreta (se non addirittura completa) copertura regionale.

Nonostante ciò, l’economia modicana continuava a subire pesantemente gli influssi negativi dettati dal netto ritardo economico a cui il sud Italia era soggetto; per cui molti modicani preferirono cercare migliori condizioni lavorative o in Italia settentrionale o in varie nazioni nordeuropee.

Durante gli anni 1990 Modica ebbe anche un discreto incremento turistico grazie all’avvento di internet, e in parte anche all’ausilio delle suddette emittenti radiotelevisive.

Il turismo di conseguenza, oltre alla conoscenza dei siti culturali e delle località naturalistiche, archeologiche e balneari, prevedeva anche la sponsorizzazione del folclore cittadino, dei prodotti tipici e dell’artigianato locale.

Modica e il suo territorio cominciarono ad avere risalto grazie all’ausilio per certi versi “indiretto” dovuto al telefilm “Il Commissario Montalbano”, personaggio immaginario protagonista di vari romanzi dello scrittore empedoclino Andrea Camilleri.

Le riprese cinematografiche di questo telefilm venivano effettuate in varie località della provincia ragusana, tra cui appunto la città modicana; e ciò contribuì ad aumentare la fama di questo importante centro della Sicilia sudorientale.

Durante gli anni 2000, nonostante i vari “impedimenti” infrastrutturali, Modica cominciò ad avere un discreto movimento turistico che decretò una (parziale) rinascita di attività economiche e culturali.

Dal Giugno 2002, Modica ed in particolare alcuni dei suoi edifici in stile tardo barocco, sono stati iscritti nella lista Unesco dei “Luoghi Patrimonio dell’Umanità” nell’ambito delle “Città barocche del Val di Noto” assieme alle città vicine di Ragusa, Scicli, Noto e Palazzolo Acreide (in Provincia di Siracusa), Catania, Caltagirone e Militello in Val di Catania (in Provincia di Catania).

Nel 2005 venne costruito il viadotto “Nino Avola” intitolato all’omonimo politico modicano, che collega Modica Alta alla SS 115 per Ragusa scavalcando la cava del Torrente Janni Mauro.

Oggi Modica è una delle più importanti città facenti parte della Provincia di Ragusa e della Sicilia sudorientale dal punto di vista agroalimentare, industriale, economico e culturale, che ha inoltre assunto il ruolo di importante polo di attrazione turistica.

Torna all’elenco

Modica oggi; economia, cultura, turismo, personaggi famosi

Economia

La città di Modica. oggigiorno svolge la funzione di importante centro economico della Provincia di Ragusa e della Sicilia sudorientale in generale, essendo tra l’altro sede di importanti attività imprenditoriali.

L’economia cittadina si basa quindi su settori di vario tipo che, nonostante vari fattori avversi che attanagliano l’area meridionale dell’Unione Europea, riescono comunque a garantire una discreta copertura occupazionale.

Un tempo l’economia era prettamente basata sull’agricoltura, l’allevamento, l’artigianato e la lavorazione di prodotti agroalimentari; ancora oggi questi campi lavorativi rappresentano una buona parte degli introiti economici per la città modicana.

L’agricoltura è ancora oggi molto diffusa in quanto le limitrofe contrade iblee, in passato suddivise in varie aree coltivate sin dai tempi della Contea di Modica, garantiscono un’alta resa produttiva.

Tra le colture erbacee più diffuse citiamo quelle dei cereali tra cui frumento duro (di cui alcuni tipi di “Grani Antichi” siciliani), e dei legumi di cui va citata la “Fava Cottoia di Modica” (divenuta presidio “Slow Food”) oltre a ceci, lenticchie, fagioli e fagiolini.

È diffusa la coltivazione di ortaggi sia in campo aperto che in serra.

Tra gli ortaggi coltivati in campo aperto citiamo: carote (di cui alcune varietà facenti parti del consorzio “Carota di Ispica IGP”), patate, carciofi, lattuga, spinaci, bietole, indivia, zucche, cipolle, broccoli, cavolfiori ecc…

Le colture in serra sono rappresentate da: pomodori di vario tipo (“Ciliegino”, “Datterino”, “Piccadilly”, “Grappolo”, “Tondo Liscio”, “Marmande” o “Costoluto” ecc…), melanzane, peperoni, zucchine, meloni (del tipo “Cantalupo”) e angurie.

Inoltre vengono coltivati anche il Fagiolo “Cosaruciaru” di Scicli e il “Cavolo Vecchio di Rosolini”  (entrambi presidi “Slow Food”), lungo le aree di confine con i medesimi territori comunali.

Anche la raccolta e il commercio di verdure selvatiche risulta piuttosto diffuso; tra esse citiamo asparagi selvatici, bietole selvatiche, borragine, senape dei campi e cicoria selvatica.

Hanno un certo valore anche la coltivazione di erba da foraggio e sementi per mangimi, e la raccolta di Fichi d’India e di varie specie di funghi, di cui la più pregiata è il “Fungo di Carrubo”.

Tra le colture arboree, la più importante è quella dell’olivo, a cui seguono quelle del carrubo, delle mandorle, e di vari alberi da frutto tra cui agrumi (arance, limoni, mandarini), prugne, susine, nespole, melograni, pesche, fichi, gelsi e noci.

È diffusa la coltivazione di diverse varietà di uva da vino quali Nero d’Avola, Syrah, Cabernet Sauvignon, Frappato (rossi), Inzolia, Grillo, Catarrato (bianco).

Per quanto riguarda l’allevamento, va indubbiamente citato quello di bovini da latte e da carne.

La principale razza bovina allevata è appunto la cosiddetta “Modicana”, che prende il nome appunto dalla città in questione ed è utilizzata per la produzione di latte.

Ad essa si aggiunge l’allevamento di varie razze bovine o da latte o da carne.

Un altro allevamento particolarmente diffuso è quello avicolo, comprendente polli da carne e galline ovaiole.

Vi è anche una vasta presenza di allevamenti di suini (maiali da carne), ovini da latte (pecore di razza “Comisana” e capre) o da carne, equini (cavalli, asini e muli), tacchini, conigli, oche, anatre ecc…

Dal latte proveniente dagli allevamenti bovini e ovini si ricavano vari tipi di formaggi e latticini, tra i cui va citato il formaggio “Ragusano DOP”.

Il settore estrattivo contempla l’estrazione e la lavorazione della “Pietra di Modica”, utilizzata nell’edilizia o in campo artistico.

Le industrie presenti a Modica sono impiegate nella produzione di mangimi per animali, fertilizzanti, materiale edile, ascensori e macchinari industriali, lavorazione di legname, metalli e materiale lapideo o plastico.

Ma il settore industriale prevalente è quello agroalimentare comprendente la lavorazione di vari prodotti agricoli (olive, carrube, mandorle, ortaggi, frutta ecc…) per la produzione di vari tipi di alimenti (olio d’oliva, dolciumi, conserve alimentari ecc…), a cui si aggiunge quella del latte per produrre formaggi e latticini.

Sono inoltre diffuse la produzione di salumi e insaccati, prodotti da forno e dolciari, e la torrefazione di caffè.

In molte di queste industrie avviene la produzione di varie  specialità tipiche modicane tra cui il “Cioccolato di Modica”.

Anche la produzione di vari alimenti che però avviene maniera perlopiù artigianale, è presente all’interno della città di Modica.

Per quanto riguarda il cosiddetto “settore terziario”, presso la città di Modica vi sono aziende in grado di fornire vari tipi di servizi di tipo logistico, telematico, multimediale e umanistico.

Come è già stato detto in precedenza, a Modica vi hanno sede varie emittenti televisive e radiofoniche, di cui alcune di esse aventi anche una buona copertura regionale.

Cultura

Modica ha una grossa importanza dal punto di vista culturale per la presenza di vari istituti scolastici (pubblici o privati), enti di formazione professionale, scuole ad indirizzo musicale, e il distaccamento della facoltà universitaria di Scienze Politiche dell’Università di Catania.

Inoltre a Modica vi hanno sede vari istituti culturali riguardanti la storia cittadina, la salvaguardia di arti e mestieri, e la promozione artistico – culturale della città con la realizzazione di eventi di vario tipo.

Sono presenti vari istituti museali, tra i quali quelli posti all’interno del cosiddetto “Palazzo della Cultura” che formano il Sistema Musei “Modica”.

Ma la cultura cittadina è incentrata anche suo folclore comprendente varie usanze e leggende, che si riflette sulla gastronomia e sull’artigianato locale, inglobando all’interno di esso lo svolgimento delle feste e manifestazioni popolari cittadine.

Turismo

Il turismo è divenuto una delle principali fonti di reddito a Modica per via di vari fattori.

Modica è una delle principali mete turistiche della Sicilia per la valenza paesaggistica e monumentale data dai principali edifici storici modicani (specie quelli in stile barocco o quei pochi rimasti intatti dopo il terremoto dell’11 Gennaio 1693), per le aree naturalistico – archeologiche poste nei dintorni della città, a cui si aggiungono le vicine aree balneari.

Inoltre la ricchezza artistico – culturale cittadina, le sue feste popolari e la sua rinomata gastronomia comprendente vari prodotti tipici quali il “Cioccolato Modicano”, la “Fava Cottoia” o varie preparazioni tra cui le “Scacce” modicane o le “Mpanatigghie” solo per citarne alcuni, contribuiscono ad assicurare un buon movimento turistico all’interno della città ex capitale dell’omonima Contea.

Va comunque detto, che il turismo a Modica è stato favorito in maniera “indiretta” grazie alle varie riprese cinematografiche, avvenute all’interno della città.

Tra esse va ovviamente citato il noto telefilm “Il Commissario Montalbano” le cui scene sono appunto girate all’interno di gran parte della provincia ragusana e ovviamente anche a Modica, andando a creare quelli oggi noti come “Luoghi di Montalbano” di cui fa parte pure il centro urbano modicano.

Paradossalmente la serie di questo telefilm tratta dai romanzi dello scrittore Andrea Camilleri, ha contribuito a far aumentare il movimento turistico all’interno della Provincia di Ragusa, fungendone da “spot” in maniera (diciamo) “indiretta”; e ciò ha giovato anche alla città di Modica in termini di visibilità, turismo ed economia.

Personaggi famosi

La città di Modica ha dato i natali ad importanti personalità.

Tra le personalità vissute in epoca medievale, citiamo i cavalieri e signori cittadini vissuti in epoca normanna Gualtiero I de Mohac e Gualtiero II de Mohac.

Tra i Conti di Modica, vanno citati i conti “modicani” Anna Cabrera – Ximenes e Giovanni Alfonso Enriquez – Cabrera, nati appunto all’interno della città modicana.

Tra coloro vissuti tra il secoli 1500, 1600 e 1700 vanno citati l’umanista Lazzaro Cardona, lo storico seicentesco Placido Carrafa, i letterati Girolamo Felice – Ragusa e Girolamo Renda – Ragusa, il medico e storico Tommaso Campailla, il poeta Carlo Amore, la poetessa Girolama Lorefice – Grimaldi, i medici Diego Matarazzo, Gaspare Cannata, Michele Gallo e Pietro Polara.

Tra coloro vissuti tra i secoli 1800 e 1900 vanno citati il letterato Michele Rizzone, lo storico Saverio Scrofani, il medico Socrate Polara, i patrioti Giuseppe De Leva – Gravina, Francesco Giardina e Michele Tedeschi – Rizzone, il politico il poeta Carlo Papa, il religioso Antonio Morana, il politico Corrado Rizzone – Tedeschi il fisico e filantropo Giovan Pietro Grimaldi, l’agronomo Clemente Grimaldi, lo scrittore Michele Rizzone – Navarra, l’architetto Santi Buscema, il pittore Enrico Maltese, il musicista Pietro Floridia, il medico Rosario Cascino che costituì la clinica nota come “Villa Cascino”, lo storico Emanuele Ciaceri, i militari Umberto SolarinoGiacomo di CrollalanzaGiuseppe Gianni e Giorgio Scifo, gli organari Damiano Polizzi, Michele Polizzi Sr., Giacomo Polizzi e Michele Polizzi Jr., il pittore Orazio Spadaro, il giurista Giovanni Baviera, l’ingegnere Giovanni Di Raimondo, lo scrittore e poeta Salvatore Quasimodo vincitore del Premio Nobel nel 1959, i politici Emanuele Guerrieri e Nino Avola a cui sono stati intitolati i corrispettivi viadotti, il docente Carlo Vischia, gli scrittori Benedetto Ciaceri e Raffaele Poidomani, il filosofo Carmelo Ottaviano, il giornalista Virgilio Failla, il fisico Virgilio Polara, lo storico Giovanni Modica – Scala.

Tra i “contemporanei” citiamo il religioso Jorge (Giorgio) Scarso, l’attore Marcello Perracchio, l’artista Giovanni Blandino, lo storico Giuseppe Barone, il botanico Salvatore Brullo, il dirigente sportivo Giorgio Scarso, gli attori Carlo Cartier e Andrea Tidona, i registi Giovanni Caccamo e Aurelio Grimaldi, il vescovo Rosario Gisana, il calciatore Angelo Tasca, gli schermidori Eugenio Migliore e Giorgio Avola, la pugile Valeria Calabrese, l’atleta Giuseppe Gerratana, la regista Alessia Scarso, il giornalista Paolo Borrometi, i cantanti Rosalia MisseriChiara Civello (di origini modicane), Davide Di Rosolini, Giovanni Caccamo, e Massimo Giuca (quest’ultimo meglio noto come “Mister Max”).

Torna indietro