*Rigolizia, Rovine Sicule di Cozzo Aguglia e Ruderi della Prima Città Sicula di Neas

Rigolizia

*Rovine Sicule di Cozzo Aguglia e Ruderi della Prima Città Sicula di Neas

Percorrendo la S.P. Testa dell’Acqua – Aguglia – Bancazzo da Rigolizia, alla nostra destra scorgiamo un piccolo colle, chiamato “Cozzo Aguglia”, chiamata così o per la probabile presenza di un torrione di avvistamento di epoca medievale, o di un qualche monumento – obelisco (difatti col termine “Aguglia” coloro che popolavano la Provincia di Siracusa non indicavano il noto pesce affusolato che popola i mari siciliani, ma una costruzione snella e lunga, così come la “Guglia” o appunto “Aguglia di Marcello”, monumento di epoca romana posto nei pressi di Priolo Gargallo).

Questo piccolo rilievo montano lo si raggiunge tramite una piccola mulattiera posta alla nostra destra (venendo dal bivio per Rigolizia e Palazzolo) che dopo aver oltrepassato caseggiati rurali e terrazzamenti, si inerpica sulla sommità di questo colle, in cui vi sono poste tuttora numerose rovine archeologiche di varie epoche.

Innanzitutto presso il Cozzo Aguglia sono state rinvenute tracce di un villaggio rurale molto antico, che molto probabilmente venne riadattato dal guerriero siculo Ducezio che qui, secondo alcuni archeologi, vi fondò la prima vera e propria città chiamata “Neas”, che però venne spostata sul Monte Alveria, attuale sito archeologico di Noto Antica, in quanto più difendibile e più utile dal punto di vista strategico. Difatti sul Cozzo Aguglia vi sono molte rovine di antichi edifici in pietra e di Necropoli rupestri e a fossa, cosa che era nota in molte città di origine sicula, tra cui Hybla, che sorge in mezzo alla vasta Necropoli di Pantalica. Qui vi sono anche le rovine di un tempio ellenistico.

Questo villaggio – città non venne però abbandonato del tutto. Esso divenne un luogo rurale che venne popolato per molti secoli fino al Medioevo in cui le Necropoli rupestri divennero stalle con mangiatoie e abbeveratoi, quelle a fossa divennero magazzini per i viveri (posti dentro grandi anfore) e le case dei siculi divennero fattorie provviste di palmenti per la lavorazione di cereali e olive. Lo testimoniano le rovine ritrovate attorno a questa particolare zona archeologica poco conosciuta del territorio di Noto, da cui molto probabilmente ebbe origine la stirpe dei netini che da lì a poco sarebbe divenuta una delle più importanti civilizzatrici della Sicilia forse ancor di più dei coloni greci, in quanto i siculi netini continuarono a regnare nel Val di Noto per lunghissimi secoli, e tuttora questi stessi netini abitano in una delle città barocche più belle al mondo, l’attuale Noto.

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