Palazzolo Acreide, Tradizioni popolari palazzolesi

Il dualismo tra i “San Paulisi” e i “Sammastianisi”

Il tanto citato dualismo tra i fedeli di “San Paolo” e “San Sebastiano” si perde nella notte dei tempi.

Anticamente a Palazzolo Acreide era già divisa in due fazioni: quella devota a “San Paolo” (i “San Paulisi”) e quella devota a “San Sebastiano” (i “Sammastianisi”); le due fazioni non erano contro i due Santi ma contro i rispettivi abitanti dei quartieri di “San Paolo” (che stavano nella parte bassa del centro storico di Palazzolo, quella più povera e popolana) e di “San Sebastiano” (che abitavano invece la parte alta, quella più ricca ed aristocratica).

Dopo la ricostruzione di Palazzolo Acreide, nacque la diatriba su chi doveva essere il “Santo Patrono” di Palazzolo Acreide. L’allora Diocesi di Siracusa scelse “San Paolo” come “Patrono” e “San Sebastiano” come “Protettore” della cittadina montana. Mentre i “San Paulisi” erano contenti, i “Sammastianisi”, visto che non potevano far altro che riconoscere la volontà della Diocesi, si sforzavano (e si sforzano tuttora) a fare una festa più fastosa dei rivali. I devoti di “San Paolo” vista la competizione decisero di fare una festa ancor più fastosa dell’anno passato (bisogna dire che nei secoli settecenteschi ed ottocenteschi vi era già la “Sciuta” con gli “Nzareddi” e gli spettacoli pirotecnici che danno oggi prestigio alle due feste).

In passato, quando uno dei due Santi entrava nel quartiere dell’altro, si suscitarono molti tumulti tra “San Paulisi” e “Sammastianisi” che non poche volte degeneravano dati gli insulti (anche gravi) che le due fazioni si scambiavano. Malgrado la rivalità campanilistica “San Paolo” e “San Sebastiano” erano temuti e rispettati dalle due fazioni che si contendevano il titolo di “festa più bella” della città palazzolese. Era solo una “lotta di quartiere” non dissimile ai tumulti che avvenivano a Siena tra le Contrade che si contendevano (e si contendono tuttora) il “Palio dell’Assunta” (il celebre “Palio di Siena”).

 La situazione divenne insostenibile finché le principali autorità ecclesiastiche e politiche intervennero intimando alla cittadinanza che, se vi fossero stati altri tumulti, le due feste non si sarebbero fatte più.

Allora gli abitanti dei due quartieri fecero pace giurandosi di non scatenare più tumulti durante le due principali feste religiose di Palazzolo poiché “San Sebastiano e San Paolo sono stati martirizzati per l’unione dei Cristiani e no per le loro divisioni popolari” così le confraternite dei due “Santi” partecipavano (e partecipano tuttora) con devozione alle due feste dando onore insieme sia a “San Paolo” sia a “San Sebastiano”.

Nella prima metà del 900 i festeggiamenti decaddero a causa delle due guerre mondiali mentre dal periodo che va dagli anni 50 fino ad oggi le festività ritornarono fastose come un tempo.

Oggigiorno le rivalità sono scomparse, ma c’è sempre quello spirito di competizione tra “San Paulisi” e “Sammastianisi” che, nell’effimero desiderio di organizzare la festa più bella in città, fanno si che le due feste “Patronali” siano considerate tra le più belle della Provincia di Siracusa e tra l’insieme delle festività popolari più importanti della Sicilia intera.

Va anche detto che anche fra gli “Adduluratini” (i devoti della “Madonna Addolorata”) i Sammichilisi” (quelli di “San Michele Arcangelo”) c’era statain passato anche qualche piccola “discussione”, ma niente di che a confronto tra il dualismo tra “Sanpaulisi” e “Sammastianisi”. Comunque tuttora tra di esse è usanza chiamarsi con “simpatici nomignoli”; i devoti di “San Paolo” vengono chiamati “Rospi”, quelli di “San Sebastiano” sono noti come “Sparici”, quelli della “Madonna Addolorata” vengono nominati “Scarcagnati” e infine quelli di “San Michele” sono chiamati “Mafalufi”.

Bisogna dire infine che questa forma di rivalità non era solo ubicata a Palazzolo Acreide ma anche in altre città limitrofe specialmente quelle del ragusano (in special modo a Modica, dove c’era una brutta rivalità tra i devoti di “San Giorgio” e quelli di “San Pietro”; e nella stessa Ragusa sempre tra i devoti di “San Giorgio” e quelli di “San Giovanni”, oggi tutte scomparse). In Provincia di Siracusa si è avuto un caso simile a Buccheri dove a cavallo tra il 1700 e il 1800 le fazioni appartenenti rispettivamente alla Chiesa di Santa Maria Maddalena e alla Chiesa di Sant’Antonio Abate avevano avuto numerose schermaglie tra loro.

La Leggenda di “Pauluzzu”

Questa è un’antica leggenda palazzolese incentrata su un fatto forse realmente accaduto, dove però vi sono forti influssi di fantasia popolana.

Si diceva che anticamente l’attuale Palazzo Zocco fosse abitato da un uomo senza scrupoli, il “Barone Alfonso”, attaccato alle ricchezze e ai vizi materiali. Per godersi tutti questi suoi vizi vessava i palazzolesi con ogni sorta di sopruso, anche con sanguinosi delitti. Cattivo com’era il “Barone Alfonso” vessava anche le sue due sorelle, Paola e Tilde, reggenti dei Feudi di Bibbinello e di Famolio (una contrada a sud di Palazzolo), che intendeva sottrarre loro per unificarli con quelli di Palazzolo Acreide e Falabia in cui spadroneggiava. Si diceva inoltre che questo Barone fosse stato ritrovato tra le rovine del Castello (situato dietro la Basilica di San Paolo) in una notte scura e di tempesta; per questo era conosciuto anche come “u figghiu ro riavulu” (“il figlio del diavolo”)

Però lui aveva un avversario molto temibile, il piccolo nipote Paolo, chiamato “Pauluzzu”, che era l’unico erede maschio delle ricchezze del “Barone Alfonso”. Lui era curato e voluto bene dalle due sorelle del Barone.

Appena il Barone venne a sapere che aveva un erede, lui fece divenire la vita difficile alle sue due sorelle che, prima si rifugiarono nel Feudo di Famolio, e poi nascosero “Pauluzzu” in un convento di Vizzini dove crebbe sotto gli insegnamenti dei Frati. Lì “Pauluzzu” conobbe una bella ragazza di cui si innamorò.

Ritornato all’età di vent’anni presso il Feudo di Famolio, divenuto di proprietà del “Barone Alfonso”, lui fece causa allo zio presso la “Regia Corte” di Palermo. Il processo fu lungo ma “Pauluzzu” lo vinse e scacciò lo zio lontano dai territori di Palazzolo.

Accorgendosi delle disperate condizioni economiche in cui versavano le sorelle del Barone, “Pauluzzu” se ne andò in preda allo sconforto presso le rive del Fiume Anapo a piangere e a disperarsi poiché pensava che la non vi era nessuno che lo vedesse soffrire. Ma non era così; lì vi era un vecchio eremita chiamato “Peppi u pazzu” lo consolò dicendogli di sapere cosa lo faceva soffrire e, visto che era un ragazzo buono, gli consigliò di andare al “Cuozzu friddu” (un monte situato presso la Contrada Bibbinello) e di assistere alla “Messa dei Morti” che si svolge il venerdì prima dell’inizio della stagione invernale presso la caverna chiamata “Tomba del Re” (molto probabilmente la Chiesa Rupestre di Bibbinello); “Peppi u pazzu” gli disse inoltre che se aveva il coraggio di “baciare le mani e dare onore al Re” lui trovava un grande tesoro che poteva risollevare le sorti della sua famiglia.

Lui si decise e la notte del 21 Dicembre (che veniva proprio di Venerdì) raggiunse prima il “Cuozzu friddu” e poi la “Tomba del Re”. Scoccata la mezzanotte vide uscire dalla grotta numerosi scheletri che danzavano e poi vide due scheletri vestiti con sembianze regali; erano il “Re” e la “Regina” di un regno passato che forse era stato cancellato da una grande disgrazia (evento riconducibile alle spedizioni dei coloni siracusani effettuate contro i siculi che abitavano queste zone).

“Pauluzzu” era spaventato ma la voglia di aiutare i suoi cari prevalse sul desiderio di scappare, così assistette alla “Messa dei Morti” e, preso coraggio, andò a baciare le mani scheletrite del “Re” e della “Regina” dando loro onore. Loro, visto questo gesto, dissero a “Pauluzzu” che era l’unico ad essere arrivato ad assistere alla paurosa “Messa dei Morti” e che per il suo coraggio meritava di conservare il grande tesoro nascosto sotto le viscere della montagna. Così il “Re” e la “Regina” diedero al giovane “Pauluzzu” una grossa chiave con cui aprire la “Stanza del Tesoro”.

“Pauluzzu” allora cadde in un sonno profondo ma quando si risvegliò trovò la chiave, entrò nella “Tomba del Re” e si mise a scavare fin quando non trovò una scala che conduceva nelle profondità della montagna. Alla fine di essa trovò una porta, la aprì con la chiave datagli dal “Re” e trovò un’infinità di tesori tra pietre preziose, gioielli e monete.

“Pauluzzu” allora raccolse tutto questo tesoro e, visto che non era avido come lo zio, risistemò prima le sorti familiari, aiutò molta gente palazzolese vessata dallo zio crudele e infine si sposò con la ragazza vizzinese che aveva conosciuto quando era a Vizzini convivendo con lei fino a quando voleva “Dio”.

“Pauluzzu” ritornò molte volte al “Cuozzu friddu” ma non trovò più né “Peppi u pazzu”, né la “Messa dei Morti”.

Questa leggenda è tratta dal sito www.comune.palazzoloacreide.sr.it.

Fantasmi Palazzolesi

Anche Palazzolo Acreide ha i suoi “spiriti”, ossia fantasmi che nel corso dei secoli hanno “terrorizzato” generazioni di palazzolesi. Si dice che in certe antiche abitazioni presso il centro storico palazzolese avvengano strani fenomeni paranormali legati a chi li dentro ci è morto; visioni notturne, ombre, suoni e rumori strani terrorizzavano coloro che abitavano in queste abitazioni.

Altri “Spiddi” erano quelli delle “Donni ri fuora” (“Donne di fuori”) ossia di bellissime donne che fermavano i viandanti chiedendo loro informazioni (per fare un esempio), ma dopo poco tempo scomparivano misteriosamente nel nulla. Affine ad esse erano i “Donni i casa”, che però comparivano dentro le case dal nulla terrorizzando gli abitanti dell’edificio.

Una zona paranormale di Palazzolo è quella del “Muntalleri” ossia la dove vi sono le “Mammelle di Lamia” (formazione rocciosa presente nel Parco Archeologico di Akrai) laddove secondo la mitologia greca viveva la semidea Lamia che, dopo una relazione con Zeus ebbe dei figli che la moglie del re degli dei, Giunone, uccise. Lamia, che assistette alla morte dei figli da bellissima donna per la collera divenne simile ad un mostro che uccideva in maniera atroce qualsiasi bimbo che le si avvicinava. Secondo i greci Lamia viveva li sotto il Colle Acre. Passando il tempo scomparve la leggenda di Lamia che mangiava i bambini e prese piede quella degli “Spiddi ri Muntalleri” che terrorizzavano e derubavano i viandanti, così come li aiutavano nelle loro difficoltà a seconda dei casi prendendo sembianze varie (belle donne, cavalieri, straccioni o mostri).

Altri fantasmi temuti a Palazzolo erano i “Varcacanni”, spiriti deformi che seminavano morte e disgrazie, che nell’immaginario dei palazzolesi erano raffigurati presso la Chiesa Madre della cittadina iblea, riconducibili agli affreschi che raffiguravano i “Quattro Evangelisti” (affresco ormai andato perduto) in maniera orrenda secondo i loro gusti.

Va detto infine che in certe tenute feudali palazzolesi, o in ville e/o case di campagna, erano presenti anche li numerosi “fantasmi” che terrorizzavano “Massari”, “Picurari” e “Carritteri”.

Il “Tesoro di Muntalleri”

Sempre presso la sommità del “Muntalleri”, in prossimità della formazione rocciosa delle “Mammelle di Lamia”, secondo antiche leggende palazzolesi vi sarebbe nascosto un grande tesoro sepolto li da un ricco cavaliere saraceno che, dopo la sconfitta subita dai normanni, nascose li tutto il suo tesoro prima di scappare. Si diceva che chi mangiava un melograno, una spiga di grano e beveva un bicchiere d’acqua senza far cadere niente a terra all’improvviso si apriva la terra e compariva il ricco tesoro. Nessuno fino ad ora ha trovato niente, anche se al posto dei “tesori” sono stati rinvenuti dagli archeologi numerosi reperti nelle zone circostanti che appunto ospitano le rovine di Akrai.

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