Priolo Gargallo, Tradizioni popolari priolesi

Priolo Gargallo

Tradizioni popolari priolesi

La Leggenda di Lamis, il guerriero la cui discendenza fondò Thapsos (Priolo) e Megara Hyblea (Augusta)

La fondazione dell’antica città di Thapsos avvenne grazie ad una tribù sicula che scese dai Monti Iblei, che si stabilì al centro della Penisola Magnisi creando quella che poi sarebbe divenuta come una delle città strategiche più importanti della dominazione siracusana in Sicilia orientale.

Ma secondo il poeta greco Tucidide la fondazione di Thapsos, nonché della vicina città di Megara Hyblea (le cui rovine sono ubicate a sud di Augusta) avvenne ad opera di un guerriero di nome Lamis, nato a Megara (città greca ubicata tuttora a sud della capitale Atene).

Secondo questa leggenda, Lamis era un guerriero che voleva fondare nuove colonie in terre sconosciute dalla Grecia, visto che altre città come per esempio Calcide e Corinto (altre città greche all’epoca molto potenti) avevano già fondato rispettivamente in Sicilia le città di Nasso (la prima città greca ad essere fondata in Sicilia, le cui rovine sono ubicate presso Giardini Naxos, in Provincia di Messina), Taormina, Catania e Lentini (fondate da coloni calcidesi), e Siracusa (fondata da coloni provenienti da Corinto, ma molti secoli dopo la fondazione sicula di Thapsos); Lamis pensò che anche la città di Megara doveva avere le sue colonie o in Sicilia o in altre terre, per cui andò presso il cosiddetto “Oracolo di Delfi”, un santuario consacrato al dio Apollo (le cui rovine sono tuttora esistenti), dove secondo un’altra leggenda vi erano sacerdoti che, grazie al dono della preveggenza dato loro da Apollo in persona, rivelavano il futuro.

Lamis andò all’oracolo e lì incontro la Sacerdotessa Pitia che gli disse di imbarcarsi verso occidente (ovviamente verso la Sicilia orientale) dove avrebbe fondato due città (Megara Hyblea e appunto Thapsos) non senza varie difficoltà.

Imbarcatisi da Megara (in Grecia), Lamis e i suoi seguaci sbarcarono presso la costa augustano nei pressi dell’attuale Brucoli, dove fondarono il piccolo villaggio di Trotylon (di cui sono andate perse le tracce). Nel frattempo Lamis venne chiamato da Teocle (Tiranno di Lentini) per aiutarlo a cacciare dalla città leontina alcuni oppositori di origine sicula in cambio di una cospicua ricompensa; ma non fu così poiché Lamis dopo aver cacciato i Siculi da Lentini, cadde in un inganno che consisteva nel consegnare le armi del proprio esercito alle autorità lentinesi come “dono” agli dei in cambio di una cospicua ricompensa in denaro e uomini (soldati) con cui avrebbe creato una propria colonia molto più facilmente non sospettando che il furbo Teocle aveva avuto l’intenzione di utilizzare “gratuitamente” gli ingenui megaresi e, dopo aver fatto loro consegnare le armi, cacciò Lamis e i suoi seguaci da Lentini minacciandoli di morte in caso sarebbero rimasti nella città lentinese.

Lamis se ne andò “con la coda tra le gambe” ma non si fece prendere dallo sconforto, poiché scendendo verso sud trovò un luogo ideale in cui fondare la sua prima colonia; egli venne attratto dalla particolare Penisola di Magnisi dove decise di fondare Thapsos, che a mano a mano divenne una grande città portuale dalle cui genti si sviluppò la popolazione rurale che abitò il feudo su cui sorse l’attuale città di Priolo Gargallo. Dopo qualche anno Lamis morì e venne sepolto in una tomba situata dentro le attuali Necropoli a fossa poste a nord delle rovine di Thapsos.

I suoi discendenti, dopo aver trattato con il mitico Re Hyblon (sovrano della città sicula di Hybla, le cui rovine sono ubicate presso Sortino in prossimità della Necropoli di Pantalica) che diede loro una piccola parte del suo regno (l’attuale Contrada San Cusumano ubicata in territorio augustano) fondarono la grande città di Megara Hyblea (conquistata in seguito da Siracusa e distrutta infine dai romani), da cui poi sarebbe nata l’attuale Augusta.

La Leggenda della Ninfa Sicheia e della Torre del Fico

La leggenda della Ninfa Sicheia che popolava l’area adiacente alla Torre del Fico (costruzione militare dal passato molto interessante ora posta all’interno della Polimeri Europa, azienda facente parte del “Petrolchimico Siracusano”) venne creata dal Marchese Tommaso Gargallo ispirandosi ad antichi racconti del passato che, secondo antiche tradizioni popolari, si diceva che all’interno di questa torre vivesse davvero una bella ragazza.

La leggenda, ambientata nel periodo mitologico in cui gli dei dei greci camminavano sulla terra, ha per protagonista la Ninfa Sicheia, bellissima ragazza che era sacerdotessa della Dea Artemide (che presso i romani era nota come Diana) divinità della caccia a cui si rivolgevano i cacciatori (visto che a quei tempi gran parte delle carni era frutto di campagne di caccia). Un giorno il Dio Dioniso (Bacco per i romani), la divinità della vendemmia e della vinificazione (a cui gli antichi greci si rivolgevano affinché il raccolto delle uve e la vendemmia fossero sempre abbondanti) era in compagnia di altre creature mitologiche sue amiche e, mentre era in queste zone si accorse della presenza della ninfa, la spiò mentre si faceva il bagno presso una fonte poco lontana. Lei si accorse di essere spiata e scappò. A quel punto Dioniso chiese aiuto al Dio dell’amore Eros (Cupido) che scagliò le sue frecce per farli innamorare, ma il dio scagliò quella dorata (dell’amore) su Dionisio e quella di bronzo (dell’odio) colpendo Sicheia facendo si che il suo capriccio facesse infervorare di più Dioniso per Sicheia, che colpita dalla freccia dell’odio corse ancor più veloce fino a non avere fiato e a perdere man mano le forze vitali mentre l’innamorato Dioniso la esortava a fermarsi perché ormai era follemente innamorato. La giovane ninfa non poté fare altro che pregare Artemide; la dea, mossasi a compassione, la trasformò in un grosso albero di fico. Dioniso ancora inebriato dall’amore per la ninfa abbracciò il tronco di quel fico e cominciò a baciarlo e ad accarezzarlo non curandosi che della bella ragazza sacerdotessa ormai rimase solo un grosso albero di fico.

Quello stesso albero di fico che da vita alla leggenda di Sicheia venne sradicato in occasione dell’industrializzazione dell’area attorno alla Torre del Fico assieme ad un vasto frutteto che appartenne alla famiglia Gargallo. Oggi la “Torre del Fico” è nel degrado più assoluto e andrebbe salvaguardata maggiormente.

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