*Santa Croce Camerina, Area iblea di Contrada Baccanese – San Martino (Fonte – Abbeveratoio di San Martino)

Santa Croce Camerina

*Area iblea di Contrada Baccanese – San Martino
(Fonte – Abbeveratoio di San Martino)

Percorrendo la S.P. 85 Santa Croce Camerina – Scoglitti arriviamo in Contrada Mezzagnone all’incrocio con la Via Casale Vecchio e la S.C. San Martino – Piombo, strada che che conduce in territorio ragusano presso l’area di Cava Randello, in cui scorre il Torrente Rifriscolaro. Imboccando questa strada scavalchiamo il corso del Torrente Petraro entrando nell’area delimitata dalle Contrade Baccanese e San Martino (poste rispettivamente nei territori santacrocese e ragusano a sud e a nord del corso d’acqua), note per essere due importanti aree agricole caratterizzate dalla presenza di campi coltivati e impianti serricoli.

Poco più a nord del Torrente Petraro proseguiamo seguendo questa strada raggiungendo la Contrada San Martino, posta in territorio ragusano ma che ha una certa importanza per il territorio santacrocese in quanto vi è la presenza della “Fonte di San Martino” localmente nota come “Abbiviratura” da cui si originerebbe il culto santacrocese in onore di “San Giuseppe”.

Secondo una leggenda popolare, nei primi anni del 1800 (1806?) al largo del tratto marino tra Punta Braccetto e lo “spiaggione” di Cava Randello si sarebbe arenato il relitto di un antico veliero spagnolo e furono in molti tra santacrocesi, scoglittesi, comisani, vittoriesi ecc… a volersi accaparrare del legname, ma quando provavano a sollevare la catasta di legna proveniente dal relitto, non vi riuscivano perché essa era molto pesante. I santacrocesi, tra cui vi era il Barone Guglielmo Vitale, però riuscirono a sollevare il legname e a trasportarlo verso Santa Croce Camerina. Assetati i santacrocesi decisero di fermarsi presso l’abbeveratoio di Contrada San Martino (i cui terreni appartenevano alla famiglia Vitale) e, quando attinsero l’acqua notarono che essa era diventata vino. I santacrocesi gridarono al miracolo e festanti corsero a Santa Croce Camerina trasportando il prezioso legname in cui, da buona parte di esso, si dice che sia stata intagliata la statua del Patrono “San Giuseppe”, scolpita dallo scultore palermitano Salvatore Bagnasco intorno al 1819 e esposta presso la Chiesa Madre di San Giovanni Battista.

L’abbeveratoio del presunto “miracolo” è posto alla nostra destra dopo aver superato un breve rilievo collinare, posto all’interno di un folto canneto che segnala la presenza di una sorgente idrica. Esso è formato da due nicchie quadrangolari da cui fuoriusciva l’acqua, andando a finire nella sottostante vasca di pietra. Al centro della sorgente è posta la lapide fatta incidere dal Barone Guglielmo Vitale nel 1806 che commemora quanto descritto, che potrebbe essere frutto della fantasia popolare, oppure una burla spacciata come un vero e proprio fenomeno “paranormale” (vedi link riguardanti la Festa di San Giuseppe e le tradizioni popolari santacrocesi per saperne i più).

L’area limitrofa è nota anche per la presenza di un insediamento che molto probabilmente è di epoca tardoromana – altomedievale di cui rimaneva in piedi una costruzione simile al “Bagno di Mezzagnone” nota come “Chiostro”, collocata poco più a sud della sorgente sul breve sito collinare lambito dalla strada che collega Santa Croce Camerina all’area di Cava Randello. L’edificio era a sezione cilindrica con copertura semisferica, ma di esso oggi rimangono solo i basamenti di buona parte di esso in quanto risulta quasi del tutto crollato. Non si sa se questa costruzione era un impianto termale come il Bagno di Mezzagnone che sfruttava la limitrofa sorgente di San Martino, oppure se era utilizzata per altri scopi; solo un approfondito studio dell’area circostante e delle rovine di questo edificio potrebbe fare luce su queste rovine.

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