*Scicli, Casina Rossa

Scicli

*Casina Rossa
(Ex Sede Amministrativa delle Miniere di Asfalto di Contrada Castelluccio – Streppenosa)

Da Scicli, superando il cimitero cittadino, imbocchiamo la S.P. 38 Betlem – Piano Ceci andando in direzione “Ragusa – Modica”, raggiungendo il bivio tra la traversa che conduce al Fiume Irminio alla nostra sinistra, e la S.P. 94 “Cimitero Modica – Mangiagesso” in direzione sempre di Ragusa e Modica alla nostra destra; percorriamo quest’ultima lambendo i rilievi delle Contrade Sant’Antonino – Ronna Fridda, Cozzo Mangiagesso e Cozzo del Carmine e risalendone i tornanti (vedi i corrispettivi link delle sottosezioni riguardanti la “Fiumara di Modica” e la “Valle del Fiume Irminio” nella pagina precedente per saperne di più). Arrivati sull’altura di Cozzo del Carmine, la più alta del territorio sciclitano con i suoi 381 metri sul livello del mare, che delimita il confine con i territori comunali di Modica e Ragusa, notiamo alla nostra sinistra un edificio ottocentesco abbandonato noto come “Casina Rossa”, raggiungibile da una traversa che si collega alla Contrada Cuturi e alle Miniere di Asfalto delle Contrade Castelluccio e Streppenosa (poste tra i territori comunali di Ragusa, Modica e Scicli), costeggiando la valle solcata dal Fiume Irminio.

La “Casina Rossa”, chiamata così dal colore delle pareti (ormai sbiadita) e dei mattoni che compongono il suo tetto spiovente, era infatti la sede dell’ufficio amministrativo delle sopracitate miniere che appartenevano alle aziende tedesche “Heinrich Kopp” e “Weiss und Freitag” (una delle tante situate presso l’area di Castelluccio – Streppenosa), che erano responsabili dell’estrazione della pietra pece utilizzata per “asfaltare” le strade grazie alla diffusione dei veicoli a motore (che come sappiamo, presero il sopravvento sui carri trainati da cavalli, asini e buoi). Da questo edificio venivano coordinati i lavori di estrazione dell’asfalto e l’invio del medesimo tramite gli scali di Mazzarelli (attuale “Marina di Ragusa”), Pozzallo, Siracusa e Licata (AG) in Italia e in Europa. Dopo la I guerra mondiale le miniere divennero di proprietà della società “A. B. C. D.” (“società italiana Asfalti, Bitumi, Combustibili liquidi e Derivati”). Nel periodo della II guerra mondiale i nazisti occuparono la zona comprendente l’edificio in questione e le limitrofe miniere. Secondo alcune dicerie tramandate da gente di origine ragusana, modicana e sciclitana che ha vissuto nel periodo del secondo conflitto mondiale, l’interno di questa casa fungeva anche da sede di un piccolo campo di prigionia in cui, i prigionieri erano indirizzati al lavoro forzato presso le limitrofe miniere e, in alcuni casi, erano torturati dagli occupanti nazisti; tutto ciò durò fino al 1943, anno dello sbarco angloamericano presso le coste dell’isola siciliana (per saperne di più clicca qui). Dopo la guerra la “Casina Rossa”, che divenne temporaneamente sede di una scuola, venne abbandonata del tutto essendo quindi lasciata all’incuria che ha compromesso gran parte dell’edificio, che però in futuro dovrebbe essere sede di un importante museo riguardante l’attività lavorativa svolta presso le miniere d’asfalto del ragusano (in particolare quelle limitrofe poste presso le Contrade Castelluccio e Streppenosa, oltre a quelle di Contrada Tabuna poste a sudest del capoluogo Ragusa).

Inoltre secondo altre dicerie locali, l’interno di questa casa sarebbe “infestato dai fantasmi”, anche se la presunta presenza di “fenomeni paranormali” all’interno di edifici abbandonati o a luoghi di prigionia (in cui possono essere state compiute torture e uccisioni), dovuta a tradizioni o a dicerie locali, è comune in gran parte della Sicilia sudorientale.

Passiamo alla descrizione della “Casina Rossa”; essa si presenta come un austero edificio tardo ottocentesco in stile neoclassico circondata da un muro di cinta che ne delimita il cortile interno. L’accesso alla villa è posto lungo la stradina che si collega alle Contrade Castelluccio e Cuturi ed è contraddistinto da un portico arcuato racchiuso da una cancellata in ferro battuto, a sinistra del quale è posta una finestra della medesima forma. L’edificio presenta quattro austeri prospetti le cui facciate sono tutte divise in due ordini orizzontali: il prospetto sud reca tre finestre nell’ordine superiore di forma rettangolare, sormontate da eleganti travoni, il prospetto ovest reca otto finestre (quattro per ordine) di forma arcuata, il prospetto nord è composto da sei finestre (tre per ordine) di forma arcuata, e infine il prospetto est (che si affaccia sul cortile interno) presentano quattro finestre (arcuate) sull’ordine superiore, mentre in quello inferiore vi sono accessi murati, oltre ad una veranda collocata sul vertice destro della facciata. I frontoni sono orlati da merlature mentre, detto in precedenza, il tetto dell’edificio di tipo spiovente è composto da mattoni rossi.

L’interno dell’edificio, pericolante e quindi non visitabile, è suddiviso in varie stanze in cui vi era la sede delle miniere appartenenti alle aziende tedesche “Heinrich Kopp” e “Weiss und Freitag”. Dietro la casa vi è un lungo edificio che con molta probabilità fungeva da magazzino, mentre ad ovest vi sono i ruderi di un’antico caseggiato rurale, circondato da muri a secco.

Nei pressi della Casina Rossa vi sono resti di altri insediamenti abitativi e, con molta probabilità anche di ruderi molto più antichi il tutto dislocato lungo l’altopiano di Cozzo del Carmine; ma relativi studi archeologici potrebbero confermare o negare con certezza ciò.

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