Scicli, Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola e del Beato Guglielmo Buccheri

Scicli

Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola e del Beato Guglielmo Buccheri

La Chiesa Madre consacrata a “Sant’Ignazio di Loyola” ma anche al culto della “Madonna delle Milizie” e del “Beato Guglielmo Buccheri” (i due “Patroni” della città sciclitana), è posta presso il vertice nordoccidentale della Piazza Italia ad angolo con l’imbocco della Via Nazionale, affiancata dalla scuola “Lipparini”, edificio in stile moderno che sorge sul luogo in cui era collocato il Convento dei Gesuiti. Infatti questo edificio sacro non è l’originaria “chiesa madre” della città di Scicli, ma apparteneva al limitrofo edificio conventuale gesuitico che però venne demolito nel 1962 tra le polemiche e lo sconforto di gran parte degli sciclitani, e non a caso essa è intitolata allo spagnolo “Sant’Ignazio di Loyola” fondatore dell’ordine monastico dei Gesuiti; infatti l’originaria “chiesa madre” era quella consacrata a “San Matteo Apostolo” collocata sul limitrofo rilievo ibleo noto come “Colle San Matteo” (raggiungibile dalle Vie Matrice e San Matteo salendo da Via Nazionale), che si può ammirare dalla stessa Piazza Italia. Comunque sia la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, sede dell’omonima parrocchia a cui appartiene anche la vicina Chiesa di San Bartolomeo, è attualmente il luogo sacro più importante della città di Scicli oltre ad essere la quarta chiesa più ampia della città (dopo le Chiese di Santa Maria della Consolazione, Santa Maria la Nova e ovviamente dopo l’ex Chiesa Madre di San Matteo), essendo uno degli edifici in stile tardo barocco settecentesco più eleganti ed imponenti della cittadina sciclitana che, dal mese di Giugno dell’anno 2002 è stata inserita nella lista dei luoghi “Patrimonio dell’Umanità” dell’Unesco nell’ambito delle “Città Barocche del Val di Noto”. Questa chiesa è attualmente uno dei più interessanti edifici sciclitani in stile tardo barocco sorti nel periodo della ricostruzione conseguente al sisma che nel 1693 distrusse buona parte della Sicilia sudorientale compresa all’interno dell’area geografica nota appunto come “Val di Noto”.


La Chiesa Madre di Scicli consacrata a “Sant’Ignazio di Loyola” e al “Beato Guglielmo Buccheri”, posta presso la Piazza Italia.

La costruzione della Chiesa consacrata a “Sant’Ignazio di Loyola” avvenne a partire dalla seconda metà del 1600 lungo l’area nota come “Fontana” corrispondente alla sponda nord del Torrente San Bartolomeo (attuale Piazza Italia), venendo eretta assieme al limitrofo convento gesuitico finanziato dai baroni Vincenzo e Giuseppe Micciché rispettivamente figlio e padre, (il primo morì nel 1623 e il secondo nel 1631, entrambi sono sepolti all’interno della Chiesa di San Bartolomeo, posta a poca distanza dall’attuale Piazza Italia), che avevano il desiderio di far costruire un edificio monastico gesuitico all’interno della città sciclitana. I fondi che diedero l’avvio ai lavori di costruzione della chiesa e del vicino convento vennero stanziati per via testamentaria in cui, secondo le ultime volontà dei due baroni (di cui non rimasero eredi in quanto la loro linea genealogica si estinse con la morte di Giuseppe Miccichè nel 1631), gran parte dei loro averi passarono alla comunità gesuitica di Scicli. I lavori di costruzione del complesso monastico comprendente la chiesa e l’attiguo convento durarono diversi decenni e, durante il terremoto che l’11 Gennaio 1693 distrusse Scicli facendo un alto numero di vittime, questo edificio risultava ancora in fase di costruzione (e quindi incompleto). Il convento con la limitrofa chiesa vennero ricostruiti durante la prima metà del 1700 terminando con molta probabilità nel 1751, anno in cui la Chiesa risultava ricostruita. Dalla seconda metà del 1700 al decennio 1860 il convento gesuitico sciclitano annesso alla chiesa consacrata al fondatore dell’ordine gesuitico, oltre ad assolvere funzioni “monastiche”, svolse anche la funzione di “collegio”. Dopo l’Unità d’Italia avvenuta nel 1861, arriviamo all’anno 1866, in cui l’allora Regno d’Italia avviò il decreto di eversione dell’asse ecclesiastico, che significò l’abbandono di chiese e conventi da parte delle comunità monastiche a cui appartenevano. La chiesa rimase aperta al culto, mentre il convento venne abbandonato dai padri gesuiti, divenendo dal 1874 nuova “Chiesa Madre” cittadina in seguito alla sconsacrazione della Chiesa di San Matteo Apostolo voluta dall’allora autorità comunale e che venne notificata dalla medesima il 7 Ottobre del suddetto anno. Da allora l’edificio sacro venne “abbellito” con opere d’arte prelevate sia dall’ex Chiesa di San Matteo oltre che dalla non più esistente Chiesa di Santa Maria la Piazza, la più grande chiesa sciclitana assieme a quella di San Matteo posta presso l’attuale Via Francesco Mormina Penna, e che venne demolita nel 1884; tra esse citiamo l’Altare Maggiore di Santa Maria la Piazza, il simulacro della “Madonna delle Milizie” e la cassa – reliquiario contenente i resti del “Beato Guglielmo Buccheri” provenienti dalla Chiesa di San Matteo. La sconsacrazione della Chiesa di San Matteo con il conseguente trasferimento del titolo di “Chiesa Madre” all’interno di quella di “Sant’Ignazio”, e la demolizione della Chiesa di Santa Maria la Piazza non vennero viste ovviamente di buon occhio dai cittadini sciclitani. Durante buona parte del 1900 (in cui venne coperto il corso del Torrente San Bartolomeo andando a creare l’attuale Piazza Italia) la chiesa, che nel frattempo venne elevata a “sede parrocchiale” dopo aver acquisito il ruolo di “Chiesa Madre” cittadina, venne soggetta a vari interventi di restauro, specie durante il secondo dopoguerra. Nel 1962 lo sconsacrato Convento dei Gesuiti posto a sinistra della Chiesa Madre (che in passato ospitò anche la vecchia sede del “Municipio” fino al 1906, anno in cui venne costruito il “Palazzo Comunale” di Via Francesco Mormina Penna), venne demolito (non senza polemiche da parte degli sciclitani), comportando la costruzione della scuola media “Lipparini” (vedi link “Ex Convento dei Frati Gesuiti” nella pagina precedente per saperne di più). Nel 1986 la chiesa venne consacrata ufficialmente al “Beato Guglielmo Buccheri” da parte dalla Diocesi di Noto (a cui la città di Scicli appartiene). Oggi dopo vari interventi conservativi di restauro, la Chiesa Madre di Scicli è aperta al culto essendo sede di un’attiva parrocchia comprendente anche la vicina Chiesa di San Bartolomeo; inoltre è in fase di progetto la riconversione della facciata della limitrofa scuola “Lipparini” che comporta la ricostruzione dell’originaria facciata settecentesca del non più esistente convento gesuitico.

Dopo aver descritto la storia di questo edificio sacro, passiamo alla sua descrizione complessiva. La Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola si affaccia sul vertice nordoccidentale della Piazza Italia, affiancata a sinistra dalla scuola “Lipparini” (ex convento gesuitico), mentre a destra vi è un agglomerato di edifici (sede di abitazioni e di esercizi commerciali) delimitato dalla Via Nazionale.

L’austera ma elegante facciata in stile barocco risulta suddivisa in due ordini orizzontali solcati da eleganti pilastri. L’ordine inferiore reca sei pilastri a capitello corinzio, di cui due collocati ai margini di essa, mentre gli altri quattro risultano disposti a coppia andando a suddividere l’ordine in tre corpi. Il corpo centrale reca al centro l’elegante portale arcuato con chiave di volta formata da un volto fanciullesco posto sulla sommità dell’accesso, inquadrato a sua volta da due pilastri a capitello corinzio (abbelliti all’esatto centro di essi da mascheroni fanciulleschi, uno per pilastro), che vanno a sostenere un elegante timpano spezzato (poggiante su di una trave in cui sono posti eleganti fregi decorativi) i cui vertici sono decorati da figure di angeli svolazzanti, recante al centro lo stemma dell’ordine monastico gesuitico (retto da una coppia di angeli); da notare anche l’iscrizione riportante la (presunta) data di costruzione dell’edificio sacro (1751). 


Il portale principale della Chiesa Madre di Scicli.

Nei due corpi laterali vi sono due portali arcuati più piccoli sormontati da timpani semicircolari a base chiusa, su cui vi sono eleganti mensoloni su cui poggiano le statue raffiguranti “San Luigi Gonzaga” (portale destro) e “Sant’Antonio di Padova con Gesù Bambino” (portale sinistro).

L’ordine superiore della facciata, posto sull’elegante trabeazione merlata che lo separa da quello inferiore, presenta un corpo retto ai margini da eleganti contrafforti, e solcato da quattro pilastri aventi capitelli ionici (disposti a coppie di due, nel mezzo delle quali sono poste figure che rappresentano angeli svolazzanti) che vanno a delimitarne la finestra centrale a sommità arcuata (parzialmente caratterizzata dalla presenza di un orologio meccanico sulla parte superiore, mentee sotto vi è una vetrata), decorata ai margini da ghirlande floreali in bassorilievo e sormontata da una trave semicircolare a base aperta; al fianco di essa vi sono poste le due statue (poste anch’esse su eleganti mensole con interessanti fregi in bassorilievo raffiguranti volti fanciulleschi e motivi geometrico – floreali) che raffigurano “Sant’Ignazio di Loyola” (a destra) e “San Francesco Saverio” (a sinistra), sovrastate da fregi a forma di conchiglia. Un elegante frontone formato da un artistico timpano “ondulato” di forma triangolare i cui vertici sono delimitati da pinnacoli di pietra a forma di pigna, al cui centro è posta una nicchia campanaria di forma arcuata decorata da fregi floreali, su cui vi è un pinnacolo che sostiene la grande “Croce” in ferro battuto posta sulla sommità dell’edificio sacro. Ai margini del corpo facente parte dell’ordine superiore, oltre a due “piedistalli” a base quadrangolare, vi sono le due torrette campanarie ad apertura arcuata, i cui quattro prospetti sono delimitati da pilastrini con artistici capitelli che, oltre a terminare con pinnacoli a “pigna”, vanno a sorreggere la cuspide piramidale sovrastata da pinnacoli che reggono anch’essi una piccola “Croce” del medesimo materiale di quella collocata al centro del frontone della facciata.

L’interno della chiesa è suddiviso in tre Navate disposte a “Croce Latina” decorate da eleganti stucchi ed affreschi, e colme di importanti opere d’arte sacra.

La Navata centrale, è solcata da sei arcate aventi un’elegante chiave di volta decorata da fregi decorativi, delimitate da colonne a capitello corinzio, che sorreggono  l’elegante volta comprendente anche le otto finestre (quattro per lato di cui quelle più vicine al presbiterio risultanti murate) adornate da eleganti fregi decorativi. Presso le pareti della navata sono collocati tre dipinti settecenteschi (due a destra e uno a sinistra), i piccoli quadri raffiguranti le stazioni della “Via Crucis” e un elegante Pulpito ligneo settecentesco in legno dorato. Nei pressi del presbiterio vi sono rispettivamente a destra e a sinistra le cantorie dell’edificio sacro, entrambe contraddistinte da un palco ligneo e da un’apertura arcuata decorata da bassorilievi geometrico – floreali, sormontata da un grosso timpano spezzato caratterizzato da eleganti fregi decorativi che adornano un mascherone fanciullesco; presso la cantoria destra è collocato l’organo a canne settecentesco di cui non si conosce il costruttore. Sull’ingresso principale è collocata la parte interna della finestra centrale sormontata da un elegante fregio decorativo. Sulla volta della chiesa vi sono collocati tre dipinti novecenteschi raffiguranti vari “Episodi Biblici”, opera del pittore sciclitano Bartolomeo Militello. 

L’area del Presbiterio è delimitata dalla Navata centrale da una balaustra in pietra pece (con molta probabilità estratta presso le miniere di Contrada Castelluccio tra i territori di Scicli, Modica e Ragusa) nella parte inferiore, mentre in alto vi è posta una profonda arcata che divide le volte della navata con quella del presbiterio, su cui possiamo ammirare l’affresco raffigurante “L’Agnello di Dio”. In fondo all’area del presbiterio possiamo ammirare l’elegante Altare Maggiore in marmo policromo proveniente dalla non più esistente Chiesa di Santa Maria la Piazza, che andò a sostituire l’originario in legno. Esso è formato da un monumentale Tabernacolo in cui è posto un piccolo “Crocifisso” ligneo, ai cui lati vi sono due statue (marmoree) che raffigurano due Angeli.

La retrostante Abside, delimitata da quattro colonne marmoree a capitello corinzio caratterizzata da quattro formelle settecentesche all’interno delle quali sono posti altrettanti dipinti in cui sono raffigurati vari “Santi” (oltre che da due accessi di forma rettangolare che conducono presso la retrostante sagrestia), è caratterizzata da un’elegante nicchia arcuata posta dietro l’Altare Maggiore, adornata da eleganti fregi, nonché da un gruppo scultoreo raffigurante una schiera di Angeli svolazzanti che reggono un drappo che va ad inquadrare la suddetta nicchia, il tutto coronato da un’elegante formella recante un’iscrizione il latino su cui è posto un mascherone che raffigura un volto fanciullesco. La parte superiore dell’Abside reca due affreschi; quello inferiore raffigurante due Angeli che recano l’iscrizione in latino “Ad Maiorem Dei Gloria”, e quello superiore raffigurante un calice (posto su di un’elegante pinnacolo barocco) su cui è raffigurata l’Ostia su cui è posto il cristogramma “IHS”.

La Navata destra possiede tre eleganti Cappelle antistanti ai tre cupolini adornati da eleganti stucchi dorati, che formano la volta di quest’area della chiesa.

La prima Cappella (venendo dall’ingresso) è quella in cui è posto un Altare barocco adornato da stucchi dorati caratterizzato da una nicchia arcuata delimitata a lato da due statue di Angeli (uno per lato), decorata da eleganti fregi floreali e sormontata da un elegante travone merlato, al cui centro vi è posta la statua di “Santa Rita da Cascia” che viene festeggiata in forma liturgica il 22 Maggio di ogni anno.

La seconda Cappella reca un elegante Altare in stile neoclassico, contraddistinto da due colonne a capitello ionico che sorreggono un timpano triangolare a base chiusa, recante un “Crocifisso” ligneo settecentesco proveniente dall’ex Chiesa Madre di San Matteo Apostolo.

La terza Cappella è caratterizzata da Altare è in stile barocco, delimitato da quattro colonne (due per lato) aventi capitelli corinzi, che sorreggono un elegante travone concavo su cui è posto un elegante frontone adornato con eleganti fregi decorativi, caratterizzato da una nicchia in cui è collocata la statua del “Sacro Cuore di Gesù”, adornata ai lati e in sommità da Angeli svolazzanti.

Presso questa navata possiamo ammirare anche vari dipinti tra cui quelli in cui sono raffigurati “San Matteo Apostolo” (proveniente dall’ex Chiesa Madre di Scicli, a lui consacrata) e il “Beato Guglielmo Buccheri” (tela dipinta dal pittore netino Antonino Manoli nel 1721, in cui è raffigurata anche la “Scicli” del 1600), oltre ad altri dipinti provenienti dall’ex Convento dei Cappuccini o dalla vecchia Chiesa Madre di San Matteo Apostolo. Al termine della navata è posta infine la porta d’accesso che conduce alla limitrofa sagrestia.

La Navata sinistra della chiesa reca anch’essa tre Cappelle antistanti ad altrettanti cupolini (anch’essi aventi eleganti stucchi decorativi) che ne vanno ad adornare la volta.

Nella prima cappella è posto un Altare marmoreo su cui è posta un’elegante arcata nella quale è posto un dipinto che raffigura “La Madonna del Carmine” (opera del 1731 attribuita al pittore netino Pietro Azzarelli del 1731).

La seconda Cappella è quella consacrata alla “Madonna delle Milizie”, la Patrona di Scicli protagonista del (presunto) miracolo avvenuto nel 1091 in cui, durante una battaglia tra normanni e saraceni, comparve la “Vergine” facendo spaventare l’esercito islamico dando modo ai normanni di vincere e di liberare il territorio sciclitano dal dominio arabo; presso quel luogo noto anticamente come “Mulici” venne costruito l’Eremo della Madonna delle Milizie (vedi il link nella pagina precedente per saperne di più). L’altare è formato da un’ampia nicchia arcuata decorata con eleganti stucchi dorati e affreschi, sormontata da eleganti decorazioni scultoree in stile barocco. All’interno dell’Altare, racchiuso da una vetrata, è posto il simulacro settecentesco raffigurante la “Madonna delle Milizie”, ossia l’unica figura esistente al mondo che raffigura la “Vergine Maria” come “guerriera”, composto da un gruppo scultoreo raffigurante appunto la “Madonna” in sella su un cavallo bianco in procinto di assalire due soldati saraceni rimasti a terra, nelle sembianze di una guerriera con i capelli scuri al vento, che con la mano destra brandisce una spada; questa statua è in cartapesta ma non si conosce il nome dell’artista che l’ha costruita. Il simulacro della “Madonna delle Milizie”, molto venerato dagli sciclitani ma anche da devoti provenienti dalle Province di Ragusa e Siracusa, viene festeggiato l’ultimo Sabato di Maggio di ogni anno con la rappresentazione del “miracoloso” intervento della “Madonna Guerriera” contro l’esercito saraceno che si tiene in Piazza Italia. Di fianco alla cappella vi sono due dipinti che raffigurano la “Madonna delle Milizie”, uno di artista ignoto, l’altro settecentesco opera del pittore romano Francesco Pascucci.

La terza Cappella è quella consacrata all’altro “Patrono” di Scicli, il religioso “Beato Guglielmo Buccheri” chiamato localmente “Guglielmo Cuffitedda”, originario della città di Noto (SR) ma che visse a Scicli in eremitaggio nei pressi della cavità iblea nota appunto come “Cava San Guglielmo” fino alla sua morte avvenuta nel 1404; sul luogo in cui morì venne costruita una Cappella tutt’ora esistente (posta dietro la Chiesa di Santa Maria la Nova), mentre il corpo dell’eremita venne seppellito presso l’ex Chiesa di San Matteo, venendo poi posto all’interno di una cassa reliquiaria argentea che, in seguito alla sconsacrazione dell’antica chiesa madre sciclitana, venne condotta all’interno di questa Chiesa. L’Altare barocco contenente l’urna reliquiaria in cui sono posti i resti ossei del “Beato Guglielmo Buccheri” si presenta piuttosto simile a quello del “Sacro Cuore” (essendo posto di fronte a quest’ultimo), essendo sempre delimitato da quattro colonne (due per lato) che terminano con capitelli corinzi, che vanno a sorreggere il travone concavo su cui poggia il frontone adornato da eleganti fregi, e al cui centro vi è la nicchia racchiusa da inferriate in ferro battuto, in cui è collocata l’urna in argento dentro la quale sono collocati i resti ossei del beato netino a cui è tra l’altro consacrata questa chiesa, che viene venerato come “Compatrono di Scicli” e festeggiato ogni anno il primo Venerdì di Maggio con la Processione di quest’urna e di un piccolo Simulacro che lo raffigura (esposto all’interno dell’edificio sacro).

Al termine della Navata è collocata la “Cappella del Santissimo Sacramento”, decorata da eleganti stucchi turchesi, al centro della quale è posto l’elegante Altare marmoreo caratterizzato da un Tabernacolo, composto da una cupoletta retto da colonnine. Dietro l’altare vi è posta una parete marmorea composta da vari pannelli di cui, in quello centrale, sono raffigurati dei raggi dorati che vanno a “coronare” il sopracitato tabernacolo. All’interno della cappella vi sono poste inoltre varie opere d’arte sacra.

Infine presso la retrostante Sagrestia della chiesa, possiamo ammirare un interessante “Crocifisso” ligneo, e un dipinto raffigurante “Santa Maria Immacolata”.

Per saperne di più sulla Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola e sulle varie attività che si svolgono al suo interno, visita la pagina facebook delle Chiese di Sant’Ignazio e San Bartolomeo.

Torna indietro