Scicli, Festa del Beato Guglielmo Buccheri

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Scicli

Festa del Beato Guglielmo Buccheri

La festa consacrata al “Beato Guglielmo Buccheri”, è una delle più importanti ricorrenze religiose dei Scicli, poiché essa è consacrata al “Patrono e Protettore” cittadino (ruolo che ricopre assieme alla “Madonna delle Milizie”). La festività ricade nel periodo primaverile venendo celebrata in forma liturgica il 4 Aprile, ed esternamente il secondo Venerdì dopo Pasqua nel periodo compreso tra i mesi di Aprile e Maggio (a seconda del giorno in cui ricade la Pasqua di Resurrezione), che diviene “giornata di vacanza” per studenti e lavoratori, in quanto consacrata al “Patrono” della città sciclitana.

Questa festività è piuttosto sentita dagli sciclitani, che per l’attaccamento al “Beato Guglielmo”, vengono chiamati “Memmi” dagli abitanti delle città limitrofe; il nomignolo deriva dal nome “Memmu” (o “Mommu” ) diminutivo siciliano di “Guglielmo”, e anche la stessa città sciclitana viene appunto chiamata in maniera popolana Scicli “Memma”, ma ciò non rappresenta un motivo di ingiuria, ma appunto di devozione al “Beato Eremita” di origine netina che visse in eremitaggio nella città sciclitana nei pressi dell’attuale Chiesa di Santa Maria la Nova durante il periodo medievale, godendo di una notevole venerazione che ancora oggi sopravvive all’interno del centro abitato sciclitano.

La festa comprende i vari riti religiosi che vengono compiuti all’interno della Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola, ma anche la Processione del simulacro che raffigura il “Beato Guglielmo Buccheri” che si svolge nelle vie della città sciclitana, allietata da vari eventi e ovviamente da spettacoli pirotecnici; e se si vuole associare un prodotto tipico a questa festività, senza dubbio vanno citati i “Ravioli” farciti con ricotta locale, protagonisti di un “miracolo” operato dal “Beato Guglielmo Buccheri” durante il suo periodo di eremitaggio a Scicli.

Storia del “Beato Guglielmo Buccheri”

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Guglielmo Buccheri, appartenente ad un’agiata famiglia, nacque nell’anno 1309 presso l’antica città di Noto (SR) posta sul Monte Alveria (che in futuro sarà distrutta completamente dal terremoto dell’11 Gennaio 1693, venendo ricostruita poco più a sud sull’attuale sito del Colle Meti). Poco si sa della sua gioventù, ma si sa per certo che egli venne introdotto alla corte di Federico II d’Aragona, Re di Sicilia col nome di Re Federico III di Sicilia dal 1296 al 1337, anno della sua morte avvenuta a Paternò a causa di una misteriosa malattia contratta mentre era in viaggio da Palermo a Catania, venendo poi tumulato all’interno della Cattedrale di Sant’Agata (dove i suoi resti riposano all’interno di un artistico sarcofago).

Nell’ultimo periodo di vita del sovrano, il giovane Guglielmo Buccheri ne divenne “scudiero”. Durante una battuta di caccia nei pressi dell’Etna (vengono citati gli anno 1335 e 1337), Federico III subì l’attacco di un cinghiale ma Guglielmo Buccheri si mise davanti al sovrano proteggendolo, venendo però morso al fianco destro in maniera piuttosto grave dall’animale. La gravità della ferita ridusse lo scudiero netino in fin di vita, e il sovrano mandò immediatamente a chiamare i migliori medici di corte per poterlo salvare. Constatate le condizioni gravi di Guglielmo Buccheri, i dottori avevano pochissime speranze di salvarlo ma nonostante ciò provarono a curarlo.

La vita di Guglielmo Buccheri sembrava quindi destinata a finire, ma durante quella che doveva essere la sua agonia lo scudiero netino ebbe una visione; egli vide in sogno “Sant’Agata” la Martire catanese che gli disse “Sorgi Guglielmo, Fratello mio, abbandona la corte e va nella solitudine, dove Dio parlerà al tuo cuore”. Dopo quella nottata, i medici si meravigliarono nel vedere Guglielmo Buccheri ancora vivo, e il sovrano volle quindi dare allo scudiero ricchi doni per averlo salvato; Guglielmo Buccheri invece volle andare in eremitaggio in seguito alla visione avuta la notte precedente, e il sovrano a malincuore gli donò un cavallo e una somma di denaro affinché potesse raggiungere Noto. A sud di Catania, presso la Contrada Primosole (bagnata dal Fiume Simeto), Guglielmo Buccheri diede il cavallo e i soldi ad un povero mendicante, con cui scambiò i suoi abiti e da cui ricevette una “Cuffitedda”, ossia una bisaccia formata da foglie di palma intrecciate. 

Guglielmo Buccheri, l’eroe che salvò il sovrano di Sicilia, fece ritorno a Noto vestito da povero mendicante tra lo stupore dei netini che da allora lo chiamarono “Guglielmo Cuffitedda” dato che camminava con l’umile “Cuffitedda” in mano, andando a vivere in eremitaggio presso l’area rupestre nota come “Celle del Crocifisso” poste sotto la (non più esistente) Chiesa normanna consacrata al “Santissimo Crocifisso di Noto”. Queste grotte sono tuttora esistenti e poste nell’area nordoccidentale del sito archeologico che comprende al suo interno le rovine dell’antica città netina, distrutta dal terremoto dell’11 Gennaio 1693.

In quel periodo Guglielmo Buccheri, che indossò il saio di terziario francescano dedicandosi alla preghiera e al servizio dei poveri, accolse nell’anno 1340 all’interno di una grotta facente parte delle “Celle del Crocifisso” un monaco pellegrino (anch’egli francescano) proveniente dall’Italia settentrionale, chiamato “Corrado Confalonieri”. I due eremiti passavano le giornate a pregare e ad aiutare i bisognosi, anche se venivano in continuazione disturbati dai netini che si rivolgevano a loro per avere conforti di vario tipo, in particolare dal nipote di Guglielmo Buccheri che cercava di convincere il suo religioso parente a ripudiare la vita eremitica.

Dopo poco tempo (molto probabilmente nel 1343) Corrado Confalonieri (il futuro “Patrono di Noto”), andò da solo a vivere in eremitaggio alla “Cava dei Pizzoni” (ubicata a sud della medievale Noto, in cui ora vi è l’Eremo detto di “San Corrado di Fuori”) operando vari “miracoli che verranno documentati in vari manoscritti e in cui morirà il 19 Febbraio del 1351, mentre Guglielmo Buccheri rimase ancora all’interno delle Celle del Crocifisso, fino a quando non ebbe un’altra visione in cui comparse la “Madonna”, che esortava l’ex scudiero ad abbandonare Noto e ad andare in eremitaggio altrove.

L’eremita netino quindi lasciò la città natale dirigendosi verso sudovest all’interno della Contea di Modica, stabilendosi a Scicli all’interno di un “Dammusu” (una piccola casa in stile rustico dal tetto basso) posto nei pressi della Chiesa di Santa Maria della Pietà (attuale Chiesa di Santa Maria la Nova), in prossimità della medievale città sciclitana (a quei tempi ubicata quasi interamente sul Colle San Matteo). Ovviamente la presenza dell’eremita netino non passò inosservata agli sciclitani, che vedevano l’ex scudiero occuparsi della Chiesa di Santa Maria della Pietà e chiedere la questua per i poveri alle famiglie aristocratiche della città. Inoltre all’eremita erano attribuiti anche improvvisi “doni” (perlopiù cibarie) che le famiglie indigenti trovarono di notte dietro la porta delle loro case dopo aver sentito bussare, ma aperto l’uscio trovavano solo una cesta col dono in questione al suo interno mentre non vi era traccia del benefattore; con molta probabilità Guglielmo Buccheri raccoglieva questi doni e li recapitava in maniera anonima per non peccare di presunzione e aiutare con umiltà coloro che soffrivano (Scicli era si una città nobile ed aristocratica, ma aveva anche una delle più povere comunità della Sicilia sudorientale, formata da gente che viveva o in piccoli “Dammusi”, oppure all’interno delle “case – grotta” dei quartieri di Chiafura, San Matteo, Montecampagna e Altobello).

Guglielmo Buccheri era molto devoto alla “Madonna della Pietà”, e fu proprio la sua devozione a far nascere l’attuale festività che viene celebrata in onore della medesima durante la Domenica delle Palme (vedi link “Pasqua Sciclitana” nella pagina precedente per saperne di più).

Così come “San Corrado Confalonieri”, anche Guglielmo Buccheri fu protagonista di vari “miracoli”, tra i quali i più noti, la guarigione del nipote di un tale Paolo Guccione e di due ernie inguinali al religioso (nonché amico) Fra’ Paolo Schifitto.

Ma il “miracolo” più noto di “Gugliemo Cuffitedda” è secondo la tradizione locale quello dei “Ravioli”. Un giorno il sopracitato Paolo Guccione invitò a casa sua l’eremita netino, ma la moglie Grazietta non vedeva di buon occhio il religioso netino e inoltre non aveva intenzione di preparargli la cena dato che era già indaffarata con le faccende di casa. Vedendosi costretta a cucinare, Grazietta fece degli immangiabili ravioli, che però al posto della ricotta (così come prevede la tradizione gastronomica locale) erano farciti con crusca (i residui della lavorazione del frumento) e segatura, che successivamente mise a bollire. Al momento della cena a Guglielmo Buccheri vennero serviti questi ravioli “speciali”, ma al loro interno non vi era né crusca né segatura, ma ottima e candida ricotta.

Un altro evento prodigioso attribuito all’eremita è dato dalla fioritura del cipresso posto nel giardino della sua dimora, oggi inglobata all’interno dell’Eremo posto alle spalle della Chiesa di Santa Maria la Nova.

Guglielmo Buccheri visse il resto della sua vita in eremitaggio pregando e aiutando i poveri, fino a quando il 4 Aprile del 1404 cessò di vivere tenendo in mano un piccolo “Crocifisso”; molto probabilmente il frate capì che l’ora della sua morte era ormai giunta e cominciò a pregare in attesa del decesso, e all’esalazione del suo ultimo respiro tutte le campane delle chiese sciclitane cominciarono di colpo a suonare. Fu così che il corpo del frate eremita di origine netina venne rinvenuto privo di vita dagli sciclitani presso la sua umile abitazione collocata dietro la Chiesa di Santa Maria della Pietà.

Dopo i solenni funerali, Guglielmo Buccheri, che doveva essere seppellito all’interno della Chiesa dell’Annunziata (attuale Chiesa del Carmine), invece venne tumulato all’interno della Chiesa Madre di San Matteo Apostolo perché, secondo a quanto dice un aneddoto appartenente alla tradizione popolare sciclitana, la bara in cui era posto il corpo dell’eremita si fece pesante mentre stava per essere condotta al primo luogo di culto, divenendo invece “leggera” quando si decise invece di portarla presso la chiesa posta sul Colle San Matteo. 

Il “Beato Guglielmo Buccheri” (che impropriamente viene chiamato “San Guglielmo” dato che il titolo di “Santo” ancora non lo ha ricevuto visto che il processo di canonizzazione è ancora fermo), in seguito alla sua Beatificazione avvenuta nel 1642, è divenuto “Patrono e Protettore di Scicli” al pari della “Madonna delle Milizie”, venendo pregato durante i periodi di siccità; oltre a ciò i pastai sciclitani grazie al cosiddetto “Miracolo dei Ravioli” si rivolgono al “Beato Netino” considerandolo come una specie di “Protettore” o “Patrono” della loro categoria.

Il “Beato Guglielmo Buccheri” fa parte delle personalità religiose nate e/o legate alla Sicilia sudorientale essendo nativo nella vicina città di Noto (in Provincia di Siracusa) in cui viene venerato, specialmente presso la frazione balneare netina di Calabernardo, la cui chiesa parrocchiale è intitolata proprio all’eremita originario dell’antica Noto posta sul Monte Alveria.

[riduci]

Origine del culto sciclitano al “Beato Guglielmo Buccheri”

Il culto sciclitano al “Beato Guglielmo Buccheri” risale al periodo in cui lo stesso eremita netino era ancora in vita, dato che egli aiutava la comunità cittadina (specie i bisognosi) promuovendo anche il culto alla “Madonna della Pietà” (da cui poi derivò la festività celebrata ancora oggi durante la Domenica delle Palme); a questi fattori si aggiunsero i presunti eventi miracolosi tra le varie guarigioni e il famoso “Miracolo dei Ravioli”.

Dopo la sua morte, per circa un secolo gli sciclitani continuarono a venerare l’eremita netino all’interno della Chiesa Madre di San Matteo come un vero e proprio “Santo”, e ciò favorì il processo di canonizzazione che culminò con la causa di beatificazione proclamata a Roma dall’allora Papa Paolo III il 9 Aprile 1537; la Domenica in Albis (ossia la prima dopo la Pasqua di Resurrezione coincidente con la Festa dell’Uomo Vivo o del “Gioia” ) del medesimo anno il religioso di origine netina venne festeggiato per la prima volta in forma “esterna”, mentre la memoria liturgica viene osservata il 4 Aprile (giorno in cui si commemora la morte del religioso netino).

La festa in onore dell’eremita venne concessa in maniera ufficiale agli sciclitani l’8 Aprile del 1559 dall’allora Arcivescovo di Siracusa Monsignor Girolamo Beccadelli, che diede il permesso per portare in corteo i resti mortali dell’eremita (che vennero successivamente riposti all’interno di un busto reliquiario in cui è incastonato il Crocifisso trovato in mano al defunto) proprio nel giorno della Domenica in Albis.

Nel corso del 1600 la figura di Guglielmo Buccheri venne studiata dal religioso sciclitano nonché studioso Fra’ Mariano Perello, autore di vari manoscritti in cui sono narrati episodi della vita dell’eremita originario di Noto. Nell’anno 1642 Guglielmo Buccheri venne proclamato “Beato” da Papa Urbano VIII e, nel frattempo venne edificata la piccola Chiesa presso la casa in cui l’eremita dimorò, in cui nell’adiacente giardino vi è visibile ancora il “cipresso” che sarebbe stato piantato dallo stesso religioso, in concomitanza con la costruzione della retrostante Chiesa di Santa Maria la Nova sul luogo in cui veniva venerata dall’eremita la statua della “Madonna della Pietà”. 

Il culto e i festeggiamenti in onore del “Beato Guglielmo Buccheri” proseguirono anche dopo il terremoto dell’11 Gennaio 1693 anche grazie alla ricostruzione settecentesca della Chiesa Madre di San Matteo Apostolo, edificio sacro che però venne sconsacrato il 7 Ottobre 1874 comportando l’elevazione della Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola (appartenente all’ordine gesuitico fino al 1866, anno in cui venne sottratta al medesimo a causa del decreto di eversione dell’asse ecclesiastico redatto dall’allora Regno d’Italia) a nuova (e attuale) “Chiesa Madre” cittadina. Con ciò il culto al “Beato Guglielmo Buccheri” (e con esso quello della “Madonna delle Milizie”, celebrato un tempo sempre all’interno della chiesa posta sul Colle San Matteo) cominciò ad essere praticato all’interno della Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, all’interno della quale venne collocata anche la cassa reliquiaria argentea contenente le ossa del religioso netino. Nonostante ciò la festività comprendente anche il pellegrinaggio votivo all’Eremo posto dietro la Chiesa di Santa Maria la Nova, continuò ad essere celebrata durante il 1800 e il 1900, contraddistinta da un nuovo “simulacro” che raffigura il “Beato Eremita”, portato in Processione al posto del busto reliquiario che raffigura il religioso di origine netina (oggigiorno viene portata in corteo solo una piccola reliquia del religioso netino, posta dentro un piccolo reliquiario argenteo).

Il 22 Febbraio 2014 la Diocesi di Noto (a cui la città Scicli appartiene dal 1844 dopo esser stata sottratta all’Arcidiocesi di Siracusa) ha spostato la festa in onore del “Beato Guglielmo Buccheri” dalla Domenica in Albis al secondo Venerdì dopo Pasqua, trovando pareri favorevoli da parte degli sciclitani.

Oggi la festività in onore del “Beato Guglielmo Buccheri”, continua a celebrare il culto secolare all’amato religioso di origine netina, in cui la comunità sciclitana definita appunto “Memma” (dal diminutivo in siciliano “Memmu” o “Mommu” del nome “Guglielmo”) continua ad identificarsi essendone orgogliosa. E bisogna far notare che, durante i festeggiamenti, sono in molti gli sciclitani che preparano e degustano i tradizionali “Ravioli” alla ricotta ricordando il già citato evento miracoloso legato alla figura del “Patrono di Scicli”, con cui la malizia di chi gli servì un cibo immangiabile è stata sconfitta presumibilmente dal (presunto) miracolo sopracitato, riguardante un “prodotto tipico della tradizione gastronomica italiana” preparato e apprezzato in gran parte della Sicilia sudorientale, la cui presenza è attestata sin dal periodo medievale. Altra preparazione tipica è quella dei pani votivi noti come come “I Sammugghirmùzza”, che vengono distribuiti in occasione di questa festività 

La Festa Liturgica in onore del “Beato Guglielmo Buccheri”

La ricorrenza liturgica del 4 Aprile

Il 4 Aprile è il giorno in cui ricorre la memoria liturgica con cui si celebra il “Beato Guglielmo Buccheri” (coincidente con la data della sua morte avvenuta il 4 Aprile 1404), che viene celebrata con solenni Messe all’interno della Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola (svolte a seconda dell’orario parrocchiale). Molte volte questa data è compresa all’interno del periodo della “Settimana Santa” e alcune volte coincide con la “Domenica di Pasqua”, nota per la processione del “Gioia” ossia del “Cristo Risorto” (vedi link “Pasqua Sciclitana” nella pagina precedente per saperne di più). Comunque sia a partire da questa data, la città sciclitana si appresta a festeggiare il suo “Patrono”, i cui riti ufficiali in suo onore si tengono la seconda settimana dopo Pasqua.

La Festa Esterna del “Beato Guglielmo Buccheri”

L’Ottavario di Preparazione e il Pellegrinaggio all’Eremo del Beato Guglielmo Buccheri

Il primo Venerdì dopo Pasqua inizia l’Ottavario di Preparazione alla festa consacrata al “Beato Guglielmo Buccheri”, periodo che comprende gli otto giorni che vanno a precederne la festività esterna. Durante le giornate dell’Ottavario vengono celebrate solenni Messe alle ore 08.00 e 19.00 (19.30 nel terzo giorno dell’Ottavario che ricade di Domenica).

In questo periodo sono in molti i devoti a compiere il pellegrinaggio votivo verso l’Eremo del Beato Guglielmo Buccheri, che in occasione dei festeggiamenti rimane aperto ai fedeli (e ai turisti). Essi possono essere fatti in maniera autonoma oppure organizzati dalla parrocchia della Chiesa Madre di Scicli come quello noto col nome di “Marcia della Gioia” a cui partecipano i bambini del cateschismo, che si tiene alle ore 15.30 circa nel secondo giorno dell’Ottavario (ricadente di Sabato). A seconda del programma annuale possono essere organizzati anche eventi di vario tipo durante le sere dell’Ottavario e in particolare l’ultimo giorno del medesimo, il Giovedì di Vigilia.

La Processione di “San Guglielmo”

La Processione del simulacro del “Beato Guglielmo Buccheri” per le vie di Scicli e la conclusione dei festeggiamenti

Il secondo Venerdì dopo Pasqua inizia ufficialmente la Festa in onore del “Beato Guglielmo Buccheri”, e questa data è considerata un vero e proprio “giorno di festa” all’interno della città sciclitana (come detto in precedenza la festività esterna si svolgeva fino al 2014 durante la Domenica in Albis). Sin dal mattino sia la Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola che la cappella dell’Eremo del Beato Guglielmo Buccheri sono aperte ai devoti, che continuano a compiere il loro pellegrinaggio verso quest’ultimo luogo sacro sciclitano.

Alle ore 11.00 presso la Chiesa Madre di Scicli viene celebrata la solenne Messa mattutina a cui partecipano oltre ad un alto numero di devoti, anche le principali autorità cittadine. Con la conclusione di questa celebrazione culminante con la benedizione collettiva impartita con la reliquia del “Beato netino”, vanno a concludersi anche i riti mattutini legati a questa festività. Nel frattempo la festa viene celebrata nelle tavole di molte case sciclitane pranzando con abbondanti porzioni di ravioli di ricotta che, come ben sappiamo, rappresentano il “piatto tipico” maggiormente legato alla figura del “Beato Guglielmo Buccheri” per via del già citato “Miracolo dei Ravioli”. In questa giornata vengono distribuiti anche i pani votivi noti come come “I Sammugghirmùzza”.

Nel pomeriggio, sono in molti a dare omaggio al simulacro del “Beato Guglielmo Buccheri” esposto presso la Chiesa Madre di Sant’Ignazio di Loyola, così come vi è un alto numero di devoti che va in pellegrinaggio all’Eremo in cui il religioso visse fino alla sua morte.

Alle ore 19.00 all’interno della Chiesa Madre viene celebrata la Messa serale che precede la Processione della statua raffigurante il “Beato” originario di Noto, seguita da moltissimi fedeli. Al termine della funzione il simulacro viene sistemato sul fercolo con cui esso verrà condotto in Processione.

Alle ore 20.00 lo scampanio delle campane della Chiesa Madre annunzia l’uscita in Processione della statua del “Beato Guglielmo Buccheri”, che verrà condotta verso l’Eremo seguita da una folla di devoti e dalla banda musicale cittadina. Dalla Piazza Italia, il corteo percorrerà la Via Nazionale fino a Piazza Busacca, per poi immettersi in Via Santa Maria la Nova e da qui in Via Dolomiti, raggiungendo tramite Via San Guglielmo l’Eremo in cui il “Patrono di Scicli” di origini netine visse in eremitaggio. Dopo un momento di preghiera, la Processione tramite la Via Selinunte scende verso il sagrato della Chiesa di Santa Maria la Nova, ritornando in Piazza Busacca per percorrere poi la Via XXIV Maggio e il Corso Umberto I, raggiungendo tramite il Corso Garibaldi la Piazza Italia in cui il corteo terminerà.

Uno spettacolo pirotecnico saluterà il rientro in chiesa della statua del “Beato Guglielmo Buccheri”. Dopo l’entrata del simulacro, i riti della benedizione dell’acqua e del bacio del reliquiario sanciranno la conclusione della festività sciclitana in onore del “Beato Guglielmo Buccheri” che verrà celebrata nuovamente l’anno venturo.

La fine di questa festa sancisce però l’inizio dei riti preparatori che vanno a precedere la più importante festa religiosa sciclitana, consacrata alla “Madonna delle Milizie” ossia la “Patrona Principale” della città di Scicli.

Per saperne di più visita il sito web www.ilovescicli.it e le pagine facebook “Scicli in Festa e Dintorni” e delle Chiese di Sant’Ignazio e San Bartolomeo.

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