Siracusa, Parco Archeologico di Santa Panagia; Tonnara di Santa Panagia

La Tonnara di Santa Panagia, raggiungibile da Siracusa tramite il Viale Santa Panagia, o dalla pista ciclabile posta sull’ex cintura ferroviaria che dalla stazione di Siracusa si collegava alla Contrada Targia, è posta in una piccola insenatura rocciosa scavata dalle onde marine posta al termine della Cava di Santa Panagia, in uno scoglio posto ad ovest dello sbocco della cavità iblea.


La Tonnara di Santa Panagia, posta sulla parte finale dell’omonima cava.

Essa è stata edificata nei primi anni del settecento per lavorare e conservare i tonni durante il periodo invernale, in cui questi pesci si accoppiano. Difatti questa Tonnara, così come tutte quelle della provincia aretusea, era una cosiddetta “Tonnara di Ripasso”, al largo della quale venivano catturati i tonni che rientravano in mare “ripassando” poi dallo specchio d’acqua antistante la Tonnara dopo aver fecondato e deposto le uova nei fondali al largo della costa della provincia siracusana. Ormai con il tempo quest’edificio è caduto in rovina, però grazie ai fondi europei per la salvaguardia dei beni culturali, la Tonnara di Santa Panagia diverrà un “Museo Paleontologico”. Nel frattempo, avendo occasione di visitare i locali interni della Tonnara, possiamo notare che essi si trovano ancora intatti malgrado l’abbandono. Possiamo ammirare i locali in cui veniva puliti, essiccati, cotti e conservati i tonni; i locali in cui erano posti gli arnesi con cui venivano pescati (reti, canne, arpioni ecc…) e infine il ricovero dei barconi chiamati “Scieri” che servivano per trasportare i tonni issati a bordo dalla cosiddetta “Camera delle Morte”, sistema di reti dove venivano intrappolati e pescati i tonni. Da ammirare anche l’antica Chiesa della Tonnara, riportante motivi barocchi nella sua facciata come l’elegante portale e il finestrone a Croce sulla sua parte superiore (la chiesa è stata murata ed è chiusa al pubblico).


Gli edifici che formano la Tonnara di Santa Panagia.

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(foto inviate da Roberto Capozio)