*Solarino, Cava Rovettazzo e Necropoli Sicula

Solarino

Cava Rovettazzo e Necropoli Sicula

La Cava Rovettazzo (o Rivettazzo), chiamata così per la numerosa presenza di rovi (“Ruvetta” in siciliano) è una stretta cava iblea che si innesta presso il Vallone Bernardo presso la bassa Valle dell’Anapo fungendo da confine naturale tra i territori comunali di Solarino e Sortino. Essa è raggiungibile dalla S.P. 28 Solarino – Fusco – Sortino (che costeggia buona parte del tracciato della vecchia Ferrovia Siracusa – Ragusa – Vizzini) ed è riconoscibile grazie a delle falesie aventi delle grotte che si affacciano su uno stretto vallone posto alla nostra sinistra (venendo da Solarino) posto di fronte ad un vecchio ponte di pietra sopra cui passava la ferrovia.

Queste grotte fanno parte della Necropoli Sicula di Rovettazzo, posta nelle pareti della cava venendosi a trovare all’interno dei territori di Solarino (parete sud) e Sortino (parete nord), è considerata tra i più importanti e interessanti siti funerari protostorici della Provincia di Siracusa. La Necropoli nota come “U Ruvittazzu” è considerata come la continuazione di quella più famosa di Pantalica, perché è posta a poca distanza da essa ed è collocata anch’essa in prossimità del Fiume Anapo, ma anche perché essa è collocata nel tratto finale della Cava Gesolino, altro interessante sito storico – naturalistico posto in territorio sortinese.

la Necropoli venne scoperta agli inizi del XX secolo dall’archeologo Paolo Orsi che ritrovò oltre 100 sepolcri posti dentro caverne artificiali scavate dalle popolazioni sicule in tre epoche diverse. Dentro queste tombe vennero ritrovati numerosi reperti tra cui vasellame, oggetti in ossidiana, metallo e osso (punte di freccia e di ascia). Col passare dei secoli gran parte di questa Necropoli rupestre venne poi utilizzata dai Bizantini (che avevano un insediamento abitativo presso le Contrade Trigona e Calancon del Vento, quest’ultimo altro importante sito archeologico posto presso la Cava Campieri, a sud del Rovettazzo) come Catacombe e Oratori rupestri. All’interno di una grotticella posta a picco sui rilievi circostanti venne ritrovato uno scheletro umano semi integro ai cui lati vi erano delle monete bronzee risalenti al IV secolo d.C. (301 – 400 d.C.).

Nelle vicinanze di questa Necropoli, presso le alture montuose denominate Cozzo Bernardo (dove nasce l’omonima cava in cui si immette il Fiume Anapo) e “Cozzo Carrubedda” vi sono i resti di un villaggio siculo formato da numerose (di cui restano solo i basamenti) simili a quelle collocate di Contrada Stentinello (ubicato presso la Contrada Targia nel golfo di Santa Panagia in territorio siracusano).

Inoltre la Cava di Rovettazzo, assieme ai rami noti come “Cava Bernardo” e “Cava Gesolino” è una tipica cava iblea formatasi con l’opera disgregatrice delle acque del Fiume Anapo che, molti millenni fa, grazie alla loro impetuosità hanno modellato la friabile roccia iblea scavando un canyon naturale in cui a fondovalle vi è una “fiumara” che si riempie solo in occasione di forti piogge torrenziali, che poi si immettono nel Fiume Anapo, mentre le pareti sono piuttosto irte e, in alcuni punti difficili da esplorare.

Seguendo il corso di questo piccolo torrente in direzione della Valle dell’Anapo possiamo inoltre ammirare le antiche “Regie Trazzere”, che erano le strade mulattiere che collegavano un tempo le città del siracusano tra loro.

La vegetazione e la fauna della cava sono simili a quelle di tutto il territorio ibleo solarinese e in generale della Valle dell’Anapo.

La Cava di Rovettazzo non è del tutto antropizzata per cui bisogna avere molta perizia nell’esplorarla, innanzitutto per visitare le grotte e gli anfratti rupestri posti a picco sulle pareti della cava, bisogna avere una buona esperienza in alpinismo e speleologia, mentre le zone meno pericolose (come i sentieri e le “Regie Trazzere” limitrofe) possono essere visitate tranquillamente da tutti (purché non si hanno patologie di tipo cardiocircolatorio o motorio). Poi è molto sconsigliato visitare sia i ruderi siculi sia la cava durante le stagioni fredde, poiché le pareti montane con l’acqua (talvolta anche neve) diventano molto scivolose per cui vi è il rischio di cadere di sotto.

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