*Sampieri, Fornace Penna

Sampieri

*Fornace Penna

La Fornace Penna è uno stabilimento industriale ormai ridotto allo stato di rudere posto presso la scogliera di Punta Pisciotto ad est della frazione sciclitana di Sampieri, considerato comunque come uno dei luoghi più celebri della Provincia di Ragusa sia per la sua imponenza e per il suo passato storico; la notorietà di questo luogo è dovuta grazie alla nota serie del telefilm “Commissario Montalbano” in cui l’edificio compare all’interno di una puntata venendo chiamato col toponimo dialettale “A Mannara” , nome con cui viene abitualmente chiamata. Questo edificio è piuttosto imponente e lo si può ammirare anche in lontananza (in particolare dal Lungomare di Sampieri e dalle limitrofe aree marine).


L’imponente Fornace Penna, stabilimento industriale posto presso Sampieri ormai ridotto allo stato di rudere.

La fornace è raggiungibile da Sampieri tramite la S.P. 66 per Marina di Modica e Pozzallo, arrivando all’imbocco di una traversa delimitata da semafori (di fronte alla quale è posta una statua della “Madonna”) da cui possiamo intravvedere la sagoma dell’ex stabilimento; da qui superiamo dei caseggiati rurali arrivando in prossimità della fabbrica ormai abbandonata. 

La Fornace Penna era in realtà una fabbrica di laterizi (mattoni e tegole), che venne fatta costruire dal barone sciclitano Guglielmo Penna all’interno di un’area di loro proprietà ricadente tra le Contrade Pisciotto e Ciarciolo tra i territori comunali di Scicli e Modica. La progettazione dell’edificio venne affidata all’ingegnere sciclitano Ignazio Penna (a cui spettò una parte della proprietà dello stabilimento), mentre fu il capomastro Antonio Carruba a guidare i lavori di costruzione che durarono dal 1909 al 1912, anno in cui venne inaugurata. Lo stabilimento divenne fin da subito un’importante impianto industriale tra i più all’avanguardia del sud Italia per quanto riguardava la produzione di mattoni e tegole, che venivano imbarcati per essere inviati o in nord Africa, in particolare a Tripoli la capitale della Libia (si presume che buona parte di questa città sia stata ricostruita dopo la Guerra Italo – Turca del 1911 proprio con i mattoni fabbricati all’interno della Fornace Penna). La lavorazione all’interno della fornace prevedeva l’estrazione del materiale argilloso presso una piccola cava posta poco più a nord (ora ovviamente abbandonata e occupata da uno stagno noto come “Pantano Pisciotto”), che veniva inviato presso lo stabilimento in cui veniva affinato, per poi passare all’assemblaggio dei laterizi che venivano prima lasciati ad asciugare, e poi “cotti” all’interno di un grande forno di tipo “Hoffmann” collegato ad un’alta ciminiera. I laterizi venivano poi imbarcati o inviati alla limitrofa stazione ferroviaria di Sampieri. Il lavoro all’interno della fornace era molto faticoso, ma allo stesso tempo redditizio per buona parte di lavoratori provenienti dall’area sciclitana e dai centri limitrofi. Durante la I guerra mondiale (in cui l’Italia entrò in guerra dal 1915 al 1918), la produzione all’interno dello stabilimento venne cessata, per poi riprendere durante gli anni del primo dopoguerra. Lentamente l’attività industriale all’interno della fabbrica riprese, fino a quando a causa di un incendio (con molta probabilità di matrice dolosa) divampato la notte del 26 Gennaio 1924, la Fornace Penna andò in rovina e l’attività industriale venne chiusa. Da allora lo stabilimento diventò un vero e proprio “rudere” facente parte della cosiddetta “archeologia industriale”, che rimase in balia dei bombardamenti della II guerra mondiale prima, e dell’abbandono poi; anche se durante gli anni 1950 gli eredi dei baroni Penna tentarono di far ripartire l’attività industriale all’interno dello stabilimento, anche se però non se ne fece nulla. Negli anni 1980 e 1990 si è cominciato a parlare di una riqualificazione della Fornace Penna e della limitrofa area, che divenne anche grazie al crescente movimento turistico presso il territorio sciclitano (e ovviamente sampierese), oggetto di varie “visite”. La notorietà dello stabilimento in rovina però la si ebbe grazie al telefilm “Il Commissario Montalbano”, in cui questo luogo veniva chiamato col nome dialettale “A Mannara”. Ovviamente grazie a questo telefilm che in maniera indiretta ha contribuito a “sponsorizzare” buona parte della Provincia di Ragusa (in cui sono state filmate buona parte delle scene dell’opera audiovisiva), anche la “Fornace Penna” è divenuta uno dei cosiddetti “Luoghi di Montalbano”, ossia i posti (edifici, piazze, località ecc…) che compaiono all’interno della serie televisiva, attirando numerosi quanto illustri visitatori, come ad esempio il noto critico d’arte e personaggio televisivo italiano Vittorio Sgarbi, che ha definito l’ex stabilimento “una basilica laica in riva al mare” (per approfondimenti storici più accurati sulla Fornace Penna cliccate qui).

Comunque sia la “Fornace Penna” (che dovrebbe divenire di proprietà del Comune di Scicli ed essere conseguentemente riqualificata e ovviamente adibita a scopi turistico – culturali), ad oggi è ancora allo stato di rudere e se si ha intenzione di ammirarla, va fatto notare che la visita sia all’esterno che all’interno dell’edificio può essere molto pericolosa dato che la struttura in muratura dell’edificio è pericolante per via dei sopracitati eventi che essa ha subito, e potrebbe essere soggetta a cedimenti strutturali con conseguenti crolli.

Passiamo alla descrizione della Fornace Penna; essa è circondata da un muro di cinta delimitato a nord da alcuni caseggiati rurali, in cui vi era un tempo il cancello principale d’accesso alla fabbrica (oggi murato), ma più a sud è possibile scavalcare la recinzione ed avvicinarsi all’interno dell’ex  stabilimento (questa operazione è sconsigliata per la sopracitata pericolosità nel visitare l’edificio).


Il prospetto occidentale della Fornace Penna.

La fornace, ha effettivamente un impianto “basilicale” molto simile ad una chiesa, infatti i prospetti ovest ed est possiedono due ordini orizzontali simili alla facciata di un edificio sacro, mentre quelli nord e sud corrisponderebbero alle navate ed alla volta; questo tipo di architettura industriale non è insolito e lo si può ancora riscontrare in antichi impianti produttivi italiani costruiti nei primi anni del 1900. Colpisce l’uniformità degli elementi architettonici in quanto essi ripropongono motivi simili disposti in gran parte dell’edificio. Nei prospetti ovest ed est vi sono quattro portici d’ingresso nell’ordine superiore, sormontati da altrettante finestre a doppia apertura arcuata (simili alle cosiddette “bifore”) poste nell’ordine centrale, l’ordine superiore (rimasto intatto nel prospetto est, mentre quello occidentale è crollato) contraddistinto da un corpo delimitato un tempo da coperture spioventi in entrambi i lati, presenta al centro una finestra arcuata, delimitata ai lati da due finestre a doppia apertura simili a quelle appena citate; la sommità dell’edificio possedeva una copertura spiovente sorretta dai frontoni triangolari dei prospetti ovest ed est, ma anche da una serie di arcate poste all’interno dello stabilimento (di cui parleremo più sotto). I prospetti laterali recano sedici arcate nell’ordine inferiore, su cui vi sono poste altrettante finestre a doppia apertura arcuata, mentre le parti corrispondenti alla volta, sostenute dal medesimo numero di poderose arcate, reca altrettante finestre a doppia apertura arcuata.


Il prospetto meridionale della Fornace Penna.


Particolare di un portico d’ingresso laterale della Fornace Penna, sormontato da una finestra a doppia apertura arcuata.

L’interno è disposto in tre “navate” separate dalle arcate sopracitate, in cui avveniva la produzione dei laterizi mediante vari macchinari, ormai non più presenti all’interno dell’edificio, stesso discorso vale per il forno di tipo “Hoffmann” in cui i laterizi venivano “cotti”, che era ubicato al centro della fabbrica dandole appunto il nome di “Fornace”.


Alcune foto dell’area interna della Fornace Penna.

A meridione è posta la ciminiera con la quale i fumi del forno “Hoffmann” venivano dispersi nell’aria, formata da un basamento prismatico a sezione ottagonale, su cui poggia l’alta canna fumaria in gran parte crollata.


La ciminiera della Fornace Penna.


Particolare della canna fumaria della ciminiera.

A ridosso della Fornace Penna vi sono inoltre le rovine di altri edifici facenti parte dell’ormai dimesso sito industriale ubicato sulla scogliera di Punta Pisciotto.


I ruderi di un edificio posto nei pressi della Fornace Penna.

Va detto infine che l’area limitrofa alla Fornace Penna, in particolare la scogliera di Punta Pisciotto, serviva da approdo marittimo per le imbarcazioni con cui i laterizi venivano trasportati via mare svolgendo dopo secoli vari il compito di “approdo marittimo” ricoperto dal periodo greco – romano a quello medievale, in cui gli arabi chiamarono questo tratto di mare “Marsa Siklah” (“Porto di Siklah” ossia di Scicli); oggi la scogliera e la limitrofa spiaggia, detta appunto della “Mannara” (dal nome con cui la Fornace Penna viene chiamata nel telefilm “Il Commissario Montalbano”) sono divenute tra le più note aree marine di tipo balneare della Provincia di Ragusa e della Sicilia sudorientale.


L’area marina in prossimità della scogliera di Punta Pisciotto.

Torna indietro

Torna alla pagina “Donnalucata – Cava d’Aliga – Sampieri”

Torna alla pagina principale di Scicli