Area Archeologica “Cava d’Ispica”, Rovine della Basilica di San Pancrati

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Area Archeologica
“Cava d’Ispica”
(Territori di Ispica, Modica e Rosolini)

Rovine della Basilica di San Pancrati

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Descrizione generale


Le rovine della Chiesa di San Pancrati.

A poca distanza dall’ingresso all’area archeologica di Cava d’Ispica nord, in località “Catenacioppo” notiamo un’area recitata all’interno della quale sono poste le rovine della Basilica bizantina di “San Pancrati”.

Essa è posta lungo la S.P. 113 “Pozzo Cassero – Cava d’Ispica” in direzione “Frigintini”, raggiungibile da Modica tramite la S.P. 83 “Modica – Cava Ispica” (imbocco da Via San Marco), da Ispica dalla SS 115 “Ispica – Modica” dalla S.P. 32 tratto “Via Cava d’Ispica – Crocevie – Ciancia” (andando in direzione “Cava d’Ispica”), e da Rosolini dalla S.P. 27 “Rosolini – Sant’Alessandra – Grotticelli” (imbocco da Via Sant’Alessandra).

La Chiesa di San Pancrati, o per meglio dire i suoi ruderi, rappresenta l’unica costruzione non rupestre dell’area settentrionale della Cava d’Ispica corrispondente all’insediamento noto come “Tyracina”.

La chiesa era consacrata a “San Pancrazio Martire”, primo Vescovo di Taormina il cui discepolo Epafrodito nel 40 d.C. circa, andò ad evangelizzare la limitrofa area di Tyracina.

Questa chiesa venne costruita nel periodo altomedievale, presumibilmente nel  periodo tra il V (401 – 500) e il VI (501 – 6000) secolo d.C. sulle rovine di un antico tempio greco, del quale non si conosce con precisione la divinità al quale era consacrato (il dio Apollo?).

Durante il periodo della conquista araba della Sicilia (iniziata nel 827) coincisa con la conquista di ciò che rimaneva di Tyracina nel 845 circa, la chiesa venne chiusa al culto.

L’edificio sacro divenne poi col tempo sede di un piccolo Monastero benedettino, primitivo insediamento monastico in territorio modicano che ospitò una comunità di monaci.

La Basilica di San Pancrati in seguito appartenne alla Parrocchia di San Giorgio Martire di Modica, allora Chiesa Madre della città. 

La presenza di questa chiesa venne documentata due storici, il modicano Placido Carrafa nel 1653 e il catanese Vito Amico nel 1757.

Entrambi descrivono la chiesa come una piccola “basilica” il cui tetto in pietra era sorretto da pilastri.

Con molta probabilità la chiesa crollò in parte a causa delle scosse sismiche del terremoto dell’11 Gennaio 1693, essendo peraltro descritta da Vito Amico nell’anno 1757.

Nonostante ciò non si conoscono con precisione le cause della rovina di questo edificio sacro (cedimento strutturale?).

I ruderi della basilica vennero scoperti nei primi anni del 1900 dall’archeologo Paolo Orsi che trovò anche le sparute tracce del preesistente tempio greco.

Durante altri studi condotti negli anni 1980 vennero rinvenute fosse sepolcrali (con irrisori resti umani) nei pressi della chiesa, ovvero le tombe dei monaci dell’adiacente convento.

Secondo alcune ricostruzioni si ipotizza che la chiesa sarebbe stata disposta a “Croce Latina” con tre navate e due transetti laterali che con l’Abside formavano una “croce” a vertici arrotondati.

La facciata doveva essere semplice con un grande portale centrale ed un finestrone superiore, oltre a varie finestre poste sulle pareti laterali della chiesa (in cui vi era anche un accesso secondario).

Al centro del catino absidale vi era l’Altare Maggiore, nei transetti le Cappelle laterali, mentre nelle navate vi erano in tutto o 2 o 6 altari (2 – 3 per lato).

Dell’antica Chiesa di San Pancrati e del suo attiguo Convento ora rimangono i basamenti delle mura perimetrali, i pilastri laterali del portale d’ingresso e parte delle pareti dell’Abside.

Al centro della chiesa vi sono tracce dell’originaria pavimentazione.

Da ammirare i sepolcri a fossa, e ciò che resta del limitrofo sito conventuale.

Infine, dall’area limitrofa alle rovine della Basilica di San Pancrati, possiamo ammirare un ottimo panorama dell’antistante tratto settentrionale della Cava d’Ispica.

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